venerdì 23 dicembre 2011

Un sanguinoso romanzo scritto in diretta

Proprio così vengono presentate ai nostri occhi le vicende di ogni singolo omicidio italiano, senza eccezioni: come un orrendo, sanguinoso romanzo scritto in diretta dalla tivù nazionale. Dove sembra quasi che i personaggi siano stati scelti con attenzione, che la trama sia stata curata minuziosamente, e che gli autori abbiano dedicato anima e corpo per rendere sempre più intricata e accattivante la storia, raggiungendo uno share paurosamente alto.
Ogni giorno danno in pasto alla folla un nuovo capitolo, accuratamente revisionato e scrupolosamente calcolato. Non vogliono di certo che l’interesse per la storia cali, altrimenti gli ascolti precipiterebbero. Perciò, la condiscono con nuovi particolari, interviste esclusive, supposizioni e teorie di differenti autorità, giudizi e opinioni di chi a malapena conosce l’accaduto, e cercano con ogni mezzo di drammatizzare il più possibile la narrazione, per darle quel sapore di romanzo giallo che alla gente piace tanto.
Un giallo all’americana, dove nulla si dà per scontato, che induce il lettore a fornire la propria versione dei fatti sulla faccenda, per coinvolgerlo ancora di più e convincerlo che la sua idea è importante, quando in realtà essa viene semplicemente veicolata per costringerlo a non cambiare libro (o, in questo caso, canale), a seguire fino in fondo la tragedia, morbosamente, per scoprire se ha indovinato chi è l’assassino.
Di conseguenza, proprio per questo motivo tutti sanno chi è stato ad uccidere la vittima, non appena la notizia dell’arresto trapela, e allo stesso modo ciascuno di loro si ricrede poco dopo, quando l’accusa viene smentita e le carte in tavola vengono rimescolate.
Così, le persone si appassionano, indossando i panni dei lettori di romanzi gialli, piccoli investigatori che cercano di svelare la verità per conto proprio, senza avere a disposizione gli elementi per farlo. La televisione di quando in quando se ne esce con una nuova notizia che, per quanto insignificante, viene divorata dagli ascoltatori con orrenda voracità, e quando non ci sono novità da vendere si passa agli esclusivi frammenti della vita privata della vittima, una vita che è stata spezzata e che non potrà più andare avanti, che desta l’interesse degli spettatori, avidi soltanto di indizi utili a costruire il proprio puzzle fatiscente.
A tal punto la tivù italiana è arrivata a commercializzare la morte della gente che, invece di fare notizia, dovrebbe far riflettere, dovrebbe stimolare le persone a pensare: ma è giusto che certe esistenze debbano finire in maniera così insensata?

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