venerdì 16 settembre 2011

Il morbo dello share

L’informazione è probabilmente uno dei pilastri fondamentali della nostra complessa società. Senza di essa tutto ciò che noi oggi conosciamo esisterebbe comunque, questo è innegabile, ma di certo sarebbe diverso.
I mezzi di comunicazione, nei secoli, si sono sempre evoluti assieme all’uomo, affinandosi e perfezionandosi, fino a consegnarci in eredità l’ampissima scelta di fonti d’informazione che oggigiorno ciascuno di noi ha costantemente a propria disposizione. Telefoni, quotidiani, telegiornali, radiocronache, internet: in ogni direzione si è cercato di estendere per quanto possibile il nostro raggio comunicativo al fine di riuscire a captare sempre di più. In questo modo, ora noi viviamo nell’era della comunicazione, all’interno della quale qualsiasi genere di informazione di interesse pubblico è fruibile negli ossessivi termini del tutto e subito che da sempre assillano l’uomo.
Ma questa cosiddetta “corsa all’informazione” nasconde in sé conseguenze negative?
Sempre più spesso, purtroppo, si parla di informazione veicolata o strumentalizzata, quel tipo di informazione, cioè, che viene “manomessa” da un gruppo di persone contraddistinto da una determinata ideologia (politica, religiosa, ecc.) per indurre le masse a credere in ciò che tale ideologia vuole far credere. In questo senso si assiste alla messa in scena di notizie identiche sotto diversi punti di vista, spesso eccessivamente contrastanti; altre notizie vengono esaltate, altre ancora vengono fatte passare sotto silenzio. Proliferano i giornali e i telegiornali definiti “di parte”, e ogni singola banalità, anche la più scontata, viene immancabilmente etichettata come appartenente ad una definita posizione politica e, di conseguenza, irrimediabilmente svuotata della sua effettiva importanza.
Questo è il fenomeno che più ammorba i mezzi di informazione, in Italia così come altrove – anche se, tutto sommato, ci sono situazioni ben peggiori in altre parti del mondo, come ad esempio in quelle nazioni nelle quali i regimi dittatoriali ancora impongono la censura e vietano la fuga all’estero di informazioni di carattere nazionale.
La comunicazione è un’influente leva all’interno della nostra società, un notevole strumento di potere, e i mezzi che la detengono non dovrebbero tendere a gareggiare in ascolti come un qualsiasi altro programma televisivo, ma dovrebbero invece preoccuparsi di erogare alla popolazione informazioni di qualità che la possano rendere veramente consapevole di ciò che realmente vuole sapere!

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