Leonardo si spostò verso destra,
salendo per metà sullo zoccolo del marciapiede.
Rimaneva poco spazio tra la fiancata
destra della Panda e la facciata del
condominio rivolta verso la strada, principalmente a causa delle portiere
aperte. Ma si poteva passare, e almeno fino all’altezza del muso dell’auto
sarebbero stati al riparo.
Gli zombie che si aggiravano intorno
all’ingresso del parco erano troppi per tentare una sortita. Ce n’erano altri
lungo la strada, poco più in là, ma sufficientemente distanti da poter essere
lasciati indietro con uno scatto abbastanza deciso. Bisognava solo capire come
distrarre gli zombie davanti al cancello e farli allontanare.
«Qualche idea?» mormorò Marta alle sue
spalle.
«Ci sto ancora pensando» farfugliò
Leonardo, sbirciando ancora una volta la situazione da dietro il profilo rosso
della Panda, badando bene a rimanere
nascosto.
«Potremmo salire nell’auto» propose
Giorgio, col tono di voce in cui si comunica una sensazionale scoperta.
«Potrebbero esserci ancora le chiavi all’interno. L’accendiamo e ci lanciamo
verso il cancello del parco, investiamo gli zombie e poi scendiamo dall’altra
parte per proseguire a piedi.»
«Si potrebbe fare…» ammise Leonardo,
pensoso.
«Prima dobbiamo scaricare i cadaveri
che sono rimasti a bordo. Chi dei tre ha il coraggio di farlo? Io mi chiamo
fuori» li smontò Marta, sbirciando anche lei un’altra volta per controllare che
nessuno zombie avesse registrato la loro presenza.
«Lo faccio io» la rassicurò Giorgio.
«L’idea è mia, è giusto che sia io a portarla fino in fondo.»
«D’accordo» approvò Leonardo,
lanciando un’occhiata fugace all’orologio da polso. Erano passati altri venti
minuti. Altri venti minuti lontano da Vicenza, lontano da Valentina e dalla
possibilità di salvarla.
Chissà se aveva fatto in tempo a
chiudersi nel bagno. Chissà se era ancora là, ad aspettarlo, o se era stata
aggredita nel tentativo di mettersi al sicuro. C’erano troppe incertezze,
troppe maledettissime variabili in gioco. Non gli piaceva per niente. Ma doveva
avere fiducia. Continuare a sperare, o sarebbe morto prima di scoprirlo.
«Passa a sinistra dell’auto, e da' un’occhiata ai sedili posteriori. Poi chiudi piano la portiera e spostati sui
sedili anteriori. Ti conviene farlo dall’interno, così non sarai troppo
esposto. Fai più veloce che puoi, io ti coprirò dalla fiancata destra» sussurrò
Leonardo accennando con un breve movimento del capo alla pistola che teneva
stretta tra le dita.
«Oro» concluse Giorgio, e dopo aver
lanciato un sorriso incerto a Marta si abbassò ulteriormente e scivolò
silenzioso verso la fiancata sinistra della Panda,
restando protetto dietro la portiera spalancata.
Leonardo si spostò sulla destra e lentamente
si avvicinò alla voragine delineata dallo sportello posteriore. C’era puzza di
carne e di sangue. Ma non l’odore che si respira nel laboratorio di una macelleria.
No, questo era molto peggio. Più pungente, più denso, dannatamente implacabile.
Provò a coprirsi il naso con la maglietta, ma fu del tutto inutile, così lasciò
perdere quasi subito.
Rimase basso dietro la sagoma della
portiera. Il finestrino era parzialmente calato e spruzzato di sangue fresco.
Sporse la testa verso l’interno dell’abitacolo e diede un’occhiata ai sedili
posteriori.
Giorgio, affacciato dall’altra parte,
gli segnalò che era tutto okay. Le chiavi dell’auto erano ancora inserite.
C’era un corpo sdraiato sui sedili di
dietro. Un ragazzino, i capelli impastati di sangue e un giubbotto verde
fosforescente piuttosto malandato. Accanto giaceva uno zaino, probabilmente
pieno di libri di scuola. Un morso gli aveva strappato via quasi completamente
la spalla destra.
Leonardo li guardò attentamente. Il
ragazzino morto e lo zaino che gli stava di fianco.
Libri di scuola, la promessa di un
avvenire carico di fatiche, sì, ma anche di soddisfazioni. Una promessa che era
stata sradicata come un albero troppo debole dal sopraggiungere improvviso di
un violento uragano. Tanti sogni, tante speranze: quelle del ragazzino, quelle
dei suoi genitori. Aspettative che non avrebbero mai incontrato realizzazione.
Libri che non avrebbe mai più letto.
Uno zaino che non gli sarebbe mai più pesato sulle giovani spalle. Una vita
che, oramai, non gli apparteneva più, così come tutti i sogni che si era
portata con sé.
«Cazzo…» bisbigliò Leonardo,
sentendosi avvolgere da una sempre più stretta sensazione di claustrofobia.
«Che hai detto?» gli domandò Giorgio,
afferrandolo e scaraventandolo di nuovo con forza nella realtà.
Leonardo si riprese. Scosse la testa,
facendo segno a Giorgio che andava tutto bene, e puntò lo sguardo oltre il
parabrezza macchiato di sangue, verso gli zombie davanti al cancello del parco.
Stavano ancora là, incuranti delle loro ansie, della paura che li mordeva più
forte di quanto i loro denti avrebbero mai potuto fare.
Giorgio afferrò le braccia del
ragazzino sdraiato sul sedile e le tirò verso di sé.
Il corpo cominciò a muoversi in
direzione dello sportello aperto. Giorgio lo fece scivolare piano giù dal
sedile, sull’asfalto, attento a non fare troppo rumore.
Il ragazzino morto non c’era più,
adesso, nell’abitacolo della Panda.
Restava solo il suo zaino sui sedili posteriori, e Giorgio lo lasciò perdere e
salì, tirandosi dietro la portiera e appoggiandola delicatamente.
Sui sedili anteriori c’erano due
donne. Una alla guida, con un enorme morso sul collo e la testa piegata in una
posizione innaturale. L’altra era raggomitolata ai piedi del sedile del
passeggero, come un mucchietto di ossa insanguinate.
La donna al posto di guida aveva
ancora la cintura allacciata. Giorgio la rimosse e pazientemente la fece
scorrere di lato, tenendo la donna per una spalla in modo tale da impedirle di
collassare sul volante. La spinse verso sinistra e il cadavere ondeggiò
pericolosamente per qualche secondo, per poi cadere fuori dall’altra parte
sull’asfalto.
Leonardo chiuse la portiera posteriore
destra e si avvicinò al sedile anteriore del passeggero.
Giorgio sollevò la donna ammucchiata
ai piedi del sedile, prendendola sotto le braccia, e Leonardo le afferrò le
caviglie e la trascinò verso di sé, appoggiandola a terra con tutta la cautela
di cui fu capace.
L’abitacolo era ora completamente
sgombro. Potevano andare.
Leonardo fece cenno a Marta di salire
sui sedili posteriori. Lui preferiva stare davanti. La sola idea di sedere
accanto allo zaino del ragazzino morto gli faceva venire la nausea.
Giorgio prese posto sul sedile del
guidatore e si protese verso l’esterno per afferrare la portiera e richiuderla.
Allungò la mano e strinse le dita attorno alla maniglia, e nel momento in cui
iniziò a tirare una bocca si chiuse come una tenaglia sul suo braccio.
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