mercoledì 14 dicembre 2011

Elogio al Dolce e Salato

Senza ombra di dubbio, sapere che il cibo è un’esperienza sensoriale completa non sorprenderà nessuno, nemmeno chi non si sia mai spinto con il proprio pensiero ad una tale riflessione. Quando mangiamo, ciascuno dei nostri cinque organi di senso è impegnato a registrare nel nostro cervello le caratteristiche del cibo che stiamo assaporando, sotto tutti i diversi punti di vista.
Così, all’approssimarsi delle portate, già i primi due sensi cominciano a rivolgere la propria attenzione sui piatti e a farne esperienza: si tratta della vista e dell’olfatto, che ci comunicano il primo impatto che quei determinati cibi producono in noi e, in base alla presentazione, forniscono una prima classificazione dell’alimento. Proprio per questo tendiamo a definire spiacevole una pietanza che non abbiamo ancora assaggiato, perché il suo odore e il suo modo di presentarsi alla vista ci inducono a dare un giudizio prematuro che condiziona in maniera irreparabile l’esperienza dei sensi coinvolti in seguito.
Tocca poi al tatto, che svolge la sua prima mansione nei casi in cui il cibo debba essere preso con le mani. Risulta essere sconosciuta ai più la funzione del tatto durante un’esperienza culinaria: essa è fondamentale per poter apprezzare appieno un alimento, infatti una delle terapie che viene adoperata nella cura dell’anoressia è per l’appunto far sì che i pazienti mangino con le mani, senza l’uso delle posate, affinché instaurino un approccio più diretto e profondo nel loro rapporto con il cibo.
Viene quindi il turno dell’udito: anch’esso svolge un ruolo molto importante, nonostante si tenda a trascurarlo. Si associa perfettamente alla seconda esperienza del tatto, che avviene quando introduciamo il cibo nella bocca. In base al rumore che l’alimento produce quando affondiamo in esso i nostri denti, e in base alla percezione tattile che l’alimento procura a contatto con la lingua, operiamo una terza classificazione.
L’ultima tappa, infine, è la principale, ossia quella del gusto. È qui che diamo la nostra definizione finale di quel determinato cibo, anche se essa sarà inevitabilmente influenzata dalla precedente esperienza degli altri quattro organi sensoriali.
Solitamente, cominciamo con del cibo salato, e lasciamo per ultimi gli alimenti più dolci, per poterci meglio gustare il palato con la deliziosa tenerezza del cioccolato o con la fluida spumosità della crema, che danno il più appropriato tocco finale ad un pasto in qualsiasi occasione, lasciando in bocca una sensazione di compiutezza e nella mente un sentimento di piacevole arrendevolezza.
Il dolce e il salato, all’interno di un’esperienza gastronomica che potremmo definire una vera e propria conoscenza, si incontrano e si sposano, rincorrendosi l’un l’altro, generando un vero e proprio assalto alle nostre percezioni che argina ogni tentativo di rimorso da parte della nostra mente. Quando il dolce segue il salato, esso annulla quel senso di rammarico imminente derivato dal mangiare stesso, e abbandona nel palato un sentimento di gradevole stupore e stordimento.
Un’esperienza culinaria che sappia coniugare sapientemente e in eguale misura il salato con il dolce può dirsi veramente compiuta. Così, dopo aver esperito dei cibi salati, nella flessibile fragranza e nella soddisfacente scabrosità del cibo, si conclude con l’amabilità dei dolci, la cui gaiezza si dipana lentamente dalla bocca verso tutto il resto del corpo, conquistando i sensi ed espugnando i pensieri, al punto tale da farci sfiorare con le punte delle dita quell’estasi tanto agognata che l’uomo si sforza di cercare da quando ha messo piede su questo mondo.

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