mercoledì 17 agosto 2011

Bambolotti di pezza

In fondo, non sembriamo altro che bambolotti di pezza.
Più mi guardo intorno e più la sconcertante, inquietante verità di quest’affermazione mi fa paura. È così. Non si può negare l’evidenza quando ci si sbatte contro il naso. La realtà è quella che è, senza alcun abbellimento artistico: nuda e cruda come ci compare sotto gli occhi, e da lì non è possibile svincolarla.
Da dove sorge questa spoglia convinzione? Da quale anfratto della nostra coscienza nasce? Beh, è piuttosto semplice capirlo: basta gettarsi un’occhiata attorno, e la percezione viene da sé. Le strade e i marciapiedi sono gremiti di interminabili file e colonne di automi che marciano sull’asfalto, teste basse e sguardi spenti, macchine in standby che non attendono altro che di ricevere ordini – o di esaurire irrimediabilmente la carica delle proprie batterie. Non è questa l’impressione che un po’ tutti sentono, in fin dei conti, ma che allo stesso tempo si preferisce tacere?
E perché non bisognerebbe parlarne, di una cosa del genere? È importante, anzi, addirittura fondamentale per la nostra esistenza. Se il mondo si presenta così al nostro sguardo significa che l’omologazione alla quale ciascuno di noi tende, giorno dopo giorno, sta avendo il sopravvento sulla nostra individualità e ci sta distruggendo. E questo, purtroppo, è un altro gradino verso la nostra stessa autodistruzione.
Bambolotti di pezza. Sembra quasi che la gente capace di pensare sia sempre meno, a questo mondo. La massa è abituata alla presenza di un leader che ragioni per conto proprio e si limiti a comunicare le conclusioni alle quali è pervenuto. Così, la manipolazione delle coscienze, tanto dal punto di vista sociale quanto da quello ideologico, avviene alla luce del sole, in tutta tranquillità, senza bisogno di maschere né tantomeno di alcun genere di sotterfugio.
Ma dietro gli occhi vitrei di questo flusso inerme di bambolotti di pezza esiste ancora un’anima? Questo viene da domandarsi, quando si assiste impotenti alle scene di devastazione più raccapriccianti. La gente muore. Da tutte le parti, in ogni Paese del mondo. I nostri mezzi di informazione ce la mettono tutta a spersonalizzare questi dati – quando si vedono costretti a pubblicarli e non possono passarli sotto silenzio – trasformandoli in banali numeri: cento morti, cinquecento morti, mille morti. Alla fine si tratta solamente di cifre e, che siano alte o basse, l’effetto rimane comunque quello di un rumore all’interno di un ambiente ovattato.
Che cosa si può fare per riaccendere una scintilla in fondo alla vacuità delle pupille delle persone? Forse chi non vive certe situazioni non è neppure in grado di immaginarle. Nonostante tutto, però, sono ancora convinto che ci sia del potenziale nell’animo della gente. Un brandello di coscienza che attende soltanto di essere risvegliato. Ciò che rende ciascuno di noi molto di più di un mero automa. Molto di più di un semplice bambolotto di pezza.

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