Potremmo semplicemente restarcene qui per sempre. In
fondo, chi ci impedisce di farlo? Siamo venuti qui per rimanerci, e nessuno
potrà cacciarci, né con la forza, né cercando di inculcarci la sua convinzione.
Siamo qui, come radici di alberi mossi dal vento, le teste imbiancate
dall’inverno della vita, un sospiro che si prolunga all’infinito e che nessuno
è in grado di spegnere: sarà lui ad esaurirsi da solo, quando giungerà il
momento.
Siamo soltanto un gruppo di vecchi. La gente che passa per
la strada ci guarda con diffidenza, pensando, con ogni probabilità, che non si
ridurrà mai come noi, capelli canuti, sguardo consumato, volto scarabocchiato
di rughe che creano solchi profondi come le trincee di una guerra per la conquista
di un avamposto. Una guerra nella quale noi
abbiamo imbracciato i fucili, mentre le persone che ci osservano quasi con
disgusto, scostandosi per cederci malvolentieri il passo, erano ancora attaccate
ai seni delle loro madri a poppare latte tiepido e a frignare. Una guerra che
abbiamo combattuto per loro con le nostre
vite, versando il nostro sangue
sulla terra come un fiume di monete d’oro sonanti da scambiare per l’esistenza
di un ideale, più che di uno Stato.
Quante notti insonni è costata a ciascuno di noi, da
quando siamo ritornati, l’immagine di quel sangue così vermiglio, così
luccicante sotto i sorrisi sbilenchi e pallidi della luna, che veniva assorbito
dalla terra come dalle labbra di un vampiro intento a succhiare con avidità? La
terra si imbeveva di sangue al punto da non poterne più sopportare, eppure esso
continuava a riversarsi dalle vene aperte dei nostri amici. I nostri fratelli.
Adesso noi siamo i vecchi.
Additati quando passiamo lungo il marciapiede, scrutati da visi torvi e giovani
che dentro di sé si rifiutano di portarci quel rispetto che ostentano per una
sorta di imposizione non scritta. E magari, quando ci vedono salire zoppicando
su un autobus e ci chiedono con un falso sorriso se vogliamo sederci, quando si
alzano per cederci il posto riflettono su quanti soldi le nostre pensioni
tolgano allo Stato, e su come sarebbe molto più semplice vivere se quel denaro
non provenisse dalle loro tasse, le
tasse di loro lavoratori. Quanta
sporcizia c’è in quei sorrisi di circostanza quando ci propongono di sederci al
loro posto? C’è sporcizia e nient’altro, ecco che c’è. Loro credono che noi non
la vediamo, ma la vediamo eccome, e la sentiamo,
come proiettili che sibilano passandoci a bruciapelo sulla guancia, lasciandoci
cicatrici superficiali che scompariranno dalla pelle, ma mai e poi mai dal
cuore.
Adesso siamo qui, proprio qui, e potremmo semplicemente
decidere di non andarcene mai più. Questa è la nostra vita, e anche se vivere non è come combattere una guerra, si
tratta pur sempre di far valere le proprie posizioni. Siamo soltanto un gruppo
di vecchi, ma siamo pronti ad imbracciare le armi un’altra volta. Le artriti di
colpo si spegneranno. I mal di schiena si affievoliranno. Ogni dolore svanirà,
per lasciare spazio all’adrenalina che ricomincerà a scorrere. Ancora una
volta. Forse per l’ultima volta.
Il sole è calato, e noi vecchi ce ne rimaniamo qui,
attorno a un fuoco composto di mozziconi di sigaretta parzialmente inceneriti,
un paio di Chesterfield dagli occhi
ancora iridescenti, braci che fumano e sospirano, smorzandosi. Proprio come
noi.
Noi vecchi siamo bravi a raccontare, perché dopo tutto
quello che abbiamo visto e provato ci viene quasi naturale farlo, e con gli
anni, dopo aver ripetuto a noi stessi tutto ciò che abbiamo vissuto, abbiamo
l’esperienza sufficiente a narrare ogni fatto. Non c’è nessuno che abbia voglia
di ascoltarci, è questo l’unico problema. Avremmo storie interessanti da
raccontare. Storie di guerra, vicende che ci sono realmente accadute, non
baggianate fantascientifiche o surreali come quelle che si leggono nei libri o
si vedono per la televisione.
Adesso, però, la storia da raccontare è una sola. Siamo
qui soltanto noi, noi vecchi, e vegliamo attorno ai tizzoni fumiganti delle
nostre sigarette spente. Aspettiamo, in silenzio, passandoci uno sguardo o un
sospiro, che il sole si decida a risorgere, e ad allungare le dita calde e
rossastre dell’alba a carezzare e scuotere i nostri volti intorpiditi dal
freddo. Da quando il mondo, per arginare la piaga della sovrappopolazione, ha
imposto il limite d’età e ha cominciato a radunarci nei campi di sterminio,
abbiamo imbracciato i fucili. Aspettiamo la guerra.
L'ultima frase proprio non me l'aspettavo!
RispondiEliminaUna storia che in realtá ha molti di vero nel fondo, anche se preferirei che non fosse cosí.
Era da tanto che non leggevo in italiano ma mi stai facendo tornare la voglia con i tuoi racconti =)
Ti ringrazio! Significa che sono riuscito, allora, almeno in parte nel mio intento: ne sono felice!
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