La zona da osservare era ampia, ma
sotto i suoi occhi si apriva uno spettacolo mozzafiato.
Billy scrutò a lungo con i suoi
cannocchiali la valle, le colline circostanti e la strada che scendeva in
pianura. Non poteva controllare i boschi, purtroppo, perché la vegetazione era
fitta e intricata. C’era soltanto da sperare che gli eventuali zombie in marcia
lungo le vie di montagna non incappassero nella casa che ormai era diventata
sua e di Stephanie.
L’incubo dal quale si era risvegliato
poche ore prima, vivido come il ricordo di quella notte in cui la sua famiglia
era stata sterminata dai morti che avevano preso la città, gli aveva lasciato
nella mente un sapore amaro di indefinita nostalgia. Era stato terribile e allo
stesso tempo galvanizzante.
L’umanità era stata cancellata in un
pugno di giorni nella sua quasi completa totalità. Questo faceva paura, certo,
soprattutto alla luce di ciò che era rimasto – i morti, naturalmente, i morti
che camminavano e che andavano a caccia di vita per nutrirsi. Ma nel contempo
era come se il mondo, adesso, fosse tutto solamente per lui e Stephanie. E
quest’ultima considerazione appariva quasi come una consolazione, alle volte.
Una consolazione magra, sì, ma che lo aiutava ad andare avanti.
Sorvolò con un’occhiata attenta
l’intera vallata per un’ultima volta prima di abbassare i cannocchiali, e
proprio mentre li stava per riporre lo sguardo gli cadde su una delle
stradicciole sterrate che risalivano la collina disotto.
Inarcò le sopracciglia e si affrettò a
riportare il binocolo all’altezza degli occhi. Puntò in quella direzione e un
brivido di gelo sgattaiolò sulla sua schiena in corrispondenza della spina
dorsale, risalendo rapido verso le spalle e diramandosi nelle braccia.
Gli tremarono le mani, ma non distolse
lo sguardo da quel puntino nero che avanzava arrancando. L’ombra di uno zombie
che brancolava lentamente nell’aria tersa della mattinata silenziosa.
Billy sogguardò la pianura oltre la
valle. Si vedeva una città, da lì sopra. Le condizioni atmosferiche erano
piuttosto propizie, e scorgere quegli edifici alti e desolati fece venire al
ragazzo la pelle d’oca. Era strano non vedere fumo uscire dalle fabbriche, così
come era strano non scorgere alcun veicolo in movimento lungo le strade
principali. C’erano solamente automobili ferme che aspettavano di essere
divorate dalla ruggine e case vuote che attendevano il momento in cui sarebbero
finalmente crollate sulle proprie fondamenta. Tutto era stato abbandonato allo
sfacelo.
Lo zombie che stava risalendo la collina
era solo, per adesso. Ma forse si trattava di un segnale. Un avvertimento. La
prova che i morti stavano iniziando a spostarsi verso l’alto in cerca di cibo.
Se questo era vero, allora significava che la casa in montagna non era più
sicura quanto lo era stata in quelle ultime settimane da quando l’Apocalisse
era sopraggiunta…
Rivolse per un altro istante la sua
attenzione al cadavere immobile della città, quindi si lasciò cadere il
binocolo in tasca e riprese la via del ritorno.
Non raccontò a Stephanie quello che
aveva visto, quando fu arrivato a casa. La sua ragazza si sarebbe terrorizzata
all’idea che ci fosse un altro zombie su quelle montagne. Già quello del giorno
precedente l’aveva spaventata a dovere: non c’era bisogno di metterle ancora
più paura.
Si limitò a comunicarle che sembrava
tutto tranquillo e uscì a spaccare e accatastare legna per l’intero pomeriggio.
Dopo cena era esausto. Fece il giro
della casa per controllare che tutti i balconi fossero stati serrati per bene,
quindi sprangò la doppia porta d’ingresso e si infilò a letto con Stephanie.
La giovane era già sotto le coperte da
qualche minuto, e il calore del suo corpo aveva intiepidito le lenzuola e le
due spesse trapunte nelle quali si stringevano per proteggersi dal freddo. Stephanie
lo accolse immediatamente tra le proprie braccia e gli si avvinghiò addosso,
baciandolo.
«Come stai?» gli sussurrò
nell’orecchio, dolcemente.
«Bene» rispose sfiorandole il collo
con le labbra. Sentiva il corpo di Stephanie premere contro il proprio, i loro
calori mescolarsi in un unico stagno di tepore, e si lasciò rapire e inebriare
da quella magica sensazione che aveva come un retrogusto d’onnipotenza.
«Posso farti stare meglio?» volle
sapere la giovane, con voce tenera, afferrandolo e stringendolo con più forza
contro di sé.
«Penso di sì…» farfugliò Billy
sganciandole il reggiseno e immergendo il viso sulla sua pelle, baciandola e
carezzandola amabilmente.
Stephanie ridacchiò, sospirando con
fare sognante.
Billy si spogliò e tornò ad
appoggiarsi al corpo nudo della sua ragazza, sfilandole le mutandine e
spostandosi sopra di lei. Stephanie gli sorrise e lo baciò ancora, permettendo
alle loro lingue di intrecciarsi mentre lasciava entrare Billy e si abbandonava
totalmente a lui.
L’aria notturna della stanza divenne
di colpo più tiepida e accogliente che mai, mentre Billy e Stephanie si
perdevano l’uno nell’abbraccio dell’altra. Fecero l’amore finché non furono
entrambi sfiniti, dopodiché il ragazzo si sdraiò accanto alla fidanzata e il
sonno espugnò tutt’e due.
Billy si addormentò sereno. Fare
l’amore con Stephanie lo aveva rilassato. Finalmente era riuscito a distendere
un po’ i nervi e a smettere di pensare a tutti gli zombie che dalla pianura
avrebbero potuto decidere di salire in montagna da un giorno all’altro e
comparire davanti casa loro senza alcun preavviso.
Si lasciò scivolare nell’incoscienza e
affondò.
Si svegliò di soprassalto intorno alla
mezzanotte, sudato e trafelato, con il battito cardiaco che aveva raggiunto un
ritmo insostenibile. Si tirò su nel buio e si mise a sedere, cercando di
tranquillizzarsi. Aveva fatto un incubo? No, però aveva sentito qualcosa di
terrificante. Qualcosa…
Passi strascicati. Inconfondibili, a
tutte le ore e in qualunque luogo del mondo. Passi che si trascinavano strisciando
per terra. E Billy sapeva benissimo a chi, o meglio a che cosa, potevano appartenere
quei passi…
Rabbrividì. Provenivano dal vialetto
che correva appena al di là della finestra della loro camera. Oltre il vetro, dall’altra
parte del balcone. Era lì la creatura che stava trascinando i piedi sulla pietra
in un’andatura blanda e barcollante. Era lì, a un paio di metri al massimo dal
suo petto ansimante e dalla sua dolce Stephanie che gli dormiva accanto,
fortunatamente inconsapevole.
La mano dello zombie si appoggiò al
balcone della finestra della camera di Billy e Stephanie e poi si staccò e andò
avanti. Gli orrendi passi strascicati si persero nell’uniforme oscurità della
notte, scolorendo a poco a poco e tramutandosi in un rumore vago e soffuso che
sfumò nel silenzio.
THE WALKING DEAD
AMORE E MORTE
SCRITTO DA DAVIDE DE BONI
ISPIRATO ALLA SERIE DI FRANK DARABONT E ROBERT KIRKMAN
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