venerdì 28 novembre 2014

Lacrime di Cenere - Volume 1: In Fuga dalla Morte - Capitolo 3 (Anteprima)

Il mondo stava finendo, tutto in una volta sola.
La solida visione della realtà che aveva impiegato vent’anni a costruirsi si stava inesorabilmente sgretolando sotto i suoi occhi, mentre lui la osservava impotente.
Laggiù, all’esterno, oltre la sottile pellicola di vetro che lo separava dalla tiepida aria autunnale, era pieno di gente morta che camminava in strada. C’erano cadaveri che si spostavano, che passeggiavano con gli arti maciullati e il busto sfondato, che si guardavano intorno con sguardo spento ma allo stesso tempo spaventosamente vigile.
La ragazza bionda con gli occhiali aprì una delle finestre che correvano lungo tutta la parete, salendo progressivamente verso l’alto.
L’aria entrò e gli incendiò i polmoni. Poi la ragazza si sollevò sulle braccia e lentamente si issò fino a sedere sul bordo della finestra, pronta a scivolare dall’altra parte.
Era un salto di almeno quattro metri, se fosse precipitata disotto.
Ma forse era meglio cadere e spiaccicarsi sull’asfalto piuttosto che aspettare che i morti all’ingresso dell’aula si prendessero la briga di raggiungerli.
Gli studenti che tentavano invano di aprirsi un varco verso le uscite erano ancora parecchi. Altri correvano di qua e di là, senza una meta precisa, urlando e piangendo, lanciando verso il basso qualunque oggetto capitasse loro a portata di mano.
Era la follia umana di fronte alla morte, e Leonardo si rese conto che se l’avesse contagiato non ci sarebbe più stata alcuna speranza nemmeno per lui.
Come poteva essere la situazione là fuori? Si accorse di non averci neppure pensato. Se nell’aula stava davvero capitando tutto ciò a cui assisteva, com’era messo il resto della città di Padova?
Vide un ragazzo, morto pochi minuti prima, rialzarsi in piedi con terribile lentezza. Gli era stata staccata un’intera spalla a morsi, e il braccio da quella parte gli penzolava attaccato al corpo per mezzo di una sottile striscia di muscolo insanguinato. Si mise in piedi e azzannò uno degli studenti vivi che stavano ancora correndo, portandogli via una cospicua fetta di collo. Il grido di dolore del malcapitato soffocò in un gorgoglio sinistro.
Leonardo tornò a dedicarsi alla finestra. La ragazza e il ragazzo si erano portati dall’altra parte del vetro aperto, e ora stavano in piedi sul cornicione esterno che accompagnava le vetrate lungo tutto il loro percorso sulla parete.
In quell’aula non c’era più speranza. Non c’era niente da fare per quelli che erano stati attaccati, niente da fare per i morti e niente da fare per coloro che avevano perduto la ragione. La schiera di corpi ambulanti saliva sempre più rapidamente, e ormai l’aveva quasi raggiunto.
Pensò solo a sopravvivere. Lui doveva sopravvivere. L’aveva promesso alla sua Valentina, le aveva promesso che sarebbe andato a prenderla. E lo avrebbe fatto, a qualsiasi costo.
Raggiunse in fretta la finestra e si issò all’altezza del poggiolo, scivolando faticosamente oltre il vetro e aggrappandosi a una maniglia esterna per mantenere l’equilibrio, in piedi sul cornicione.
La ragazza bionda gli lanciò un’occhiata, come per chiedergli se fosse tutto quanto a posto, e Leonardo annuì.
Sogguardò l’interno per l’ultima volta, scrutando i morti che si moltiplicavano a vista d’occhio e cominciavano ad ammassarsi verso l’alto, verso i disperati che avevano cercato rifugio tra le ultime file di posti a sedere.
Poi seguì la ragazza e il ragazzo lungo il cornicione, salendo in direzione del tetto.

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