venerdì 4 maggio 2012

Pioggia e Fieno

Entrò nel fienile e si voltò a guardare la sua fattoria per l’ultima volta. Aspirò l’immagine sferzata dalla pioggia, la trattenne negli occhi e chiuse la porta del fienile. La fotografia scattata dal suo cervello era ancora lì, in memoria, ben distinguibile sotto le palpebre appena le abbassava.
Bene. Rimase un attimo a chiedersi se fosse meglio chiudere con il chiavistello oppure no. Valutò le due opzioni con estrema accuratezza, vagliandone le rispettive conseguenze. Alla fine, non senza un briciolo di incertezza, decise di lasciar perdere.
Aveva scelto il fienile sin dall’inizio. A dire il vero, pensava al fienile già dalla prima volta in cui l’idea del suicidio si era affacciata timidamente alla sua fantasia. Francamente, non riusciva a pensare ad un posto migliore di quello: il suo fienile, abbastanza distante dalla fattoria da farlo sentire isolato negli ultimi istanti, eppure sufficientemente vicino da rassicurarlo. Era frutto del suo lavoro. Ironia della sorte, sarebbe stato l’albero al quale si sarebbe impiccato.
Fuori diluviava, e nel fienile c’era odore di pioggia e di fieno.
Già, pioggia e fieno. Per qualche strana ragione a lui stesso sconosciuta, erano odori che Michael aveva sempre associato alla vita. Ogni volta che pensava alla morte, lasciandosi pervadere da quel vago senso di indefinito che accompagna sempre ogni riflessione sul significato dell’esistenza, percepiva quegli odori. E ogni volta che li avvertiva gli veniva inevitabilmente da pensare alla fine. Per cui, tutto sommato, farla finita proprio lì, adesso, in quel fienile con il tetto di legno picchiettato dalla pioggia, aveva un senso. Era come completare un cerchio perfetto senza mai staccare la punta della matita dal foglio. Una conclusione perfetta, per un cerchio che a guardarlo meglio si rivelava pieno di irregolarità.
Michael aveva intenzione di fare tutto quanto con estrema accuratezza, e con il massimo della calma possibile. Non aveva alcuna fretta. Dopotutto, il tempo non era più contro di lui: lo possedeva, adesso, perché esercitava il pieno controllo sugli ultimi minuti che gli restavano da consumare.
Si avvicinò alla parete di fronte alla porta d’ingresso, facendo frusciare il fieno sparso sul pavimento di legno sotto i propri passi. Qualche metro al di sotto di quel pavimento c’erano gli scheletri di almeno una dozzina di neonati, e Michael lo ricordò mentre si avvicinava al rotolo di corda per la legna appeso ad un chiodo arrugginito conficcato nella parete. Era un pavimento macchiato di sangue, rimosso più e più volte per seppellire i figli che lui e sua moglie non avevano voluto. Corpi appena nati, perché lui detestava anche solo parlare di metodi contraccettivi e Rachel era sempre stata contraria alla pratica dell’aborto. Così, quando nascevano, non potevano fare altro che nasconderli sottoterra e dimenticare che fossero mai esistiti.
Prelevò la corda dal chiodo piegato e con una scala a pioli si aiutò a salire fino alla trave centrale del fienile, alla quale legò un capo con un solido nodo. All’altra estremità intrecciò abilmente un cappio e lentamente se lo passò attorno alla testa, con lo stesso movimento che compiva Rachel quando si metteva la sua collana di finte perle.
In piedi su uno degli ultimi pioli della scala, con il nodo scorsoio che già gli stringeva lievemente il collo, Michael guardò giù. La mano sinistra di Rachel, incrostata di sangue, emergeva dal mucchietto di fieno accatastato là in fondo. Da lì sopra riusciva addirittura a scorgere il freddo luccichio della sua fede nuziale, ancora saldamente ancorata all’anulare.
Sorrise debolmente, con un’espressione incredibilmente amara. Pioggia e fieno. Tutto quello che era rimasto a dirgli addio. Be’, addio.
Il pavimento incominciò a muoversi. Il fienile fu rapidamente invaso da un orrendo rumore di graffi, come di unghie non ancora del tutto formate che grattavano il pavimento di legno da sotto. Sì, il pavimento tremava, e il fieno sparso a terra si spostava come mosso da un alito di vento invisibile. La mano sinistra di Rachel si contrasse in uno spasmo d’odio, e il pavimento sussultò.
Tutt’a un tratto l’aria smise di entrare nei polmoni di Michael. L’uomo, con gli occhi strabuzzati, si lasciò cullare dall’odore di pioggia e di fieno che gli occupava le narici. Oscillava appeso alla corda, e finalmente il pavimento smise di muoversi e la mano di Rachel tornò ad essere ferma.
Pioggia e fieno. E il corpo senza vita di Michael che continuava a fluttuare nel fienile.

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