martedì 17 luglio 2012

Gelide Tenebre Assolate - Parte 4

Smontò la tenda e la ficcò sotto uno spuntone roccia che emergeva dal terreno, gettandole sopra qualche pugno di sabbia per mimetizzarla. Era tempo di partire: non poteva rimandare oltre. Il sole era già salito, e le nuvole che navigavano su quell’oceano d’aria a vele spiegate non avevano più la maligna colorazione rossastra dell’alba, ma avevano assunto una piacevole sfumatura dorata ai bordi, quasi che Qualcuno, lassù, avesse decretato che dovevano apparire ricche.
Si incamminò, solo e silenzioso, le suole degli scarponi che sussurravano parole incomprensibili alla sabbia di quel deserto un tempo popolato. Avrebbe raggiunto la città, dove con ogni probabilità si erano asserragliati i briganti. Avrebbe scoperto in quale edificio si nascondevano e li avrebbe stanati tutti quanti, dal primo all’ultimo. E a quello che aveva ucciso la sua Nicole avrebbe riservato il trattamento più speciale in assoluto…
Charlie non poteva risparmiare quel codardo che gli aveva tolto l’unica cosa nella vita per la quale valesse la pena lottare – il nucleo dei suoi pensieri, il ricettacolo di tutte le sue speranze, la sua dolce, amata Nicole. Era una specie di legge del contrappasso, se così la si voleva chiamare – anche se quasi sicuramente Dante, udendo questa definizione associata al desiderio di una vendetta tanto sanguinosa, si sarebbe senz’altro rivoltato nella tomba come minimo un paio di volte.
Da sempre c’era un tarlo, nell’animo dell’uomo, che si chiamava Rassegnazione, e Charlie lo sapeva benissimo. Tuttavia, per questa volta – la prima, forse, nel corso della sua esistenza – aveva deciso di non dare ascolto a quel tormentoso bisbiglio che gli suggeriva di lasciar perdere, che tanto era inutile, che la morte di mille altri uomini non avrebbe riportato in vita la sua Nicole, che nulla, ormai, si poteva più fare per correggere il passato. Non intendeva prestare orecchio a queste affermazioni che andavano contro la sua volontà e la sua inestinguibile sete di vendetta. Si era visto morire sotto gli occhi i suoi genitori e la sera prima, ritornando al campo con il desiderio di riabbracciare Nicole, aveva potuto stringere tra le braccia soltanto il suo freddo corpo senza vita. Adesso basta. Non poteva e non voleva sopportare oltre il fato avverso: l’unica cosa che potesse dargli la certezza di essere l’artefice del proprio destino, oramai, era ammazzare quei briganti che con un colpo di pugnale inferto a Nicole lo avevano privato per sempre della felicità.
“Continua a ricordare che sei solo, e lo sarai per sempre” gli faceva presente qualche volta suo padre. Era una delle sue frasi preferite, ma Charlie non sapeva di preciso da dove l’avesse presa. Gli balenò nella mente così, all’improvviso, mentre camminava a passo di marcia in mezzo al deserto, un paio di centimetri sopra il manto asfaltato di una strada gremita di cadaveri di vecchie automobili sgranocchiate dalla ruggine – una ruggine che aveva lo stesso macabro colore del sangue rappreso, appurò Charlie con orrore. In fin dei conti, lui era già solo, e con ogni probabilità lo sarebbe rimasto per sempre in ogni caso, perché ormai aveva perso tutti – tranne la comunità, certo, ma loro erano in cammino verso Londra per trovare altre persone alle quali aggregarsi e, anche se cominciare una ricostruzione era il sogno di Nicole, diciamo che, perlomeno al momento, si trattava di una possibilità che nemmeno lambiva la mente di Charlie.
Si sentiva strano. Era insolito guardare il mondo da questa nuova prospettiva – una prospettiva che si sbriciolava contro un muro di cemento, come un’onda che si infrangeva addosso ad una scogliera, una prospettiva priva di futuro che proseguiva lungo un sentiero tortuoso e incerto tenendo la testa girata ad osservare il passato che si disfaceva alle sue spalle.
Era disorientato, confuso, e le immagini della sua vita insieme a Nicole gli sfrecciavano davanti agli occhi come i vagoni di un treno, sovrapponendosi al barbagli dorati che il sole produceva sulle dune di sabbia – sembra sempre assurdo, impensabile, che quando accada una cosa del genere ti passino davvero davanti agli occhi le immagini della tua vita, pare quasi un banale e mediocre espediente da scrittori, tuttavia quando ci si trova nella situazione adatta accade davvero, e in quel momento non ci si stupisce più di tanto. Era come guardare il mondo attraverso il coccio di vetro colorato di una bottiglia e scoprire che non era vero ciò che diceva la gente: non era vero che c’era sempre un po’ di luce, anche nell’oscurità più profonda.
La strada cominciava a snodarsi tra le prime abitazioni – gelide facciate senza volto dall’aria dismessa e sciupata, steccati che racchiudevano piccoli rettangoli di sabbia che un tempo erano stati verdeggianti giardini contraddistinti da gioiose voci di bambini – e serpeggiava tranquilla e sinuosa sotto il sole verso il centro della città. Charlie sogguardò le finestre infrante, orbite vuote di case in rovina, e per un momento pensò che anche casa sua doveva essere ridotta in quello stato, ormai. Aveva cinque anni, quando era stato costretto ad abbandonarla, e non ricordava più che aspetto avesse, ma qualche volta gli capitava comunque di sognarne il contorno indistinto, tratteggiato nel chiaroscuro della sera, e provava un insofferente senso di nostalgia.
A mano a mano che proseguiva, la sabbia si alzava sempre di più dal livello della carreggiata e le facciate spoglie degli edifici, in quell’atmosfera onirica e rarefatta, affondavano di pari passo, scomparendo sotto le dune fino a lasciare emergere soltanto galleggianti tetti di tegole sconnesse.
Una cosa che mancava, notò Charlie, erano i lampioni e i piloni che portavano i cavi della corrente elettrica e del telefono attraverso ogni via di ciascun quartiere. Che fine avessero fatto, solo Dio poteva saperlo. Era un’abitudine di Dio conoscere cose ignote agli esseri umani e tenersi per sé i propri segreti, rifletté scandagliando la zona con la coda dell’occhio per individuare ogni minimo movimento percepibile.
Charlie sapeva che nulla sarebbe mai più stato come prima, anche se fosse riuscito a sopravvivere. Senza Nicole al suo fianco, non aveva più senso continuare a patire le immani sofferenze che ogni nuova alba portava con sé dall’oltretomba – sofferenze sottoforma di ricordi, che lui stesso alimentava ogni giorno ma che non poteva fare a meno di risuscitare ogniqualvolta i loro accesi colori pastello si attenuavano, come avvolti in una densa e fosca caligine.
Tutto d’un tratto, un sommesso calpestio richiamò la sua attenzione verso un vicolo che si spalancava a destra, tra i tetti levitanti di due file di costruzioni conservate sotto l’inarrestabile avanzata del deserto. Si affrettò a nascondersi dietro una parete un po’ più alta e gettò un’occhiata angosciata in direzione di quella viuzza, adocchiando quattro figure che procedevano strisciando i piedi sulla sabbia – quattro uomini, uno di loro era ferito e si reggeva sulle spalle dei compagni. Erano loro, si convinse dal primo istante. Non potevano che essere loro. Quello ferito doveva essere il tizio che era entrato nella tenda di Nicolas, quasi sicuramente. Aveva sentito gli altri parlottare a bassa voce, quella notte, e dagli sporadici frammenti di conversazione che aveva udito gli era parso di capire che soltanto Nicolas era riuscito a metterne uno fuori combattimento, mentre il resto del gruppetto fuggiva. Era per questo, si disse ora, che Nicolas gli era venuto incontro per primo, la sera precedente: perché il senso di colpa gli mormorava all’orecchio che così come era riuscito a sottrarsi al pericolo forse avrebbe potuto salvare la vita anche a Nicole.
Estrasse la pistola dalla cintura, lentamente, e verificò che la sicura fosse stata rimossa. Adagio, per non fare rumore, si chinò sulla sabbia e fece scivolare fuori dal risvolto dei jeans il pugnale che teneva legato al polpaccio, la lama scintillante e ricurva che pareva un malefico ghigno quando i raggi del sole la facevano risplendere.
Uscì allo scoperto, alle spalle dei quattro uomini che arrancavano lungo la via, e li seguì senza farsi notare, a distanza di sicurezza, finché non entrarono in un grosso grattacielo che ancora spuntava per qualche piano dal terreno, introducendosi attraverso una finestra che venne immediatamente richiusa.
Charlie filò in avanti e raggiunse l’apertura. Era sigillata, e oltre il vetro opaco non si vedeva nulla. Deglutì a vuoto, cercando di ragionare sul da farsi. Se avesse fatto irruzione nell’edificio in quel modo, senza alcuna precauzione, lo avrebbero eliminato prima ancora che potesse rendersi conto di dove si trovassero esattamente i suoi avversari. Ma, di certo, aspettare sarebbe stato del tutto infruttuoso. Perciò si fece scivolare le armi lungo le braccia, all’interno delle maniche del giubbotto, e bussò fiocamente con le nocche, producendo un inatteso suono metallico.
L’ingresso si spalancò e Charlie si tuffò dentro, impugnando nuovamente la pistola e conficcando la lama nel collo del tizio che gli aveva aperto la finestra, facendolo stramazzare al suolo, morto. Un grido di sorpresa lo accolse e lui ebbe il tempo di realizzare che l’enorme salone nel quale era piombato, dolorosamente spoglio e vasto, era in larga parte vuoto. Due uomini giacevano sul pavimento, quello che aveva appena accoltellato e il tizio ferito che era stato fatto distendere su una coperta; gli altri due, colti alla sprovvista, inginocchiati accanto al compagno in fin di vita, alzarono le mani senza cercare di opporsi.
Charlie esaminò la stanza con un’unica occhiata fugace, individuando un angolo stracolmo di viveri e bottigliette d’acqua e una parete tappezzata di armi e scatole di munizioni. Aveva fatto centro: era quello lì il covo dei predoni. Ma possibile che fossero solamente in quattro?
«Fermi lì, immobili. Avete attaccato il mio campo, ieri mattina, e ucciso la ragazza che amavo» esordì Charlie, la voce ridotta ad un sibilo dal colore tetro e minaccioso. I due uomini che gli stavano di fronte rimasero zitti, impassibili, con le mani bene in vista sopra la testa.
«Sono venuto qui per saldare il conto, e farvi fuori tutti quanti» riprese, dopo un attimo di silenzio per soppesare le parole più adatte da utilizzare. Si sentiva la gola secca, e la tremenda, feroce sensazione che tutto fosse spaventosamente sbagliato. Qualcosa non andava, si capiva subito. Non poteva essere così facile. No di certo. Doveva capire che cosa fosse fuoriposto, in quel maledettissimo salone, e alla svelta.
«Se cerchi quello di noi che ha ucciso la tua donna, ragazzo, è il tipo che sta mangiando la polvere ai tuoi piedi» gloglottò improvvisamente uno dei due uomini che lo osservavano indifferenti, quasi che fossero estranei a tutta la vicenda. Lo sguardo di Charlie cadde sul tizio che gli aveva aperto la finestra, quello al quale spuntava ancora dal collo il manico del suo pugnale. L’aveva già assassinato, senza nemmeno rendersene conto. Nicole era vendicata, pensò quasi macchinalmente. Ma allora perché sentiva ancora che qualcosa non andava?
«Siete tutti qui? È tutto qui il vostro squallido gruppo di saccheggiatori?» ruggì con disprezzo Charlie, come per ribadire la propria superiorità e il fatto che era lui a tenere puntata su di loro una pistola carica, e non viceversa.
Uno dei due uomini rise. Rise di gusto, con un tono sguaiato e fastidioso. Charlie pazientò qualche istante, attendendo che finisse, quindi si avvicinò loro di un paio di passi e sparò alla gamba di quello che se ne era rimasto in silenzio, strappandogli un lacerante urlo di dolore.
«Rispondete!» ordinò il ragazzo, puntando ora la pistola sulla fronte dell’uomo che aveva appena cessato di sghignazzare. Quest’ultimo lo fissò come istupidito, con aria alludente.
«Mi pare ovvio che non siamo tutti qui. La metà delle nostre armi, in questo momento, si trova alle calcagna della tua comunità, in mano a venti uomini pronti ad appropriarsi del cibo e dell’acqua dei tuoi compagni…» bisbigliò brutalmente il predatore, profondendosi subito dopo in una nuova, stridente risata di soddisfazione.
Un fulmine a ciel sereno trapassò la mente di Charlie, bruciando tutto d’un colpo i suoi pensieri. Premette il grilletto, e l’orribile risata del saccheggiatore si spense, echeggiando ancora per qualche istante contro le nude pareti della sala.
Charlie si proiettò fuori dalla finestra rimasta aperta alle sue spalle e si scaraventò in una corsa a perdifiato contro quel destino avverso che ancora non sembrava aver smesso di vibrare contro di lui le proprie impietose bastonate – una corsa contro il tempo per salvare i suoi compagni, che credevano di essere in cammino verso la speranza quando invece stavano semplicemente andando incontro ad una morte tremenda.
Pensò a Sam, a quanto era stato buono con lui, a tutte le volte che l’aveva aiutato – anche quella mattina, prima di andarsene, gli aveva lasciato la sua pala affinché potesse seppellire Nicole. Gli vennero in mente tutti quanti, ad uno ad uno: tutti, chi tanto e chi poco, gli avevano dato una mano in quegli anni che avevano vissuto assieme, in quei tredici anni trascorsi dalla Trasfigurazione, quando il mondo era andato a catafascio sotto lo sguardo impotente dell’umanità. Avevano lottato assieme per la sopravvivenza, fino a quella mattina, e adesso non li poteva abbandonare, non così, non con la certezza che non sarebbero arrivati vivi a vedere il tramonto dai pendii delle montagne, sognando Londra che veniva lentamente ricostruita dalle fondamenta.
Non sapeva con esattezza che cosa avrebbe fatto quando li avesse raggiunti. Sapeva che erano in numero maggiore, e che avevano armi a sufficienza per affrontare i predoni, ma un assalto alle spalle, di sorpresa, li avrebbe decimati, se non addirittura cancellati totalmente. Doveva riuscire a trovarli prima dei saccheggiatori e avvisarli della minaccia imminente, di modo che avessero il tempo per prepararsi a fronteggiare una ventina di uomini armati in uno scontro diretto.
Era incredibile che, dopo tutto quello che aveva dovuto subire in seguito alla Trasfigurazione, l’uomo fosse ancora disposto a combattere contro i propri simili – i propri fratelli, perché in fondo erano essenzialmente questo: figli della stessa razza – per un pugno di cibo e un sorso d’acqua. Per qualche tempo anche suo padre aveva creduto che la Trasfigurazione avrebbe cambiato l’uomo, rendendolo un essere migliore, più vicino alla perfezione, più cosciente del male che ciascuna delle sue azioni poteva provocare, ma alla fine aveva dovuto ricredersi quando si era visto morire tra le braccia le prime vittime dei saccheggiatori, assassinate a sangue freddo mentre tentavano di riportare all’accampamento delle coperte e delle scatolette di tonno. La fame e la sete potevano spingere gli uomini a commettere gesti impensabili, certo, ma a poco a poco i predoni si erano trasformati in avidi cacciatori di sangue, e questo non spiegava affatto la loro incapacità di accontentarsi del minimo indispensabile necessario alla sopravvivenza.
Continuò a correre seguendo la strada principale, procedendo tra le automobili consumate dall’erosione degli anni e lasciandosi indietro la città desolata, afflitta da un morbo che non si poteva più curare, un morbo ben più grave della Morte Rossa: la solitudine. Superò la zona dove fino a quella mattina sorgeva l’accampamento, quindi proseguì oltre, accelerando il passo più che poteva, il respiro affannato e gli occhi che lacrimavano per il gelo.
Sam avrebbe portato la comunità verso le montagne, come lui gli aveva suggerito di fare. Ormai era già cominciato il pomeriggio, perciò dovevano essere più o meno arrivati ai piedi della collina, vista la velocità ridotta alla quale viaggiavano. Non sapeva con precisione quando fossero partiti i predoni, ma si augurava che ci avessero messo un po’ per prepararsi all’incursione. Aveva scarse probabilità di arrivare prima di loro, ma ce l’avrebbe messa tutta per farcela.
Quasi sicuramente, Sam avrebbe seguito la via asfaltata per muoversi in direzione delle alture. Spostare un gran numero di persone in mezzo alla sabbia era più difficoltoso di quanto potesse sembrare. Questo gli dava un piccolo vantaggio, perché bene o male conosceva il territorio e sapeva dove poter tagliare dei buoni pezzi di strada senza il rischio di perdersi nelle distese della pianura desertica.
Non smise di correre per delle ore intere, la borraccia dell’acqua ancora piena che rimbalzava contro la sua coscia ogni volta che poggiava il piede a terra e il suo scarpone affondava di qualche centimetro. Il sole ardeva come non mai, tuttavia faceva un freddo insopportabile, che penetrava fin nelle ossa e trasmetteva un apatico, indomabile senso di spossatezza. Ma Charlie non si poteva fermare. Doveva salvare i suoi amici. Non era stato in grado di salvare i suoi genitori, né tantomeno la ragazza che amava, ma non si sarebbe arreso dinanzi alla possibilità di sottrarre le vite dei suoi compagni ad una morte certa e punteggiata di indicibili sofferenze.
Si fermò, immobile in mezzo al deserto, quando era quasi il tramonto. Il sole stava calando sull’orizzonte, verso terre lontane e impronunciabili, e le nuvole che gli si accalcavano addosso erano diventate come spumosi bastoncini di zucchero filato color rosa confetto. Qualche centinaio di metri più avanti, sul dorso della collina, scorgeva la sua comunità, le cui numerose figure si arrampicavano stancamente su per il sentiero. Il suo volto si distese in un ampio sorriso quando vide che erano ancora tutti quanti lì. I predoni non li avevano raggiunti, fortunatamente. Magari quei tizi che aveva fermato in città gli avevano pure mentito, per far sì che se ne andasse, rifletté, quando si rese conto che c’erano una ventina di silhouette che seguivano il gruppo più compatto da una certa distanza, procedendo a scatti e tenendosi riparate dietro i fianchi dell’altura.
Il cuore di Charlie saltò un battito. Eccoli lì, i saccheggiatori, pronti a balzare sulle loro prede impreparate nel momento più propizio. Avrebbe voluto lanciare un grido per informare i suoi amici del pericolo che stava loro alle costole, ma di sicuro non l’avrebbero sentito da così distante. I saccheggiatori avrebbero atteso finché non fossero entrati nel bosco, era poco ma sicuro. Là sotto, protetti dalle ombre degli alberi, li avrebbero potuti aggredire con più facilità, togliendoli di mezzo con un solo attacco repentino. L’unica speranza che gli rimaneva, concluse, era intercettarli prima che raggiungessero la macchia verdeggiante, alla quale si approssimavano speditamente.
Si fiondò su per il sentiero della collina, correndo a perdifiato, dando fondo a tutte le energie che erano rimaste nei suoi muscoli esausti. Doveva farcela ad ogni costo. Doveva avvertirli dei predoni, prima che fosse troppo tardi. Ogni respiro era un’intensa e inesprimibile agonia, ma doveva resistere. Non poteva cedere ora che li aveva quasi raggiunti.
Quando fu arrivato sullo spiazzo di fronte al boschetto, la comunità aveva già cominciato ad infilarsi tra la vegetazione, seguendo il sentiero sterrato, e i saccheggiatori erano ormai a pochi metri da loro, pronti ad assalirli non appena anche gli ultimi fossero scomparsi tra le fronde.
Charlie individuò Sam e pregò che lo sentisse. Aveva un unico modo per riuscire ad attirare l’attenzione dei suoi compagni sul gruppetto di predoni che li stava inseguendo. Un unico tentativo, e non poteva concedersi il lusso di sprecarlo.
Ripensò ai suoi genitori, che forse lo osservavano da lassù, e a Nicole, che aveva sempre nutrito la speranza che un giorno, da qualche parte, qualcuno cominciasse a recuperare i cocci dell’umanità e a rimetterli insieme, un pezzetto dopo l’altro, per ricostruire ciò che gli uomini stessi, attraverso la Trasfigurazione, avevano distrutto.
Fece scivolare la mano sotto il giubbotto e il maglione, a contatto con la pelle, e afferrò il ciondolo che aveva raccolto dal corpo della sua amata Nicole prima di seppellirla. Percorse con i polpastrelli i bordi di quel piccolo cuore d’oro bianco, e pregò Dio che un giorno, non troppo lontano, potesse rivederla e riabbracciarla, per non perderla mai più.
Uscì allo scoperto, impugnò saldamente la pistola con entrambe le mani, mirò al primo del gruppo dei saccheggiatori e, senza indugiare oltre, sparò.
L’eco dello scoppio si ripercosse lungo tutta la vallata, dipanandosi in ogni direzione e accavallandosi alle flebili luci sanguigne del tappeto di nubi che, dopo aver valorosamente espugnato il firmamento, lo soggiogava. Dal bosco, parte della comunità ritornò indietro allarmata e aprì il fuoco contro i predoni, ormai scoperti. Questi ultimi iniziarono a battere in ritirata, cadendo uno dopo l’altro. Uno dei fuggitivi adocchiò il ragazzo che aveva sfasciato il loro formidabile progetto di razzia e, puntandolo con il mirino del proprio fucile, premette il grilletto.
Un proiettile raggiunse Charlie e lo colpì al petto, sbalzandolo indietro e facendolo stramazzare a terra. Il suo ultimo pensiero andò alla sua dolce e amata Nicole, e vide il suo meraviglioso sorriso un attimo prima che gli occhi gli si chiudessero per sempre.
Così morì, solo in mezzo al nulla, sotto quelle gelide tenebre assolate, mentre altrove, in un luogo lontano e sfuggente, alcuni stavano iniziando a rimettere in piedi l’umanità, raccogliendo i frammenti che essa stessa aveva disseminato per tutto il mondo in seguito alla propria insensata, sconsiderata autodistruzione.
Alla fine verrà quello che tutti aspettavamo, bisbigliò una voce nella testa di Charlie prima che si facesse buio. E scopriremo che ciò per cui avevamo atteso e pazientato così a lungo altro non era che la fine stessa.

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