sabato 1 ottobre 2011

Un Fragile Castello di Carte

L’uomo sollevò lo sguardo assorto al cielo, penetrando il fumo di una sigaretta che gli penzolava dalle labbra con i suoi occhi freddi come un inverno senza sole. La fronte aggrottata, i capelli brizzolati dolcemente scompigliati dalle dita invisibili del vento, dedicò la propria attenzione allo spettacolo dei colori che piovevano dal cielo verso la distesa di ghiaccio spalancata sull’orizzonte.
Quella notte, l’aurora boreale era dipinta di un acceso rosso vermiglio, bordata di verde e blu elettrico. Le sue delicate sfumature si riflettevano sulla superficie increspata del Mar Glaciale Artico, a nord della Norvegia, e su quegli specchi di ghiaccio che se ne stavano immobili un po’ più in là, oltre i quali era difficile proseguire con una baleniera poco attrezzata come quella sulla quale si trovava.
Riabbassò gli occhi con un sospiro, distogliendoli dalla visione ipnotica che stava abbracciando il cielo in quelle ultime ore di buio prima dell’alba, e li posò sull’imponente carcassa della preda distesa ai suoi piedi sul ponte della nave. La sagoma, mastodontica, era incorniciata da un alone di luce rossastra, prodotto dai barbagli dei raggi dell’aurora sul corpo ancora umido. Sorrise trionfante, con una tronfia espressione di superiorità. La balenottera azzurra che aveva appena catturato era lunga trenta metri e pesava centocinquantasette tonnellate. Un bell’esemplare. La osservò a lungo, quasi con ammirazione, continuando a fumare lentamente la sua sigaretta. Avrebbe ricavato da quella carcassa più di un centinaio di barili d’olio, e il pensiero del denaro che sarebbe finito nelle sue tasche lo faceva sentire felice e soddisfatto.
Fissò il proprio sguardo in uno dei giganteschi occhi vitrei della balenottera, e ne contemplò l’innocente vacuità. Non pensò affatto che, anche a causa sua, molto probabilmente i suoi nipoti non avrebbero mai potuto vedere un animale simile in tutta la vita, se non sui libri o in qualche vecchia fotografia. Eppure, quasi sicuramente sarebbe stato così. Come quell’uomo, in molte altre parti del mondo altrettante persone erano soddisfatte di aver appena ucciso l’ennesimo esemplare la cui specie era a rischio di estinzione. Nessuno di loro sapeva di aver appena compiuto un altro passo in direzione della cancellazione di quella biodiversità che rendeva il mondo così come lo conoscevano, una biodiversità fragile come un castello di carte al quale stavano incurantemente rimuovendo le basi che lo tenevano in piedi. Forse non erano consapevoli del fatto che molto presto quel fragile castello di carte sarebbe crollato loro addosso, irrimediabilmente.
Nel frattempo, in tutto il mondo continuavano ad uccidere.
E ad esserne soddisfatti.

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