mercoledì 14 settembre 2011

In una notte senza stelle

Le urla. Le urla dei bambini sono la cosa che più mi terrorizza, il particolare più macabro e raccapricciante di tutto questo sovrumano echeggiare di spari ed esplosioni che mi circonda. Assediato da questi tremendi suoni di agonia e distruzione, non posso fare altro che continuare a correre. E sperare, nel frattempo, che il prossimo proiettile dopo aver scalfito l’aria non vada a piantarsi nel mio petto ansante.
Avverto le grida disperate dei rivoluzionari che si fanno strada verso il centro della capitale, quartiere dopo quartiere, via dopo via, casa dopo casa. Parete dopo parete. Dall’altra parte, le forze armate nazionali schierate ordinatamente, che cedono terreno un passo alla volta. E le bombe fioccano, e i proiettili sibilano nell’aria e vanno a conficcarsi nelle carni dei passanti, di uomini, donne e bambini la cui unica colpa consiste nell’essere nati e vissuti in questa precisa parte della città.
In questa precisa parte dell’Africa, il nuovo campo di battaglia per le neonate guerre del terzo millennio. Ventunesimo secolo, “l’era della pace e del benessere”. Altrove, probabilmente, ma non qui. Non in Africa, dove rivoluzioni dai pallidi orizzonti stanno cercando con ogni mezzo di spodestare tiranni che hanno piantato ben saldamente a terra le proprie radici da decenni. Forse ci riusciranno. Ad ogni modo, la gente muore, ogni giorno, e nessuno è in grado di fermare questa improvvisa ondata di violenza che sta travolgendo tutto ciò che incontra sul proprio traballante cammino. Nemmeno l’Europa e gli Stati Uniti, che hanno mandato i loro aerei e le loro navi – frutti marci di un albero della tecnologia che non esito a definire infetto. Missili che vengono lanciati come caramelle. Solo che qui ci sono tanti bambini. E queste caramelle fanno loro troppo male.
Ormai sono coinvolti tutti. Non soltanto chi sta combattendo il conflitto: anche e soprattutto gli innocenti, dei quali si sta facendo strage. E qui gli innocenti non stanno in silenzio: urlano la propria paura e le proprie sofferenze. Mentre le grida di tutti si mescolano in un cocktail sanguinolento, la speranza che la fine arrivi presto balza via crudelmente.
Intanto io continuo a correre, dando fondo a tutte le energie che rimangono nel mio corpo stanco e tremante. Cerco di scappare, consapevole della totale assenza di una qualsiasi via di fuga. La mia famiglia è stata ammazzata sotto i miei occhi dalla detonazione di una granata che ha cancellato la mia casa. Non ho più un posto dove andare, né tantomeno delle persone sulle quali contare. Continuo semplicemente a correre, in una notte senza stelle – perché tutte le stelle, oramai, sono oscurate dalla polvere e dall’ombra di questa guerra.

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