sabato 4 agosto 2012

Arriva il Bruttaio

L’aveva già sentita molte altre volte, la storia del bruttaio. Quella vecchia leggenda poco plausibile che suo zio aveva probabilmente inventato per mettergli paura. Allo zio piaceva scherzare, e il bambino lo sapeva. E la storia del bruttaio era sempre la solita, anche se lo zio ogni volta che gliela raccontava la arricchiva con nuovi particolari sempre più inverosimili.
Una volta gli aveva detto che la storiella del bruttaio la usava sua madre per mettere a letto lui e i suoi sette fratelli quando non ne volevano sapere di chiudere gli occhi. Notti buie di tempesta, e gli disse che una volta lo aveva visto. Aveva visto il bruttaio.
Lo aveva visto fuori, sotto la pioggia, che percorreva lentamente la strada trascinandosi dietro il suo carretto cigolante. O, almeno, così aveva detto. Era un uomo vecchio, curvo e gracile, che camminava adagio strascicando i piedi sull’asfalto umido. Indossava un grosso mantello lercio e puzzolente, con un cappuccio tirato sulla fronte rugosa e il viso deforme illuminato a malapena dalla lampada a olio che penzolava sulla sommità di un bastone di legno.
Il carretto che il bruttaio portava sempre con sé era pieno di bambini addormentati. Rastrellava le città, i paesi e i quartieri, passando di casa in casa a raccogliere i ragazzini che restavano svegli fino a tardi. Li caricava sul suo carretto con le ruote che sembravano urlare di dolore e lì i bambini finalmente si assopivano.
Solo che il bruttaio non li riportava più indietro. Mai più.
Quella volta, gli aveva narrato suo zio, vedendolo passare oltre la finestra si era accorto che aveva gli occhi finti, di vetro. Eppure lo stava fissando. E scorgeva distintamente i corpicini dei bambini ammucchiati nel carretto, ed era sicuro di essere il prossimo sulla lista. Era l’unico a essere rimasto ancora sveglio, nel grande stanzone dove dormiva con tutti i suoi fratelli. E il bruttaio non poteva che essere lì per lui. Per prenderlo e portarlo via.
Il bambino gli credeva. Quella volta in cui lo zio gli raccontò questa storia, rimase in silenzio ad ascoltarlo con un misto di curiosità e timore.
«Poi che cosa accadde zio?» chiese titubante. Subito dopo aver pronunciato queste parole si rese conto che in realtà non lo voleva affatto sapere.
«Il bruttaio puntò il dito contro la finestra dalla quale osservavo la strada. Era un avvertimento, e dalla paura mi addormentai all’istante. La mattina dopo mi svegliai assieme a tutti i miei fratelli, felice di essere ancora salvo, a casa mia. Sapendo che la prossima volta non avrei potuto evitare di finire su quel carretto stridente con gli altri bambini che non volevano dormire…»
Naturalmente si trattava di un’innocua leggenda per creduloni, il bambino lo capiva bene. Tuttavia, da quel giorno era sempre un po’ restio a rimanere in piedi fino a tardi. Persino all’ultimo dell’anno, quando si stava alzati ad aspettare la mezzanotte e i fuochi d’artificio. Lo zio l’anno scorso gli aveva detto che il bruttaio non passava la notte dell’ultimo dell’anno, ma lui si sentiva inquieto lo stesso. La minaccia del carretto cigolante era sempre in agguato, così preferiva non sfidare la sorte.
Ma lo zio non c’era, questa volta, e mamma e papà se ne stavano a letto già da un bel pezzo. Solo che lui non riusciva a dormire, perché era estate e faceva caldo. Il climatizzatore non era capace di dargli nemmeno un minimo di sollievo.
Fuori pioveva a dirotto. Un violento temporale, che rischiarava la stanza con i suoi flash luminosi attraverso l’abbaino di vetro sul soffitto.
Un tuono fece tremare le finestre della camera da letto e appena il boato si fu placato iniziò a udire qualcosa. Una sorta di cigolio distante, come lo sferragliare di un treno ancora lontano. Attese il lampo successivo per consultare l’orologio senza accendere la luce. Mezzanotte e spiccioli. Scostò le coperte e si alzò, avvicinandosi adagio alla finestra che dava sul giardino.
Un altro lampo trasformò per un istante la notte piovosa in una biancastra giornata di sole, e fu lì che il bambino lo vide: arrancava in mezzo alla strada, con quel carretto cigolante cosparso di corpi. Teneva il cappuccio sulla testa e il mantello gli svolazzava attorno, più nero della notte stessa.
Il bruttaio si fermò e si girò verso la sua finestra, posandogli addosso i suoi occhi di vetro. E un dito contorto e nodoso si sollevò e si puntò su di lui.

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