sabato 26 novembre 2011

The Walking Dead - Amore e Morte - Capitolo IV


Faceva veramente freddo, non c’era altro da dire. Billy si stringeva quanto più possibile nel suo pesante cappotto imbottito, eppure tremava e batteva i denti. Ogni suo respiro si condensava in nuvolette bianche di vapore, che a tratti gli annebbiavano la vista e subito dopo la lasciavano nuovamente nitida, scomparendo.
Stava immobile come un cacciatore a pochi passi dalla propria preda dopo un inseguimento denso di impensabili retroscena, con la schiena appoggiata al tronco rugoso di un grosso albero e il fiato corto. Doveva riprendere aria prima di agire, ed essere assolutamente lucido.
Il ticchettio dei suoi denti si spense mentre il fruscio alle sue spalle si intensificava, e il ragazzo non poté evitarsi di pensare a sua madre, a suo padre e al suo fratellino, molto probabilmente ridotti in quello stesso stato, o peggio.
Chiuse gli occhi un istante. Li riaprì bruscamente, assorbendo la compassione e rigurgitandola nei muscoli delle braccia sottoforma di odio. Staccò la schiena dalla corteccia porosa dell’albero, si spostò di lato con un passo, volgendo il viso nella direzione opposta a quella verso cui guardava un attimo prima, e con tutta la sua forza fece roteare il badile che reggeva in mano e l’estremità di metallo cozzò in pieno contro la faccia del morto.
Lo zombie gorgogliò sangue dalla bocca e crollò a terra, gemendo.
Billy gli fu sopra in un attimo: impugnò meglio il manico della pala e la scagliò di taglio verso il basso, conficcandola nella testa sanguinolenta della creatura agonizzante ai suoi piedi.
Anche quell’essere orrendo era stato un ragazzo, tanto tempo fa. Proprio come lui. Ma adesso non era più niente, nemmeno un animale. Era una cosa che camminava e rischiava di far inciampare decine e decine di esistenze, sospingendole nell’abisso del nulla infinito. Era giusto che quell’ostacolo fosse tolto di mezzo.
Tirò fuori la pala dalla testa dello zombie, non senza una certa fatica, ed evitò accuratamente uno spruzzo di sangue che si sprigionò nell’aria. Scostò un po’ di foglie dal tappeto che aveva ricoperto il sottobosco, sospirò e incominciò a scavare.
Cercare quello zombie era stata la prima cosa che gli era venuta in mente di fare, quella mattina, appena aveva aperto gli occhi. Era già il secondo che raggiungeva casa loro in soli due giorni, e Stephanie si sarebbe spaventata a morte se lo avesse visto. Ma nasconderle la presenza di quel corpo non sarebbe comunque stato abbastanza. Era un inizio, certo, ma ne sarebbero arrivati altri. Era poco ma sicuro. Per questo doveva escogitare qualche sistema di difesa, e doveva pensarci in fretta, prima di risvegliarsi una bella mattina con la porta d’ingresso tappezzata di mani fredde e formicolanti.
Era lo zombie che aveva udito quella notte passare lungo il vialetto fuori dalla finestra della loro stanza, e la priorità della giornata era stata individuarlo e occultare ogni sua traccia. Non gli rimaneva che seppellirlo, adesso, e pulire il badile alla bell’e meglio. Stephanie pensava che fosse in giro a cercare legna buona, perciò avrebbe anche dovuto abbattere un paio d’alberi e trascinarseli dietro, una volta finito con il corpo. Tre quarti della mattinata erano già volati via, e doveva sbrigarsi se voleva fare in tempo a organizzare tutto quanto.
Quando giudicò che la buca nel terreno fosse abbastanza profonda da non far affiorare nemmeno un centimetro di pelle, Billy era completamente madido di sudore. Afferrò il cadavere per le spalle e lo trascinò nella fossa, quindi lo ricoprì velocemente di terra e ridistribuì le foglie secche del sottobosco sulla tomba appena completata. Ripulì la pala sull’erba, sistemandola il più possibile, infine cercò un albero buono per fare legna e lo abbatté in fretta e furia, ripartendo verso casa con il bottino sottobraccio.

Stephanie era in casa a preparare la cena, e Billy si era attardato fuori per finire di tagliare e accatastare gli ultimi ciocchi di legna prima che fosse del tutto buio. Era l’imbrunire, e il gelo si era fatto più tagliente e opprimente che mai. Il camino in cucina era acceso dall’alba, e a quel ritmo rischiavano di consumare più legna di quanta ne riuscissero a preparare.
L’inverno sarebbe stato lungo. Billy ne era convinto. Lungo e faticoso, e quasi sicuramente sarebbe dovuto uscire anche con la neve per tagliare altra legna, perché quella che avrebbe sistemato prima di novembre non sarebbe stata sufficiente a tenerli al caldo fino a marzo. E dopo le nevicate la legna era umida e faceva fatica a bruciare, perciò l’avrebbe dovuta tenere in casa ad asciugare…
Basta con questi pensieri negativi, adesso. Doveva tagliare, accatastare e ancora tagliare. Se non si dava da fare non poteva certo sperare che la legna fosse pronta per la prima neve, giusto? E allora ci voleva un po’ di olio di gomito, maledizione. Nervi saldi e buona volontà, e forse avrebbe potuto comprarsi la sicurezza di un’abitazione tiepida e confortevole per tutti i mesi più rigidi dell’inverno incombente.
Calò energicamente la scure sul ciocco di legno che aveva posizionato sotto di sé, e mentre si passava il dorso della mano sulla fronte per bloccare le gocce di sudore che gli stavano per colare sulle palpebre udì distintamente qualcosa. Un rumore di sottofondo, quasi un ronzio strascicato.
Alzò lo sguardo all’indirizzo della stradicciola che dalla loro casa portava verso la via principale che attraversava la vallata sottostante, e nelle ombre cremose del crepuscolo non fu in grado di distinguere pressoché nulla. Ma quel fruscio
(sono gli zombie che risalgono in massa la montagna)
in lontananza, flebile e tuttavia costante, era decisamente vero. Vero e in avvicinamento, come l’ondata di piena di un fiume traboccato oltre gli argini. Stava venendo verso di lui, e in quel silenzio quasi totale di un qualsiasi tramonto di montagna Billy si sentì gelare dentro.
Dimenticò la scure e la legna, scordò il freddo e l’oscurità. Ora tutti i suoi sensi erano concentrati su quel rumore, tesi verso di esso, smaniosi di conoscerne l’origine e al contempo terrorizzati all’idea che potesse realmente essere prodotto dai passi strascicati di un consistente gruppo di morti in marcia nella valle alla ricerca di cibo tra le montagne. Fra sé e sé pregò che non fossero gli zombie, ma nell’eventualità in cui gli andasse male… la porta di casa non era lontana, e Stephanie era dentro al sicuro. Poteva raggiungerla e sprangare l’ingresso, e dei balconi si poteva sempre occupare in seguito. Sperando che non sfondassero i vetri…
Si bloccò davanti alla facciata dell’abitazione, con i piedi sul ghiaino candido del cortile che si smarriva nelle tenebre quasi del tutto formate attorno alla sua fioca figura. E quando i fari dell’automobile in arrivo illuminarono il tratto di curva nel quale la strada veniva inghiottita dalla vegetazione, il nodo che gli si era attorcigliato nella gola si sciolse come per magia e per poco non si mise a urlare a causa della tensione che rapidamente smontava.
Stephanie comparve sbalordita oltre il vetro della finestra, con la bocca spalancata e gli occhi fissi sulla macchina che avanzava piano. Aveva le mani impegnate da un mestolo di legno, ma le dita parevano inerti, come se non si fossero mai mosse da quando era venuta al mondo. Stringeva il mestolo quasi spasmodicamente, in un riflesso incondizionato di emozioni incapaci di sprigionarsi.
L’auto entrò nel cortile con i fari alti, sicché Billy non riuscì a scorgere nulla al di là del parabrezza, e anzi fu costretto a coprirsi gli occhi con un braccio per evitare che la luce lo accecasse.
Il motore si spense e i fanali lo imitarono con uno scarto di una frazione di secondo. Era un’auto della polizia, notò immediatamente Billy scorgendo i lampeggianti posizionati sul tettuccio. Anzi, meglio ancora: era l’auto di uno sceriffo della polizia, o almeno questo diceva la scritta a grandi lettere cubitali bianche sulla fiancata blu, a malapena distinguibili negli ultimi minuti di agonizzante penombra crepuscolare.
La portiera dalla parte del guidatore si aprì cigolando e ne uscì una silhouette confusa e a malapena delineata che la richiuse prontamente. Il nuovo arrivato si levò il cappello dalla testa e raggiunse Billy in tutta calma, scandendo bene i passi sul pietrisco del cortile. Gli porse la mano con un sorriso, e il ragazzo finalmente lo vide in faccia e si rese conto che era in divisa da vicesceriffo.
«Buonasera. Il mio nome è Rick Grimes, e ho un disperato bisogno di mettere qualcosa sotto i denti.»

THE WALKING DEAD
AMORE E MORTE
SCRITTO DA DAVIDE DE BONI
ISPIRATO ALLA SERIE DI FRANK DARABONT E ROBERT KIRKMAN

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