venerdì 21 novembre 2014

Lacrime di Cenere - Volume 1: In Fuga dalla Morte - Capitolo 2 (Anteprima)

Le tre porte dell’aula D del complesso didattico erano ormai ostruite dai cadaveri e dal sangue. Leonardo osservava con orrore le persone chine sui corpi a divorarli, credendo – e sperando – di trovarsi nel bel mezzo dell’incubo più vivido e spaventoso della sua vita.
Ma era sveglio, e le urla che gli squassavano i timpani ne erano la prova più dolorosa.
I ragazzi cercavano di scappare in ogni direzione, ma i morti continuavano ad avere la meglio e a scaraventarsi su di loro. Si lanciavano con le bocche spalancate, li agguantavano e li mordevano con forza, stritolandoli, spesso in più di uno alla volta. Lo spettacolo era a dir poco raccapricciante.
Che cos’erano? Da dove venivano, e cosa stavano facendo? Una folla di domande gli si accalcava in testa con violenza, pretendendo di ricevere risposte che potessero avere anche solo la parvenza di essere sensate.
Ma non aveva tempo per questo. Doveva ricacciarle indietro e pensare, o non ne sarebbe uscito.
Valentina…
Gli venne in mente all’improvviso, come il lampo di una folgore in pieno giorno. La sua ragazza era a scuola, in quel momento. A Vicenza, in classe, e forse anche laggiù stava capitando qualcosa del genere in quegli stessi minuti. Bisognava avvertirla prima che le accadesse qualcosa di orribile.
Prese il cellulare con mano tremante e faticosamente compose il numero a memoria. Lo ricontrollò un paio di volte, anche se il display gli aveva già confermato il nome pescandolo dalla rubrica, sollevando a tratti gli occhi per vedere che nessuna di quelle… cose si fosse avvicinata abbastanza da saltargli addosso. C’erano ancora molti studenti terrorizzati a fargli da scudo. Aveva un minuto, forse un minuto e mezzo.
Partì la chiamata. Suonava a vuoto.
Ti prego amore, rispondi. Rispondi subito!
«Leonardo?» sentì dall’altra parte, il tono di voce leggermente seccato. «Sono dovuta uscire dalla classe, cosa vuoi?»
Il nodo che gli stringeva la gola cominciò piano piano ad allentarsi. Per un attimo esitò. Che cosa le doveva dire? Francamente, non ci aveva pensato. Era troppo preso dall’idea di avvertirla, di dirle di nascondersi da qualche parte, ma se a Vicenza non stava succedendo niente per quale motivo avrebbe dovuto ascoltarlo?
«Cos’è tutto quel baccano? Ci sei?» lo riscosse, ancora più infastidita.
«Ti amo!» gridò, sentendo che finalmente le corde vocali si erano sbloccate.
«Anch’io, ma…»
«Ascoltami bene, perché non ho molto tempo. Nasconditi subito, hai capito? Nasconditi, e fallo in fretta! Va’ in bagno e chiudi a chiave tutte le porte, chiudile bene e sta’ nascosta! Non uscire per nessuna ragione, mi hai capito bene?» sbraitò, sull’orlo del pianto. Forse era l’ultima volta che sentiva la sua voce. L’ultima volta che le parlava.
Stava accadendo tutto troppo in fretta, non riusciva a riprendere il controllo dei secondi che scivolavano sulla pelle del suo viso, delle urla che lo riempivano di brividi, della paura alimentata dagli schizzi di sangue cremisi sulle pareti intonacate di bianco e sui fogli candidi dei libri e degli appunti di Chimica Organica.
«Ma che cosa dici? Stai…»
«Ti prego!» strillò, con le lacrime che questa volta affioravano copiosamente e gli annegavano gli occhi. «Ascoltami, fa’ come ti ho detto! Verrò a prenderti, te lo prometto. Verrò a prenderti, ma tu devi chiudere a chiave e non devi uscire per nessuna ragione al mondo, finché non sarò lì!»
«Amore, così mi spav…»
La linea cadde. Fu come se un immenso paio di forbici avesse troncato di netto la conversazione, con un unico taglio secco. Una voce femminile si sovrappose al silenzio e gli rimbombò spettrale nell’orecchio: «È stata attivata la segnalazione di emergenza. Preghiamo i cittadini di raggiungere al più presto un luogo sicuro. È stata attivata la segnalazione di emergenza…»
Buttò giù e si lasciò affondare il telefonino nella tasca dei jeans.
Doveva fare qualcosa alla svelta. Togliersi di lì, allontanarsi dall’aula. Sì, ma come?
La ragazza e il ragazzo al suo fianco lo stavano fissando. La ragazza era di bassa statura, gli occhi verdi e i capelli biondi, un paio di occhiali con la montatura spessa sul viso. Il ragazzo aveva i capelli castano chiaro arruffati, gli occhi azzurri e la paura stampata in faccia.
Furono questi gli unici brandelli del loro aspetto che riuscì a cogliere in quei pochi secondi. Poi vide la ragazza fiondarsi con determinazione verso le finestre alla loro sinistra e il ragazzo seguirla.

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