giovedì 12 dicembre 2013

Solo andata, no ritorno - 21

Fu difficile tranquillizzare il resto dei passeggeri sullo stato di salute del signor Nicola. Specialmente sua moglie. Tutti, ad ogni modo, volevano sapere che cosa gli fosse capitato. Esigevano risposte, risposte che nessuno poteva dare loro, e questo servì soltanto ad alimentare ulteriormente il malcontento generale.
Ovunque si guardasse attorno, Roberto vedeva solo gente spaventata. Stavano capitando loro cose che avevano dell’incredibile, questo bisognava per forza ammetterlo, e pochi sembravano in grado di digerirle con facilità.
Stranamente, il prete era l’unico ad apparire tuttora calmo. Come un’isola di tranquillità in mezzo al mare tumultuoso, se ne stava in disparte con un gruppetto sempre più nutrito di passeggeri attorno, parlava con loro e rivolgeva a destra e a manca sguardi comprensivi e rassicurazioni. Teneva in piedi una parte della folla, la sorreggeva e si assicurava che non inciampasse nella paura. Il suo era un compito importante, rifletté Roberto mentre tornava a concentrarsi sul respiro lento e regolare del signor Nicola. Forse il compito più importante tra tutti quelli che avrebbero potuto svolgere.
La confusione era diventata il nuovo nemico da combattere. In molti volevano andarsene, ancora di più da quando avevano visto materializzarsi la figura insanguinata di Nicola. Era una questione spinosa, perché Carlo non aveva più detto nulla al riguardo nelle ultime ore. Se ne stava seduto con Giacomo a pochi passi da Nicola e non mormorava una parola. Il controllore, dal canto suo, era risalito sul treno e nessuno lo aveva più visto scendere.

mercoledì 11 dicembre 2013

Recupero

Buonasera, mio Caro Lettore. Ti scrivo questo post per scusarmi per la mancata pubblicazione, la scorsa settimana, del Capitolo 21 del romanzo a puntate "Solo andata, no ritorno" e del nuovo racconto della serie "Orrori Brevi". Purtroppo non è dipeso dalla mia volontà, bensì da un'assenza di connessione internet protratta per alcuni giorni che mi ha impedito di pubblicare. Il nuovo Capitolo di "Solo andata, no ritorno", perciò, uscirà domani, mentre il racconto di "Orrori Brevi" previsto per la scorsa settimana verrà rimandato a data da stabilire. Ti auguro una buona lettura!

giovedì 28 novembre 2013

Solo andata, no ritorno - 20

La gente iniziò a urlare.
Per qualche istante i centododici passeggeri del treno fermo accanto alla stazione si lasciarono prendere dal panico. Alcuni accennarono a fuggire, altri si limitarono a rimanere immobili e a gridare il proprio orrore senza controllo, ma fu Carlo, il poliziotto in vacanza, a rimettere rapidamente ordine. Sbraitò alla calca di smetterla immediatamente e partì di corsa verso il signor Nicola, seguito da Giacomo e, subito dietro, dal controllore e da Roberto.
I quattro furono addosso a Nicola un attimo prima che il poveretto stramazzasse al suolo. Carlo lo afferrò al volo e lo posò delicatamente sul cemento tra la facciata della stazione e i binari.
Roberto si voltò e intravide di sfuggita la moglie di Nicola perdere i sensi e Francesca sorreggerla assieme a un paio di donne accorse in suo aiuto. La situazione era più o meno sotto controllo, da quella parte. E la folla si era finalmente ammutolita.
Adesso si dovevano occupare del signor Nicola.
«È messo male…» mormorò Giacomo fra i denti, raccogliendo il coraggio necessario a parlare per primo e dare voce ai pensieri di tutti e quattro.
«È completamente ricoperto di sangue. E ha i vestiti strappati in più punti. Il polso sinistro ha assunto una curvatura che non promette niente di buono» osservò il controllore, in quel momento apparentemente più calmo degli altri.
Carlo si ripulì le mani sui jeans dal sangue. Poi si girò. «C’è un dottore? Un’infermiera? Qualcuno che sappia fare qualcosa, dannazione?» berciò rivolto verso i passeggeri. Nessuno emise un fiato, nessuno si mosse. «Cazzo» borbottò, e tornò a chinarsi su Nicola per continuare a valutare i danni.

giovedì 21 novembre 2013

Solo andata, no ritorno - 19

«Non possiamo restare qui» tuonò Carlo, guardandosi intorno con aria decisa. «Ci troviamo in una polveriera! Prima l’esplosione di ieri pomeriggio, e adesso questo? No, non siamo al sicuro. Avete ragione, è sicuramente capitato qualcosa finché eravamo in viaggio. Ma non intendo rimanere qui un minuto di più per scoprirlo. Io e la mia famiglia ce ne torniamo a casa. Seguiremo i binari a piedi, e anche se ci vorrà un sacco di tempo prima di essere a Padova, perlomeno ci saremo allontanati da questo posto maledetto!»
«Forse non hai capito bene quello che ho detto» lo riprese il controllore, all’apparenza trattenendo a stento un’imprecazione. «Di qualunque cosa si tratti, è molto probabile che sia successa dappertutto. Sarebbero passati di qui altri treni, se così non fosse. Significa che anche a Padova, e a Firenze, e forse in molte altre città sta avvenendo la stessa cosa.»
Di nuovo un mormorio confuso, incolore, percorse la folla di passeggeri come una languida ombra schiumosa. Roberto guardò il prete farsi il segno della croce. Accanto a lui, alcune donne lo imitarono. Un uomo anziano baciò la piccola croce d’oro che portava appesa al collo.
«Magari sanno che qui c’è qualche problema. Magari ci sono i terroristi, come ha detto ieri Giacomo» insisté Carlo, riferendosi a un altro passeggero che il pomeriggio precedente, assistendo all’esplosione, aveva additato al-Qaeda come principale responsabile di ciò che avevano visto. «Può essere successo di tutto. Hanno interrotto le linee telefoniche, spento le comunicazioni, lanciato un segnale di allarme affinché la gente si nascondesse. Hanno bloccato i treni. Ti sembra una cosa plausibile? Anche le mie sono soltanto supposizioni, esattamente come le tue. Ma non starò qui a farmi bucherellare dal primo sceicco del deserto di passaggio, se permetti. Io e la mia famiglia ce ne andiamo. E subito

giovedì 14 novembre 2013

Solo andata, no ritorno - 18

La piattaforma di salita e discesa dal treno, in cemento armato, era ancora bagnata per le piogge del giorno precedente. Di quando in quando il calore del sole faceva levare qualche sbuffo di vapore isolato, che si sollevava nell’aria e si dissolveva rapidamente.
La stazione, immobile, continuava a osservarli con disinteresse attraverso le orbite vuote delle finestre. Sembrava aspettare che prendessero una decisione. Roberto non intendeva deluderla.
A poco a poco i centododici passeggeri del treno si erano svegliati e i vagoni avevano cominciato ad essere percorsi da un brusio indistinto. Il controllore diede loro il permesso di uscire a prendere una boccata d’aria. Non c’era niente di meglio che farsi riscaldare la pelle dal sole per scrollarsi di dosso gli ultimi rimasugli di sonno, così i passeggeri parvero tranquillizzarsi e riprendere le energie che la scomoda notte aveva loro sottratto.
Non c’era molto cibo per la colazione. Il controllore affidò il sacco contenente le provviste raccolte a Nadia, una studentessa di economia di venticinque anni che gli aveva chiesto in quale modo potesse dare una mano. Le assegnò l’arduo compito di decidere chi poteva mangiare e chi invece avrebbe dovuto aspettare. La ragazza parve prendere sul serio il proprio incarico e cominciò a girovagare con il suo sacco per le mani tra la gente, a distribuire biscotti, cracker e gallette.
Un paio di uomini andarono a riempire alcune bottigliette di plastica vuote nei gabinetti della stazione. Tornarono un po’ disorientati, ma dissero che i rubinetti funzionavano. Si scambiarono un’occhiata d’intesa e uno dei due soggiunse: «Uno dei rubinetti era già aperto, quando siamo entrati. L’acqua scorreva da chissà quanto tempo.»

giovedì 7 novembre 2013

Solo andata, no ritorno - 17

Fu la luce del sole a svegliarli la mattina seguente. Pioveva sulle loro facce attraverso il vetro del finestrino, intensa e calda.
La prima cosa che Roberto controllò fu di avere dei vestiti addosso. Ricordò che se li erano rimessi poco prima di addormentarsi, la notte precedente, e accarezzò il viso sereno di Francesca che ancora riposava sulla sua spalla.
Avevano mosso il primo passo. Non era molto, ma almeno erano stati in grado di tirare fuori l’argomento e parlarne. In fin dei conti, sembrava un buon inizio.
C’erano tante cose da fare. Innanzitutto, vedere se il signor Nicola fosse tornato durante la notte.
Francesca aprì gli occhi e lo guardò. Gli sorrise debolmente e poi si tirò su sbadigliando, stiracchiandosi e sogguardando con diffidenza il profilo della stazione al di là del finestrino. Sì: erano ancora lì. E sì: ancora non sapevano cosa fosse e soprattutto cosa sarebbe successo. Ma erano insieme, ed era questo ciò che più contava.
Leggendole negli occhi questi pensieri Roberto si sentì più tranquillo. Era l’inizio di una nuova giornata, e forse avrebbero visto tutto quanto da una diversa prospettiva, sotto una luce meno severa e terrificante di quella della sera precedente. Chissà.
«Colazione in pasticceria?» scherzò Francesca. Roberto sghignazzò. Era domenica, e loro due avevano l’abitudine di fare colazione in pasticceria tutte le domeniche mattina. Era come una sorta di rito del fine settimana, al quale difficilmente sapevano rinunciare. Ma per quella volta avrebbero chiaramente dovuto fare un’eccezione.
«Io vado a sentire se ci sono novità. Non credo che qui in treno vendano l’edizione di oggi del Giornale di Vicenza, per cui andrò a sentire cos’ha da dirci il controllore» ribatté il ragazzo, accennando così a un’altra solida abitudine della domenica mattina.

venerdì 1 novembre 2013

Paranoia

Se lo sentiva che qualcuno lo stava osservando. Se lo sentiva eccome. Ma ogni volta che provava a voltarsi
(ti ho beccato figlio di puttana)
di scatto per sorprendere l’uomo che lo spiava, si trovava davanti soltanto una finestra. Una finestra chiusa
(non soffro di claustrofobia non più da quando avevo quattordici anni)
ma soprattutto vuota, dalla quale l’unica cosa che si poteva intravedere era un pigro giardino placidamente disteso sotto il granuloso sole di un novembre qualunque. Il pigro giardino di casa sua. La finestra chiusa e vuota di casa sua. Sulla parete del soggiorno di casa sua.
(come se questa casa non mi appartenesse più)
Si sentiva come se la casa non fosse in realtà veramente tanto sua. In fin dei conti, quando l’aveva comperata si era fatto accompagnare da quella donna, quell’agente immobiliare dall’aria professionale con il sorriso smagliante
(avrà registrato ogni angolo dell’abitazione con una telecamera nascosta tra i capelli)
e i lunghi capelli ramati raccolti in un’altrettanto professionale coda di cavallo.

giovedì 31 ottobre 2013

Solo andata, no ritorno - 16

Nel silenzio del loro scompartimento, Roberto e Francesca si erano sistemati come meglio avevano potuto. I sedili non erano perfettamente allineati, sicché dormire sdraiati su tre di essi avrebbe fatto venire un mal di schiena intollerabile nell’arco di un paio d’ore. L’unica soluzione era addormentarsi seduti, con la testa appoggiata a qualcosa di morbido. Non era comodo, certo, ma almeno sarebbero riusciti a riposare un po’.
Roberto prese uno dei due sedili accanto al finestrino e Francesca, dopo un attimo di indecisione, andò a sedersi di fianco a lui e fece ricadere la testa sulla sua spalla. Lui la abbracciò.
«Andrà tutto bene, sai amore?» le disse, con il tono più dolce possibile. Era stanco e i suoi occhi non volevano saperne di stare aperti. Ma dovevano parlare. Doveva rassicurarla, accertarsi che stesse bene. Già quello di cui avrebbero dovuto discutere a Firenze era di per sé una sfida alquanto impegnativa, ma adesso che la situazione si era aggravata…
«Lo so» rispose lei, e non sembrava essere turbata. Gli strofinò la guancia sulla spalla con tenerezza, come per coccolarlo. Lui le posò un bacio sulla testa, premendo le labbra sui suoi capelli.
«Qualunque cosa sia accaduta, vedrai che ne usciremo. In un modo o nell’altro. Anche soltanto io e te, se sarà necessario: te lo prometto.»
Era buio, ma riusciva comunque a distinguere la sagoma scura della sua ragazza che si muoveva nelle tenebre. Adesso si stava sistemando addosso a lui, si metteva più comoda.
«Prima o poi dovremo parlare anche di quella cosa» gli fece notare lei. Ma la verità era che ancora non si sentiva del tutto pronto a tirare fuori l’argomento. Era stata una giornata dura, e non era certo di essere in grado di ragionare in maniera perfettamente lucida.

martedì 29 ottobre 2013

Nuovo Blog

Buonasera, mio Carissimo Lettore. Ti scrivo questo post per annunciarti che in questi giorni ho aperto un nuovo blog, "Medicina Trasparente", che gestirò in parallelo a "Scrivere Sotto la Luna" e nel quale pubblicherò articoli di carattere medico-scientifico per combattere la disinformazione che, in questo settore, sta lentamente ma inesorabilmente infettando il web, generando il più grande potenziale epidemico dall'era pre-antibiotica ai giorni nostri. Il mio intento è quello di informare, contro le menzogne pseudoscientifiche che circolano nelle case degli italiani e le leggende metropolitane che fanno proselitismo in mezzo ad una scarsa conoscenza della materia, diffondendo idee e ideali dannosi per la nostra salute e quella di chi ci sta intorno. Ti invito pertanto a dare un'occhiata al nuovo blog, che puoi trovare semplicemente seguendo questo link: http://medicinatrasparente.altervista.org/. Buona lettura!

lunedì 28 ottobre 2013

Calendario Pubblicazioni

Buongiorno, mio Caro Lettore. Mi sono accorto che è da un po' che non ci facciamo una bella chiacchierata, io e te. Ti chiedo scusa, ma purtroppo gli impegni di tutti i giorni mi hanno tenuto lontano dalla tastiera del mio computer negli ultimi tempi, per cui sono riuscito soltanto a pubblicare i nuovi capitoli di "Solo andata, no ritorno" e nient'altro.
Oggi, dunque, butto giù queste poche righe per creare un quadro della situazione più solido e preciso. E, perché no, anche per fissare una specie di calendario per le prossime pubblicazioni, visto che in assenza di esso sono stato un po' incostante nelle ultime settimane.
Innanzitutto, mi preme avvisarti che l'attività del blog "Scrivere Sotto la Luna" non si arresterà, anzi, nei prossimi tempi cercherò di incrementare le pubblicazioni e le novità, almeno per quanto mi consentiranno gli impegni di studio.
Il romanzo a puntate online "Solo andata, no ritorno" è già arrivato al Capitolo 15 e continuerà ad uscire regolarmente per i prossimi mesi, un capitolo ogni giovedì. La serie di racconti "Orrori Brevi", invece, seguirà, a partire da questa settimana, un calendario un po' diverso: pubblicherò una nuova storia ogni primo venerdì del mese, quindi la prossima uscirà proprio questo venerdì 1 Novembre.
Per quanto riguarda la Seconda Stagione del romanzo a puntate "Le Anime di Eglon", purtroppo la stesura si è arrestata nei primi Episodi e fatica ad andare avanti. Pubblicherò l'Episodio 1 a breve, in anteprima, giusto per ingannare l'attesa, ma per quanto concerne l'uscita regolare delle puntate successive dovrai portare ancora un po' di pazienza. Quando sarò riuscito ad organizzarmi come si deve sono certo che riuscirò a riportare nel blog anche la saga de "Le Anime di Eglon", come è giusto che sia.
Avrai notato i cambiamenti degli ultimi mesi a livello di grafica e navigabilità. Spero siano di tuo gradimento. Presto cercherò di pubblicare anche qualche nuovo racconto, per coprire gli spazi lasciati vacanti dalle altre serie in uscita.
Resta nei paraggi, mio Caro Lettore: "Scrivere Sotto la Luna" non ti abbandonerà, continuerà ad accompagnarti nei sogni e negli incubi e a raccontarti storie sempre nuove, sempre diverse, in questo piccolo pezzetto di mondo in cui la fantasia regna ancora sovrana.

giovedì 24 ottobre 2013

Solo andata, no ritorno - 15

«Terroristi!» esclamò un tizio poco in fondo, alzandosi impetuosamente in piedi. «Ci sono i terroristi! Ecco perché nessuno ci viene a prendere: l’Italia è stata invasa!»
Roberto si guardò rapidamente attorno. I visi che vedeva erano tutti sconvolti, spaventati. Francesca gli si stringeva contro e non parlava, teneva gli occhi fissi sul finestrino e osservava la pioggia che continuava nonostante tutto a scrosciare contro il vetro.
C’erano delle donne che piangevano. Un prete che si nascondeva la faccia nel palmo di una mano, mentre con le dita dell’altra snocciolava i grani di un grosso Rosario di legno.
C’erano una dozzina di bambini, più o meno. Dai due ai dieci anni, avrebbe detto, ma non sarebbe stato pronto a scommetterci un granché perché sapeva di non essere bravo a indovinare l’età delle persone.
Se quello che tutti loro avevano visto poco prima era davvero opera dei terroristi, allora significava che questi ultimi avevano fatto decisamente bene il proprio lavoro: c’era soltanto terrore negli occhi dei passeggeri del treno. Terrore puro, che non lasciava spazio a nient’altro. Lui stesso si sentiva preda del terrore, in quel preciso istante, ma cercava di tenerlo a bada perché sapeva che farsi sopraffare dalle emozioni non sarebbe stato d’aiuto a nessuno.

giovedì 17 ottobre 2013

Solo andata, no ritorno - 14

La sera stava calando. La luce lattiginosa che penetrava attraverso il mantello di nuvole plumbee disteso sul cielo non faceva che diminuire d’intensità, ogni minuto un po’ di più. Le tenebre sarebbero arrivate in fretta, probabilmente senza che la pioggia desse il minimo cenno di volersi placare. L’idea del buio faceva paura, così come quella del freddo. Per adesso, comunque, stavano ancora tutti bene.
Il controllore di Trenitalia aveva fatto il giro di tutti i vagoni e chiesto a ognuno di mettere in comune un po’ di cibo, se ne avessero avuto con sé da qualche parte. Era poi tornato davanti alla porta chiusa della cabina di guida con un sacchetto pieno di cracker, biscotti, bottigliette d’acqua sigillate e merendine varie. C’erano anche un paio di mele, assieme al bottino, e una banana. Posò tutto quanto a terra e indirizzò un mezzo sorriso a Roberto, mormorando: «Speriamo di non trovarci costretti a distribuire questa roba.»
«Siamo bloccati qui già da otto ore. Se avessero dovuto mandarci qualcuno, l’avrebbero già fatto» gli fece notare Francesca, con una certa nota di tristezza nel colore limpido della voce. «Ho paura che il signor Nicola abbia ragione. Che davvero sia successo qualcosa di brutto.»
«Nicola è partito tre ore fa. Mi sembra strano che ci stia mettendo così tanto…» farfugliò Roberto, osservando distrattamente il pigro ticchettio delle lancette sull’orologio da polso.
«Potrebbe essere un buon segno. Magari ha trovato qualcuno e si è fermato a fare un giro di telefonate» congetturò il controllore, davvero poco convinto.

giovedì 10 ottobre 2013

Solo andata, no ritorno - 13

«La biglietteria non sembra essere stata abbandonata in fretta e furia, come se un pazzo furioso fosse comparso dal nulla con una pistola in mano e l’addetto se la fosse data a gambe. Capite? È tutto in ordine, là dentro. E c’è un block notes sulla scrivania, accanto al telefono, con un numero scarabocchiato a metà e una penna sopra. Sembra quasi che qualcuno stesse scrivendo quel numero, e che la sua mano sia scomparsa nel nulla mentre ancora segnava le ultime cifre. C’è uno zero incompleto. Un mezzo ovale interrotto. E poi c’è quel discorso della cabina telefo…»
Il signor Nicola si interruppe e la parola gli morì in gola, come soffocata da un paio di corde vocali strette attorno alle ultime sillabe. Strabuzzò gli occhi e poi li serrò con decisione, passandosi una mano sulla fronte umida di sudore e scuotendo il capo. «Non ve l’ho detto, vero? Lo sapevo che non vi ho detto qualcosa, lo sapevo. Mi dimentico sempre le cose più importanti. Sarà l’Alzheimer… Perché è ereditario, non è vero? Ce l’aveva mio padre, e adesso comincio ad avercelo anch’io.»
«Sta’ tranquillo, Nicola» lo rassicurò il controllore, battendogli una pacca amichevole sulla spalla. «Non ti preoccupare. Parla pure, raccontaci quello che ti sei dimenticato di dire.»
Nicola parve farsi coraggio e prese un bel respiro, quello di un nuotatore fra una bracciata e l’altra.
«La cabina telefonica. Quando sono entrato da solo nella stazione, la prima volta. Solo che non ci ho dato peso, capite? Non mi sembrava una cosa importante. Credo fosse la terza… no, la quarta a partire dalla porta. Il ricevitore non era al suo posto. Penzolava nel vuoto, sul suo cavo metallizzato. Oscillava ancora, come se fosse caduto di mano un minuto prima a un tizio che ci stava parlando.»

venerdì 4 ottobre 2013

Pista di Atterraggio

C’erano davvero poche persone, in paese, che fossero in grado di ricordare l’origine di quel piccolo agglomerato di case sgangherate. Una di queste era Antonio, proprietario, gestore, amministratore e unico cameriere di una tavola calda dal caratteristico nomignolo di “Luna Storta”, che attirava una clientela la cui età media sfiorava quella del leggendario Matusalemme. Ad Antonio l’aveva raccontata suo nonno quand’era bambino, e anche se ogni tanto gli capitava di dimenticarsi le cose – Alzheimer, aveva diagnosticato con aria severa il dottore, ma Antonio non aveva mai capito fino in fondo che cosa diamine volesse dire quella parola tedesca; mica era crucco, d’altro canto – questa non se l’era mai lasciata sfuggire di mente. La conservava in un angolo apposito nella sua scatola cranica, sopra una mensola che di tanto in tanto, fatto carburare il secondo bicchierino di rosso intorno alle dieci del mattino, si prendeva la briga di spolverare con paziente cura.
Il paese era più che altro un modesto condensato di vecchie fattorie in aperta campagna successivamente riconvertite ad abitazioni, come rimasugli di carne e verdura compattati in un minuscolo dado da brodo. Il cuore pulsante del centro abitato era una chiesetta di pietra, accompagnata come una dama all’altare da un alto campanile moderno con il tetto spiovente – un pugno su un occhio, lo giudicavano i più, ma visto da lontano non si poteva certo dire che non facesse il suo effetto – che era stato progettato e messo in piedi dalla ditta del figlio di Gilberto, il quale era invece un semplice contadino con le tasche bucate e la passione per il tabacco da masticare.

giovedì 3 ottobre 2013

Solo andata, no ritorno - 12

«Centododici passeggeri. Anche noi siamo inclusi nel conteggio» annunciò Francesca tirando il fiato. Era stato un lavoro lungo, ma li aveva aiutati a ingannare un po’ il tempo. Mentre facevano il censimento il signor Nicola era andato un paio di volte a controllare se qualcuno fosse tornato nella stazione o nel parcheggio, ed era sempre tornato indietro con un’espressione buia e sconsolata.
«Sei sicuro che il vecchio di cui parli non ci fosse in mezzo a tutti gli altri?» chiese il controllore a Roberto, visibilmente preoccupato.
«Ne sono assolutamente sicuro, sì» confermò il ragazzo, sedendosi sul bordo della piattaforma di discesa con le gambe che ciondolavano sopra i binari.
«È pomeriggio. Ormai il ritardo sarà stato notato in tutte le stazioni in cui ci saremmo dovuti fermare. Manderanno qualcuno, sicuramente» affermò fiducioso Carlo.
«Sempre se c’è ancora qualcuno da mandare…» bisbigliò Nicola, ma nessuno parve sentirlo.
«In ogni caso, dobbiamo cercare di tutelarci» continuò il controllore, recuperando il suo tono autorevole. «Non sappiamo con chi abbiamo a che fare. L’uomo che hanno visto Roberto e Marco potrebbe essere un pericoloso omicida. Se ritornasse qui, armato, come potremmo difenderci?»
«Me lo dicevo, io, che mi sarei dovuto portare dietro la pistola anche in vacanza. Perché diamine non do mai retta al mio istinto?» bofonchiò Carlo.
«L’importante è risolvere una questione alla volta. Teniamo tutti al sicuro nel treno, per ora. Assicuriamoci che tutti gli sportelli siano chiusi dall’interno e che nessuno possa aprirli. Non è da escludere l’eventualità che quell’uomo, se è pericoloso come sospettiamo, abbia un complice in mezzo agli altri passeggeri» illustrò Roberto con calma. Ci aveva pensato per tutto il tempo mentre eseguivano il censimento, sperando intanto che quel volto gioioso gli comparisse davanti all’improvviso. Era spaventato, ma non voleva darlo a vedere. Francesca aveva bisogno di lui, della sua solidità, per non lasciare che la paura avesse la meglio.

Si Riprende

Buonasera, mio Carissimo Lettore!
Come promesso, da questa settimana si riprende con le pubblicazioni di "Scrivere Sotto la Luna", a partire da oggi con il nuovo Capitolo 12 del romanzo a puntate "Solo andata, no ritorno", proseguendo poi domani con un'inedita storia per il ciclo "Orrori Brevi".
Come sempre, buon viaggio Lettore!

venerdì 20 settembre 2013

Breve Posticipo

Buongiorno, mio Carissimo Lettore. Oggi ti scrivo questo rapido post per scusarmi delle poche pubblicazioni delle scorse settimane, e per avvisarti che "Solo andata, no ritorno" e "Orrori Brevi" riprenderanno regolarmente da inizio ottobre. Per questa e per la prossima settimana, dunque, niente nuovi capitoli e niente nuove storie brevi, ma non ti preoccupare: si tratta soltanto di un breve posticipo, dopodiché tutto ricomincerà con lo stesso ritmo di prima, te lo garantisco!
Buona giornata e buon fine settimana, Caro Lettore. E a presto!

giovedì 12 settembre 2013

Solo andata, no ritorno - 11

«Racconta al controllore quello che hai raccontato a me, Marco.»
Marco era un ragazzo mingherlino sulla ventina, dall’aspetto drammaticamente fragile. Portava i capelli corti e un paio di occhiali dalle lenti spesse come telescopi astronomici. Era pallido e silenzioso, quasi tremolante, e li fissava con due occhi sgranati che avrebbero fatto pena a chiunque.
«Ho visto un uomo» esordì timidamente, e si fermò per verificare che il controllore lo stesse ascoltando. Roberto, Francesca e Nicola stavano in disparte. Lanciò un’occhiata fuggevole anche a loro tre, poi inghiottì a vuoto e riprese: «Un uomo di una certa età. Stava camminando qui fuori, e andava verso la stazione. Sembrava sorridere.»
Roberto pensò all’uomo che aveva visto nel suo incubo prima di fermarsi in quella maledetta stazione, l’incubo delle gallerie. Il vecchio che poi aveva incontrato nel vagone, che gli aveva risposto allegramente «Davvero non saprei» quando lui gli aveva domandato come mai il treno non fosse ancora ripartito. Non ci aveva più riflettuto. Aveva archiviato la cosa come uno spiacevole scherzetto onirico, uno di quei simpatici déjà vu che a volte si sperimentano ripensando a un sogno, e che in realtà non significano proprio niente. Quel vecchio, aveva concluso, c’era stato per davvero nel vagone, ma non nel suo incubo. L’uomo nel suo incubo non aveva un volto vero e proprio, ed era per questo che la sua mente aveva associato le due immagini.

giovedì 5 settembre 2013

Solo andata, no ritorno - 10

Roberto, seduto al posto di guida, abbassò fino in fondo la frizione e girò la chiave di accensione. Il motore si avviò senza protestare. Ascoltò il suo borbottio sommesso provenire da sotto il cofano. Poi spense e scese, infilandosi le chiavi in tasca.
«Quindi l’auto non è in panne. Funziona. Perché qualcuno avrebbe dovuto lasciare su le chiavi?» lo interrogò il controllore, con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni.
«Non ne ho la più vaga idea» confessò il ragazzo, confuso.
«Antonio De Franceschi. Nato a Venezia il quindici maggio millenovecentosessantaquattro. Nel portafoglio ci sono due biglietti Trenitalia. Uno andata e uno ritorno. La meta era Firenze. E quello di ritorno è stato convalidato alla stazione di Firenze giusto stamattina» li informò Francesca con in mano i documenti del proprietario dell’auto. «Qui dentro ci sono anche trentacinque euro in banconote. Più spiccioli.»
«Stava rimontando in macchina per tornare a casa» propose il controllore, camminando avanti e indietro attorno alla portiera aperta. «Originario di Venezia, sì, ma il nome del paese segnato sull’indirizzo mi pare di queste parti. Forse si è trasferito qui dopo essersi sposato…»
«O per lavoro» soggiunse Nicola, dopo essersi sonoramente schiarito la voce.
«Comunque è salito in auto e ha appoggiato il portafoglio sul sedile laterale. Ha infilato le chiavi e, sempre se non si era scordato di inserirlo prima di prendere il treno per Firenze, ha tolto il freno a mano. Probabilmente stava per chiudere la portiera e allacciarsi la cintura, quando è successo… qualcosa» andò avanti Roberto, la fronte aggrottata e lo sguardo immerso in un flusso di pensieri impenetrabile.

venerdì 30 agosto 2013

Il Pozzo

Freddo. Freddo intenso. E una sensazione di panico, come se l’umidità altro non fosse che una conseguenza delle sue paure che si manifestano sotto forma di vapore. E la stanza si presenta scura e stretta, un piccolo cilindro dalle pareti di pietra e il pavimento ricoperto da uno strato di acqua e, più sotto ancora, di melma fangosa dall’odore nauseante e dalla consistenza insolita, come fossero pezzi di carne maciullata e tritata per bene, poi spalmata sul pavimento di marmo e lasciata a riposare nell’acqua per qualche giorno, avvolta dalle tenebre per diventare più saporita, carne umana per cena, mio caro Johnny, ti va bene un piatto di interiora? Sono ancora calde, tenute in ammollo per più di settantadue ore, cotte e salate al punto giusto. Allora, che ne dici, ti fanno gola? E ovviamente il piccolo cannibale interrogato avrebbe detto di sì, senza in realtà sapere di che cosa si trattasse, che cosa fosse la sostanza gelatinosa infilzata dai rebbi della forchetta che stava per essere introdotta silenziosamente nella sua bocca spalancata. E tuttavia l’avrebbe gustata sorridendo, e si sarebbe detto che era proprio buona, che ne voleva ancora, e in men che non si dica si sarebbe ritrovato a far rosolare sul fuoco persone vive, in carne ed ossa, che lo avrebbero supplicato di essere risparmiate, e in ogni caso lui avrebbe risposto “no, perché la carne è buona e nutriente” e avrebbe continuato nel suo lavoro di sadico cuoco delle tenebre, senza interrompere il flusso dei macabri pensieri. Apri la boccuccia, piccolo Johnny, e mangia la pappa.

giovedì 29 agosto 2013

Il 400° Post

Ebbene sì, mio Caro Lettore: quello che ho pubblicato stamattina, ossia il Capitolo 9 del romanzo a puntate "Solo andata, no ritorno", è stato il 400° post del blog "Scrivere Sotto la Luna".
Per festeggiare un numero tanto importante ho deciso di pubblicare, in questo 401° post, le nuove copertine per i progetti più importanti di "Scrivere Sotto la Luna", che pian piano inserirò anche nelle rispettive pagine.
Eccole qui, mio Carissimo Lettore:

Solo andata, no ritorno - 9

Roberto impiegò un paio di minuti ad assimilare la nuova drammatica informazione, ma alla fine si riprese e annuì in silenzio, per indicare al controllore che aveva capito.
«Ehi, venite a vedere!» li chiamò Francesca.
Il ragazzo scattò verso di lei e la raggiunse, seguito dall’uomo. Aveva paura che si fosse fatta male, ma invece non era così. Stava semplicemente guardando giù, oltre il parapetto che delimitava il tetto piano e quadrangolare della stazione. Lì erano un po’ in pendenza, perché sul cemento armato c’erano i fori di una grondaia. Un sistema come un altro per evitare che l’acqua si accumulasse, col rischio di pesare eccessivamente sulla struttura e filtrare attraverso i muri. A giudicare dalle infiltrazioni sul soffitto che avevano visto al pianterreno, non doveva essere molto efficace.
Roberto seguì lo sguardo della sua ragazza e si ritrovò a fissare il modesto parcheggio della stazione, quello che avevano intravisto dalla porta giù da basso, dal quale partiva la stradicciola che portava verso i paesi più vicini.
C’erano delle automobili parcheggiate. Le contò in fretta: erano tredici. Tredici auto ferme, spente, tutte diligentemente inquadrate tra le righe scolorite che segnavano i posteggi. Non registrò alcun movimento. Ma i veicoli c’erano. Erano lì, giusto? Allora, per forza di cose, dovevano esserci anche i conducenti da qualche parte. O, perlomeno, prima o poi sarebbero arrivati a riprendere le macchine.
«Devono averle lasciate qui per prendere il treno. E di solito non si lascia l’auto nel parcheggio della stazione per una settimana: è gente che tornerà in giornata» ipotizzò il controllore, mostrandosi abbastanza sicuro di ciò che sosteneva.

mercoledì 28 agosto 2013

Accordi nel Buio

"Accordi nel Buio" è un racconto che ho scritto quasi di getto, anche se la sua stesura è piuttosto travagliata. La prima pagina risale a un martedì sera nel novembre del 2009, dopodiché la storia è stata accantonata per un po' in qualità di racconto incompleto. L'ho ripresa in mano nel luglio del 2010, decidendo di concludere la prima stesura in un paio di sere. Ancora una volta, il racconto è finito nel dimenticatoio, finché nel marzo del 2011, frugando nel mio cassetto, l'ho riletto ancora una volta e ho deciso di sistemarlo apportando alcune decisive modifiche. Questa, finalmente, è la versione definitiva di "Accordi nel Buio", divisa in 4 parti per renderne più pratica la lettura. Buon viaggio, mio Caro Lettore!

martedì 27 agosto 2013

In Attesa di Nuove Storie

Buongiorno, mio Carissimo Lettore!
Oggi è martedì, e siamo di nuovo qui su "Scrivere Sotto la Luna" in attesa di nuove storie.
Mi dispiace di non essermi fatto sentire ieri, ma sono stato via durante il fine settimana e ho prolungato la vacanza di un giorno, purtroppo senza avere a disposizione una connessione internet.
Spero che il racconto "Accordi nel Buio" ti sia piaciuto, così come "Sospiro", l'"Orrore Breve" dello scorso venerdì. Ho qualche nuovo progetto in cantiere, e altri racconti che mi piacerebbe farti leggere, nei prossimi tempi...
Questo giovedì tocca al Capitolo 9 del romanzo a puntate "Solo andata, no ritorno". La situazione si sta facendo ad ogni pagina più intricata. Che fine ha fatto il macchinista? Perché il treno si è fermato proprio lì, in quella piccola stazione sperduta, e che fine hanno fatto tutte le persone che la occupavano prima dell'arrivo del treno da Padova?
Domani pubblicherò un post in cui saranno raccolti i link alle 4 parti di "Accordi nel Buio", in modo da rendere più comoda la lettura dell'intero racconto anche per il futuro.
Venerdì, infine, un nuovo "Orrore Breve" andrà ad aggiungersi agli altri su "Scrivere Sotto la Luna", un posto dal quale non desidererai uscire mai più.
Ti auguro dunque una buona giornata, Lettore: non mancare di venire a trovarmi anche nei prossimi giorni, quando tutte queste novità ti staranno aspettando!

venerdì 23 agosto 2013

Sospiro

Uscì nelle tenebre, richiudendo la porta di casa alle proprie spalle. Subito fu colpito da una sferzata di aria pungente. Era ancora buio, ma il sole stava iniziando faticosamente a sorgere, comparendo sulla linea dell’orizzonte e indorando languidamente il cielo scuro, spruzzando di un leggero rosso le nuvole che veleggiavano a est, lungo le vie che il vento aveva loro creato. Pigramente, i primi raggi dell’alba stavano tentando di scaldare la città ancora in parte addormentata, scagliandosi abbastanza svogliatamente contro l’oscurità predominante. Le sagome degli edifici si stagliavano indistinte nelle ombre della notte appena trascorsa, che non sembrava essere ancora pronta a cedere il mondo alla luce.
Si incamminò con calma lungo il marciapiede deserto, l’aria sottile e pungente che gli carezzava il volto senza troppa delicatezza e gli scompigliava i capelli con le proprie dita invisibili, profumo di prima mattina. Il caffè gli aveva lasciato un piacevole sapore sulle labbra e un gradevole tepore nello stomaco. Stava bene. Addirittura, quasi gli sembrava strano di sentirsi tanto bene. A quell’ora, di solito, era sempre stanco e debole, gli occhi ancora offuscati dal sonno, la mente assopita, in attesa di doversi risvegliare del tutto all’arrivo a scuola. Solitamente, non aveva proprio voglia di mettersi in piedi e uscire nell’aria gelida e affilata. Quel giorno, però, sembrava diverso, e per lui era impossibile fornire un perché a questo sereno stato d’animo. Semplicemente, si sentiva bene.
Raggiunse la fermata dell’autobus senza troppa fretta, dove già altri ragazzi attendevano in piedi, sagome indefinite nel rosseggiante chiaroscuro dell’alba appena cominciata.

giovedì 22 agosto 2013

Solo andata, no ritorno - 8

«Dove state andando con questo treno, ragazzi?» s’informò il controllore mentre salivano la strettissima scalinata interna nascosta dietro la biglietteria.
«Firenze» rispose prontamente Roberto, notando che Francesca non aveva per niente voglia di parlare.
«A trovare alcuni amici o per farvi un giro da soli?»
«Da soli. Diciamo che l’idea è quella di risolvere alcune questioni in sospeso» spiegò Roberto con una certa cautela, evitando di lasciare che il problema vero e proprio trasparisse attraverso le sue parole o il tono di voce.
«Hm hm» mugugnò il controllore, per far intendere che aveva capito. «Be’, spero che questa sosta imprevista sia breve. Quanto rimarrete a Firenze?»
«Tre giorni.»
«Cerchiamo di non farvi perdere il primo, allora» concluse, e aprì la porticina in cima alle scale, rivelando di nuovo il cielo livido.

mercoledì 21 agosto 2013

Accordi nel Buio - 4

Gli accordi della chitarra elettrica si fecero più rapidi e potenti, come se un paio di mani ben più abili si fossero posate sulle corde per farle vibrare con maggiore foga. Era giunta l’ora, considerò dentro di sé, e si mise tranquillo ad attendere ciò che sarebbe avvenuto di lì a qualche istante. L’unica certezza che aveva riguardo ciò che sarebbe successo era che a lui non sarebbe capitato nulla di brutto, perché la musica lo avrebbe protetto. La musica lo proteggeva sempre.
Un botto sordo scosse la terra, fuggendo via all’istante, e le luci dei lampioni si spensero. Per qualche secondo, tutto rimase perfettamente immobile, l’aria assente, le stelle più distanti, la luna nera, e gli accordi nel buio prodotti dalla chitarra elettrica furono l’unico rumore che percepì. Poi, subito dopo, il caos si riversò nei suoi occhi come in un unico balzo.
Un’enorme crepa scura si diramò rapidamente nell’asfalto come un fulmine giù dalle nuvole di un temporale, e gli edifici attorno cominciarono a sprofondare sotto il livello della strada, risucchiati dalla terra. Un polverone immenso avvolse il quartiere stringendolo nel proprio pugno, e gli allarmi antifurto delle auto parcheggiate a lato dei marciapiedi iniziarono ad intonare un coro di acute voci stridenti. Il cavalcavia che aveva di fronte, retto da grosse travi di acciaio incrociate, si accartocciò come una scatola di cartone vuota pressata tra i grossi palmi callosi del magazziniere di un supermercato, e le macchine che vi stavano passando sopra in quel momento si slanciarono senza un minimo di indugio verso il nulla più assoluto, le luci dei fari che si spegnevano di botto al contatto dei musi con l’asfalto dissestato.

martedì 20 agosto 2013

Piano d'Opera

Siamo quasi giunti al termine del racconto "Accordi nel Buio", mio Carissimo Lettore: domani uscirà l'ultima parte, quindi preparati a scoprire quali sorprese ha in serbo per noi la musica, questa volta...
Il romanzo a puntate "Solo andata, no ritorno" si sta facendo a poco a poco più intrigante. Stiamo entrando nel vivo della storia, finalmente. Ma ancora non hai idea di che cosa sta per succedere. Il Capitolo 8, questo giovedì, comincerà a svelare un po' di più. Ma il meglio deve ancora venire. Presto capirai con maggiore chiarezza qual è la situazione, e allora ti renderai conto anche tu, esattamente come i miei personaggi, che non c'è alcuna via d'uscita.
Ti ricordo che tutti i capitoli di "Solo andata, no ritorno" sono reperibili attraverso il pratico link che si trova in cima ad ogni pagina del blog, all'interno del riquadro "I Progetti Imperdibili del Blog".
Venerdì, infine, pubblicherò un nuovo racconto per il ciclo "Orrori Brevi": la storia di questa settimana si intitola "Sospiro", e sono certo che ti piacerà.
A presto, mio Caro Lettore. Fai attenzione a come ti muovi, tra queste pagine: ci sono sorprese ovunque che aspettano soltanto di essere scovate...

lunedì 19 agosto 2013

Accordi nel Buio - 3

Si ridestò, affiorando adagio dall’immobile superficie del lago dei pensieri, e si ritrovò in quel marciapiede dov’era stato fino ad un attimo prima, con quella chitarra elettrica che ancora gli sconquassava la testa suonando accordi intensi e inebrianti. Un’auto gli passò lenta accanto, ma non si fermò. I suoi fari facevano luccicare a malapena l’asfalto asciutto, e le stelle continuavano a non fiatare, sospese nel vuoto come occhi bramosi di udire il seguito della sua storia. Sospirò e continuò a ricordare, mentre un’eco recondita farfugliava senza tregua: Venticinque anni. Venticinque, maledizione.
Obbligò il dolore a gocciolare aspro all’interno delle sue labbra, così da poterlo assimilare con più calma e riuscire a sopportarlo. Sì, la musica era scomparsa dalla sua testa quando aveva compiuto sedici anni, e tutto era ritornato alla piatta normalità di sempre. I campionati di baseball erano andati avanti, succedendosi uno dopo l’altro. Le stagioni erano scivolate via, gli anni di scuola erano stati snocciolati rapidamente, e lui aveva fatto le sue esperienze, con l’alcol, con le macchine, con le ragazze, con le grandi e piccole delusioni che la vita riserva sempre a ciascuno di noi.
Venticinque anni…
Venticinque anni prima si era sposato con Betty Loghan, una ragazza pompon che aveva conosciuto durante l’ultimo anno di liceo, periodo in cui giocava nella squadra di football per accaparrarsi un po’ di crediti scolastici in vista della fine dell’arco di studi. L’incontro era avvenuto così come quelle cose capitano sempre: lui, durante un allenamento, l’aveva vista saltellare a bordo campo, le trecce lunghe e bionde che svolazzavano all’unisono con la gonnellina colorata troppo corta, che lasciava intravedere rapidi scorci delle mutandine. Si era subito informato su chi fosse, e il primo sabato sera in cui l’aveva incontrata ad una festa si era fatto avanti e l’aveva invitata ad uscire.

venerdì 16 agosto 2013

Aspettiamo la Guerra

Potremmo semplicemente restarcene qui per sempre. In fondo, chi ci impedisce di farlo? Siamo venuti qui per rimanerci, e nessuno potrà cacciarci, né con la forza, né cercando di inculcarci la sua convinzione. Siamo qui, come radici di alberi mossi dal vento, le teste imbiancate dall’inverno della vita, un sospiro che si prolunga all’infinito e che nessuno è in grado di spegnere: sarà lui ad esaurirsi da solo, quando giungerà il momento.
Siamo soltanto un gruppo di vecchi. La gente che passa per la strada ci guarda con diffidenza, pensando, con ogni probabilità, che non si ridurrà mai come noi, capelli canuti, sguardo consumato, volto scarabocchiato di rughe che creano solchi profondi come le trincee di una guerra per la conquista di un avamposto. Una guerra nella quale noi abbiamo imbracciato i fucili, mentre le persone che ci osservano quasi con disgusto, scostandosi per cederci malvolentieri il passo, erano ancora attaccate ai seni delle loro madri a poppare latte tiepido e a frignare. Una guerra che abbiamo combattuto per loro con le nostre vite, versando il nostro sangue sulla terra come un fiume di monete d’oro sonanti da scambiare per l’esistenza di un ideale, più che di uno Stato.
Quante notti insonni è costata a ciascuno di noi, da quando siamo ritornati, l’immagine di quel sangue così vermiglio, così luccicante sotto i sorrisi sbilenchi e pallidi della luna, che veniva assorbito dalla terra come dalle labbra di un vampiro intento a succhiare con avidità? La terra si imbeveva di sangue al punto da non poterne più sopportare, eppure esso continuava a riversarsi dalle vene aperte dei nostri amici. I nostri fratelli.

giovedì 15 agosto 2013

Solo andata, no ritorno - 7

Ci volle quasi un minuto intero di silenzio per metabolizzare ciò che Nicola aveva detto. Non erano notizie facili da digerire. Ma una spiegazione doveva esserci senz’altro. Magari si stavano preoccupando per niente, ragionò Roberto. Poteva anche darsi che dentro alla stazione ci fosse un cartello grande come una casa con su scritto CABINE TELEFONICHE NON FUNZIONANTI e che il vecchio signor Nicola non l’avesse visto. C’era anche da tenere in considerazione l’eventualità che avesse avuto la sfortuna di beccare proprio le uniche tre cabine guaste.
«D’accordo. Niente paura» intervenne il controllore, inghiottendo a vuoto. «Può succedere, non possiamo basarci soltanto sulle cabine. Chissà da quanto tempo non vengono utilizzate. In ogni stazione c’è una biglietteria. Questa non fa eccezione. Hai visto nessuno, là dentro?»
«Nessuno» mormorò Nicola, scuotendo il capo imbiancato di polvere della vecchiaia.
«Il nostro uomo potrebbe essersi andato a fare un caffè. Adesso scendo con il signor Nicola e andiamo assieme a dare un’occhiata. Nelle biglietterie ci sono sempre uno o due telefoni fissi che si utilizzano per contattare le sedi o le altre stazioni in caso di necessità. Useremo quelli, sono decisamente più affidabili delle cabine pubbliche.»
«Cercate di farvi mandare un treno in fretta, o perlomeno un autobus!» gridò qualcuno.
«Faremo il possibile, non vi preoccupate. Non siamo stati molto fortunati, a fermarci in un posto del genere. Voglio chiedere a qualcuno di voi di venire con me, per piacere. Con un cellulare. Mentre noi rintracciamo il telefono della biglietteria, ci serve qualcuno che cerchi una zona qua attorno in cui ci sia campo. Una lieve altura, o il tetto della stazione stessa.»
Roberto lanciò un’occhiata d’intesa a Francesca e alzò la mano. «Veniamo noi!» Voleva vederci chiaro, in quella faccenda, e forse l’unico modo per sapere che cosa nascondesse il controllore era uscire da quel vagone affollato e parlarci a quattr’occhi.

mercoledì 14 agosto 2013

Accordi nel Buio - 2

Lì davanti c’era un cavalcavia che passava sopra la strada, un ponte sostenuto da grosse travi d’acciaio intrecciate che gli davano in complesso un’immagine di ordine e di equilibrio. Pensò che, in fondo, l’universo era dettato da leggi ordinate che conferivano equilibrio ad ogni ente ed evento, e quel viadotto rifletteva perfettamente lo schema che regolava il cosmo. Ma l’unica cosa che usciva da questo rigido modello, da questo saldo scheletro che teneva in piedi tutto quanto, era la mente umana. La capacità dell’uomo di pensare, di provare sentimenti ed emozioni, di desiderare, rappresentava il solo punto di colore nell’omogeneità trasparente di quell’immensa forza regolatrice che governava su tutto.
Aveva voglia di fuggire, ma non poteva muoversi. Era lì che la musica lo aveva portato, e non aveva intenzione di disobbedire per la prima volta in tutta la sua esistenza agli accordi che lo guidavano facendolo brancolare nel buio. Una chitarra elettrica era uno strumento energico e potente. Quando suonava, dava l’impressione di incendiare l’aria attorno a sé. Doveva essere proprio quello il rumore sfrigolante che producevano i fulmini a contatto con l’atmosfera, quello di una chitarra elettrica, e per questo presagiva un evento che avrebbe oscurato tutti quelli già vissuti con la propria immensa ombra tetra.
Da quando sua moglie l’aveva lasciato, dopo venticinque lunghi anni di matrimonio votati a lavorare duramente per lei, per la casa che avevano comprato, per la famiglia che avevano costruito – ormai i figli erano abbastanza grandi da camminare con le proprie gambe per le affollate strade del mondo – non si sentiva più se stesso. Aveva trascorso le ultime serate da solo, stravaccato sul divano del salotto sopra il quale tante volte lui e sua moglie avevano fatto l’amore, con una confezione da sei lattine di Heineken fredda come il polo nord nel ripiano del frigorifero e il telecomando universale Sony piazzato a portata di mano tra i cuscini, a rimuginare sul proprio passato e sui propri errori, mentre davanti ai suoi occhi acquosi e spenti, nei quali non vibrava nemmeno uno smorzato accenno della vitalità che li aveva sempre contraddistinti, scorrevano le mediocrità dei quiz show, dei telefilm e dei notiziari, bombardandolo di immagini e suoni che non percepiva nemmeno con un singolo brandello del proprio cervello.

martedì 13 agosto 2013

Riepilogo

Di nuovo buongiorno, mio Carissimo Lettore. Oggi vorrei fare assieme a te un rapido riepilogo di quello che è accaduto finora ai nostri personaggi di "Solo andata, no ritorno", tanto per essere pronti all'uscita del Capitolo 7 del romanzo a puntate, prevista per questo giovedì.
Roberto e Francesca sono una giovane coppia partita in treno dalla stazione di Padova (e prima ancora da quella di Vicenza) e diretta a Firenze. Non si tratta di un viaggio di piacere: si stanno allontanando da casa perché devono risolvere alcune questioni - per noi ancora oscure - e hanno bisogno di stare un po' da soli per poterne discutere. Mentre attraversano alcune gallerie, Roberto ha un incubo e sogna un vecchio mettere la testa all'interno del loro scompartimento e ritirarsi quasi subito. Dopo l'ennesima galleria, il treno si ferma in una piccola stazione e non riparte. Uscito in corridoio alla ricerca di informazioni, Roberto incontra lo stesso vecchio che ha visto nel suo incubo. Un controllore del treno raduna i passeggeri nel primo vagone e cerca di rassicurarli, mandando un ex dipendente di Trenitalia in pensione, il signor Nicola, nella stazione per fare un colpo di telefono a Padova e avvisare del guasto. Il signor Nicola, dopo essere ritornato, comunica una sconcertante notizia: la stazione è vuota, e nessuno risponde al telefono, né a Padova, né da altre parti.
Dunque, Caro Lettore, il prossimo capitolo del romanzo a puntate uscirà giovedì, come promesso. Venerdì, invece, pubblicherò una nuova storia per il ciclo "Orrori Brevi", intitolata "Aspettiamo la Guerra". Domani, infine, uscirà come da programma la seconda parte del racconto inedito "Accordi nel Buio".
Ti auguro una buona giornata, Lettore, e, come sempre, un buon viaggio tra le stanze e i corridoi di "Scrivere Sotto la Luna"!

lunedì 12 agosto 2013

Accordi nel Buio - 1

La notte scura risplendeva delle mille luci della città. Era una visione mozzafiato, un panorama da far perdere la testa. Torreggianti e imponenti edifici si innalzavano come offerte votive dedicate al cielo e alle stelle, accolti con un pallido sogghigno dalla luna piena che sorvegliava e presiedeva dal suo lontano trono posizionato al centro del firmamento.
L’uomo vestito di un abito bianco candido percorreva il marciapiede facendo risuonare dei propri passi l’immobile silenzio della notte. Sorrideva, ma non perché fosse contento. Sorrideva, ma dentro percepiva una profonda tristezza. Sorrideva, sorrideva e camminava senza parlare, senza vedere ciò che aveva davanti, senza udire il rumore ritmico dei propri passi sull’asfalto, senza percepire il terreno solido che aveva sotto di sé. Gli pareva di muoversi nel nulla, in una totale assenza di spazio o gravità, al di fuori di ogni regola naturale esistente. Lui poteva tutto, era libero di fare ciò che gli pareva. Allo stesso tempo, però, era vincolato, non poteva agire secondo la propria volontà, avvertiva di essere manovrato da qualcosa che stava al di sopra di lui, come un’inanimata marionetta mossa da fili invisibili, un semplice pezzo di legno intagliato e colorato che veniva reso vivo dai giochi delle dita di una mano.
Il battito d’ali di una farfalla e il mondo viene sconvolto. Così ruotano i freddi ingranaggi dell’esistenza divorati dalla ruggine.
Gli sembrava di aver letto questa frase da qualche parte, in un libro di filosofia o qualcosa del genere. O magari l’aveva sentita altrove? Poteva anche trattarsi di una citazione. Non ne era sicuro, perciò preferiva non ipotizzarne la provenienza troppo alla leggera. In ogni caso, la trovava quanto mai veritiera. Esprimeva non soltanto la sua condizione personale, ma quella dell’intera umanità pensante.
Avvertiva degli accordi nel buio. Accordi di una chitarra elettrica, una mano che correva veloce sulle corde e spandeva un’armonia antica come il mondo, che appagava la sua mente per tutti gli sforzi che aveva dovuto affrontare fino ad allora. Chiuse gli occhi e ascoltò in silenzio, fermo in mezzo al marciapiede. Lo sapeva che quella musica non era nell’aria. Quegli accordi si trovavano solo dentro di lui. Nelle tenebre della sua mente.
Osservò le stelle. Distingueva, tra quei mille occhi che lo guardavano luccicando dal profondo dello spazio, le principali costellazioni. Le aveva studiate per conto proprio, perché i segreti dell’universo lo avevano sempre affascinato. Sapeva che quella sera non si sarebbe verificato niente di particolare nella volta celeste, ma voleva starsene lì a guardare le stelle ugualmente. Peccato soltanto per tutte le luci della città che impedivano di scorgere bene l’intima immensità di quella cupola scura e punteggiata di astri che sovrastava il mondo – ma, dopotutto, anche quelle luci gli piacevano.

Lunedì

Lunedì, mio Caro Lettore. Comincia una nuova settimana, piena di impegni e di cose alle quali pensare, di programmi per oggi e per i prossimi giorni, di sogni e di desideri ancora da realizzare.
Ci ritroviamo di nuovo qui, noi due, a raccontarci altre storie. Oggi ne ho in mente una che ti potrebbe piacere, o almeno spero. L'ho divisa in 4 parti, così la possiamo gustare assieme con più calma. La prima parte sarà pubblicata già questo pomeriggio, poi la seconda mercoledì, la terza lunedì prossimo e la quarta ed ultima parte mercoledì 21 agosto.
Il lunedì e il mercoledì, perciò, per due settimane saranno destinati all'uscita del mio racconto inedito "Accordi nel Buio", che ho scritto nel luglio del 2010 tra una domenica e un martedì sera.
Ci sentiamo di nuovo questo pomeriggio, dunque, mio Carissimo Lettore: ti racconterò la prima parte di "Accordi nel Buio"!

venerdì 9 agosto 2013

La Barca del Destino

Chi può dire di che cosa siamo fatti esattamente? Un corpo, un cuore che pompa, un complesso circuito elettrico che si innerva in tutto il macchinario a partire dal cervello e un elaborato sistema idraulico controllato da valvole e tubi di diverso diametro. Siamo fatti d’acqua, perlopiù, o almeno così ci dicono. E una buona parte di quest’acqua è mescolata al nostro sangue.
Christopher ne era cosciente. Sapeva che la maggior parte del nostro corpo è fatta d’acqua, e sapeva anche che una notevole parte di questa si trova nel sangue, e scorre avanti e indietro per i tubi che ci attraversano portando energia ad ogni singolo componente del macchinario, tanto al più indispensabile quanto al più insignificante.
Dopotutto, Christopher lo aveva visto. Aveva visto gli occhi annacquati dei suoi famigliari spegnersi come fiammelle troppo deboli per resistere al vento di un temporale, mentre le loro tubature oramai danneggiate riversavano la propria acqua vermiglia sul pavimento della camera da letto.
Sua moglie. Suo figlio. La follia di un uomo, inarrestabile, che gli aveva strappato il cuore dal petto con un coltello preso dal primo cassetto della cucina, e poi aveva deciso di giocarci una partita a ping-pong adoperandolo come una pallina di gomma. E Christopher, di fronte a tutto questo, era rimasto impotente. Legato al letto, con i polsi stretti e le caviglie frantumate, lo aveva obbligato a guardare, a contare ogni goccia che fluiva dai corpi esanimi della sua famiglia, ad ascoltare i loro ultimi respiri, gli ultimi battiti dei loro cuori affaticati, che ancora adesso echeggiavano nella sua testa e tormentavano i suoi incubi.

Ritornano gli Orrori Brevi

Buondì, mio Carissimo Lettore. Allora, cosa ne pensi del nuovo capitolo di "Solo andata, no ritorno"?
Il romanzo a puntate continuerà da questa settimana in poi ad essere pubblicato regolarmente nel blog, un capitolo ogni giovedì. Oggi, invece, riprendiamo in mano un altro ciclo di pubblicazioni: quello di "Orrori Brevi", la serie di corte storie horror (ma non solo) del venerdì, che ricomincerà ad uscire su "Scrivere Sotto la Luna" proprio a partire da questo pomeriggio.
Il nuovo Orrore Breve si intitola "La Barca del Destino". Ci rivediamo tra qualche ora con questa nuova storia, Caro Lettore!

giovedì 8 agosto 2013

Solo andata, no ritorno - 6

Dal finestrino Roberto osservò il signor Nicola mentre scendeva attraverso la porta scorrevole del primo vagone, aperta manualmente dal controllore. I suoi movimenti erano impacciati. I movimenti di un vecchio ormai in pensione da una vita e mezza, pensò. Ma c’era dell’altro. Pareva che esitasse. Era come se in un certo senso avesse timore di ciò che avrebbe potuto trovare dentro quella stazione silenziosa.
«Pensa che ci metteranno molto a mandarci un treno sostitutivo? Perché io ho un appuntamento importante a Firenze questa sera, e da qui non posso chiamare per avvisare del ritardo…» disse un uomo verso il fondo del vagone, rivolgendosi al controllore.
«Per ora non posso dirle niente con sicurezza, mi dispiace» rispose quest’ultimo, tornando a guardare fuori con aria assente.
«Be’, spero almeno che fra poco ci permettiate di uscire. Comincia a fare caldo qua dentro, e siamo piuttosto stretti» borbottò un altro, più vicino a Roberto e Francesca.
«Magari quando ci lasciano uscire possiamo vedere se qui attorno c’è una zona in cui i telefonini prendono. Mi sembra così strano che non ci sia segnale da queste parti!» esclamò un’altra voce, questa volta di una donna.
Il controllore non aprì bocca. Fissava l’esterno, come sovrappensiero. Seguiva la camminata incerta di Nicola, che si dirigeva cautamente verso la porta spalancata della stazione. Lo guardava come se quel vecchio potesse essere la loro unica speranza. Era davvero così tremenda la situazione? Roberto continuava a domandarselo, ma non riusciva a intravedere nulla, in mezzo ai propri pensieri, che potesse avere le vaghe sembianze di una risposta sensata.

mercoledì 7 agosto 2013

Nuovi Capitoli, Nuove Possibilità

Sono felice di incontrarti qui anche oggi, mio Carissimo Lettore. Eh già, perché voglio parlarti di alcune cose, e questo mi sembra un buon momento per farlo. "Scrivere Sotto la Luna" ha dovuto subire un lungo periodo di silenzio nel quale le sue storie - e con sue intendo naturalmente mie e tue, Caro Lettore, perché siamo noi a viverle, dico bene? - sono state purtroppo lasciate in sospeso. Adesso, piano piano, è tempo di ricominciare a raccontare.
Dal momento che l'attesa è stata piuttosto lunga, pensavo di pubblicare già domani il Capitolo 6 del romanzo a puntate "Solo andata, no ritorno". Dopodiché, il resto del romanzo a puntate sarà pubblicato regolarmente tutti i giovedì, salvo imprevisti. Per quanto riguarda la Seconda Stagione del romanzo a puntate "Le Anime di Eglon", invece, avrò bisogno di un po' più di tempo per riprendere in mano la storia e restituirle il respiro, perciò ti chiedo di pazientare qualche giorno, finché non sarò in grado di stabilire una data d'esordio precisa - e, stavolta, definitiva.
Ci sono parecchie altre idee in cantiere, in questo momento, delle quali sarai messo al corrente al più presto. Ma sì, già che stiamo chiacchierando, te ne anticipo una: sto cercando un modo per rendere disponibili le storie di "Scrivere Sotto la Luna" anche in versione cartacea, a prezzo di stampa, in modo tale da renderle più accessibili e fruibili per tutti, anche per coloro che non amano stare a leggere sul computer per ore. Ti aggiornerò appena sarò riuscito ad elaborare un buon sistema che possa aiutarci in questa direzione.
Per adesso, non mi resta che salutarti. A domani, mio Caro Lettore, con il Capitolo 6 di "Solo andata, no ritorno".

martedì 6 agosto 2013

Scrivere Sotto la Luna RITORNA

Buongiorno, mio Caro Lettore. È da un bel po' che non ci si sente, non è vero? Sono molto dispiaciuto per questo lungo silenzio, che si protrae da dicembre. Purtroppo, in questi mesi molte cose sono cambiate, e c'è bisogno che ti spieghi cosa sta succedendo.
A settembre dell'anno scorso - non sono sicuro di avertelo ancora detto - ho deciso di affrontare il test di ammissione per iscrivermi a Medicina e Chirurgia all'Università di Padova. Da mesi pensavo a Lettere o a Filosofia, tanto per essere chiari, soprattutto per via della mia passione per la scrittura. Ho riflettuto a lungo prima di scegliere, soppesando le possibilità che queste diverse vie potevano offrirmi e prendendo in considerazione gli sbocchi sui quali in futuro, nei due casi, avrei potuto contare. Sono felice della strada che alla fine ho iniziato a percorrere, ma ogni decisione ha il suo prezzo, e ogni scelta elimina per forza di cose un'infinità di possibilità differenti.
Così, a ottobre ho cominciato a seguire i corsi di Medicina e Chirurgia, continuando a scrivere un po' la sera, ma ben consapevole di dover dedicare molto più tempo allo studio. Dopo aver annunciato la data di esordio della Seconda Stagione del Romanzo a Puntate "Le Anime di Eglon", quindi, è arrivato il temuto blocco dello scrittore. Ho sempre sorriso con una vena di incredulità, quando leggevo di scrittori che per qualche strana ragione non erano più capaci di buttare giù nemmeno una riga. Ora mi rendo conto di quanto questo blocco sia reale e difficile da affrontare.
Mi sono trovato costretto a interrompere l'attività di scrittura su "Scrivere Sotto la Luna", il giorno successivo a quello fissato per l'esordio della Seconda Stagione de "Le Anime di Eglon", perché il blocco che mi aveva colpito mi avrebbe comunque impedito di andare avanti con la storia, e lo stesso vale per il Romanzo a Puntate "Solo andata, no ritorno". Ho deciso che avevo bisogno di prendermi una pausa, di concentrarmi sullo studio e di aspettare che il blocco dello scrittore si sciogliesse.
Negli ultimi otto mesi ho convissuto con la necessità di rimettermi a scrivere, senza esserne realmente capace. E poi, in questi giorni, finalmente uno spiraglio di luce: di fronte ad una pagina bianca sono riuscito a scrivere l'inizio di una nuova storia, e anche se si tratta ancora di pochi paragrafi sento, dentro di me, che il blocco se n'è andato. Adesso posso ricominciare a scrivere, sebbene il tempo da dedicare allo studio debba rimanere una priorità.
Così, oggi ho preso un'altra decisione molto importante: "Scrivere Sotto la Luna" deve tornare a respirare. Questo post segna il ritorno di "Scrivere Sotto la Luna" e delle sue storie, che a poco a poco riprenderanno vita in queste stanze e in questi corridoi. Non mi sento ancora sufficientemente pronto per azzardare una data precisa in cui tutto riprenderà a scorrere allo stesso ritmo di prima, ma per adesso posso assicurarti che succederà. Anzi, a dire il vero ho in mente anche qualche interessante novità per "Scrivere Sotto la Luna"...
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