Aquilos, figlio di una delle più potenti famiglia di Sparta, osservava l’orizzonte dipinto dei colori caldi del tramonto.
Il ventiduenne dal fisico scolpito come nel marmo si trovava in un piccolo avamposto greco, presidiato da un centinaio di uomini con l’incarico di controllare i movimenti dell’esercito persiano lasciato a svernare in Tessaglia.
Dopo la sconfitta che il Gran Re Serse aveva subito, ci si poteva aspettare di tutto dai Persiani, anche un attacco a tradimento all’insaputa del Gran Re stesso. Si sapeva oramai che alcuni suoi generali iniziavano a dimostrarsi riluttanti nell’obbedire ai suoi ordini. Sebbene gli fossero attribuite origini divine, qualcuno incominciava a poco a poco a dubitare del suo buonsenso.
Il messaggero arrivò di corsa, con il fiatone.
«Comandante Aquilos, arrivano. Immortali, alcune centinaia. In poche ore saranno qui» disse frettolosamente.
Aquilos rimase un momento in silenzio a riflettere. Quindi, si rivolse alle sue truppe con voce tonante: «Uomini, preparatevi. Il tempo è giunto: la bella morte che tutti attendevamo è prossima, quindi siate impeccabili, perché gli dèi vi trovino fantastici stasera quando ceneremo con loro nell’Ade!» Dopodiché, entrò nella propria tenda.