venerdì 9 gennaio 2015

Lacrime di Cenere - Volume 1: In Fuga dalla Morte - Capitolo 9 (Anteprima)

Leonardo si spostò verso destra, salendo per metà sullo zoccolo del marciapiede.
Rimaneva poco spazio tra la fiancata destra della Panda e la facciata del condominio rivolta verso la strada, principalmente a causa delle portiere aperte. Ma si poteva passare, e almeno fino all’altezza del muso dell’auto sarebbero stati al riparo.
Gli zombie che si aggiravano intorno all’ingresso del parco erano troppi per tentare una sortita. Ce n’erano altri lungo la strada, poco più in là, ma sufficientemente distanti da poter essere lasciati indietro con uno scatto abbastanza deciso. Bisognava solo capire come distrarre gli zombie davanti al cancello e farli allontanare.
«Qualche idea?» mormorò Marta alle sue spalle.
«Ci sto ancora pensando» farfugliò Leonardo, sbirciando ancora una volta la situazione da dietro il profilo rosso della Panda, badando bene a rimanere nascosto.
«Potremmo salire nell’auto» propose Giorgio, col tono di voce in cui si comunica una sensazionale scoperta. «Potrebbero esserci ancora le chiavi all’interno. L’accendiamo e ci lanciamo verso il cancello del parco, investiamo gli zombie e poi scendiamo dall’altra parte per proseguire a piedi.»
«Si potrebbe fare…» ammise Leonardo, pensoso.
«Prima dobbiamo scaricare i cadaveri che sono rimasti a bordo. Chi dei tre ha il coraggio di farlo? Io mi chiamo fuori» li smontò Marta, sbirciando anche lei un’altra volta per controllare che nessuno zombie avesse registrato la loro presenza.
«Lo faccio io» la rassicurò Giorgio. «L’idea è mia, è giusto che sia io a portarla fino in fondo.»
«D’accordo» approvò Leonardo, lanciando un’occhiata fugace all’orologio da polso. Erano passati altri venti minuti. Altri venti minuti lontano da Vicenza, lontano da Valentina e dalla possibilità di salvarla.
Chissà se aveva fatto in tempo a chiudersi nel bagno. Chissà se era ancora là, ad aspettarlo, o se era stata aggredita nel tentativo di mettersi al sicuro. C’erano troppe incertezze, troppe maledettissime variabili in gioco. Non gli piaceva per niente. Ma doveva avere fiducia. Continuare a sperare, o sarebbe morto prima di scoprirlo.
«Passa a sinistra dell’auto, e da' un’occhiata ai sedili posteriori. Poi chiudi piano la portiera e spostati sui sedili anteriori. Ti conviene farlo dall’interno, così non sarai troppo esposto. Fai più veloce che puoi, io ti coprirò dalla fiancata destra» sussurrò Leonardo accennando con un breve movimento del capo alla pistola che teneva stretta tra le dita.
«Oro» concluse Giorgio, e dopo aver lanciato un sorriso incerto a Marta si abbassò ulteriormente e scivolò silenzioso verso la fiancata sinistra della Panda, restando protetto dietro la portiera spalancata.
Leonardo si spostò sulla destra e lentamente si avvicinò alla voragine delineata dallo sportello posteriore. C’era puzza di carne e di sangue. Ma non l’odore che si respira nel laboratorio di una macelleria. No, questo era molto peggio. Più pungente, più denso, dannatamente implacabile. Provò a coprirsi il naso con la maglietta, ma fu del tutto inutile, così lasciò perdere quasi subito.
Rimase basso dietro la sagoma della portiera. Il finestrino era parzialmente calato e spruzzato di sangue fresco. Sporse la testa verso l’interno dell’abitacolo e diede un’occhiata ai sedili posteriori.
Giorgio, affacciato dall’altra parte, gli segnalò che era tutto okay. Le chiavi dell’auto erano ancora inserite.
C’era un corpo sdraiato sui sedili di dietro. Un ragazzino, i capelli impastati di sangue e un giubbotto verde fosforescente piuttosto malandato. Accanto giaceva uno zaino, probabilmente pieno di libri di scuola. Un morso gli aveva strappato via quasi completamente la spalla destra.
Leonardo li guardò attentamente. Il ragazzino morto e lo zaino che gli stava di fianco.
Libri di scuola, la promessa di un avvenire carico di fatiche, sì, ma anche di soddisfazioni. Una promessa che era stata sradicata come un albero troppo debole dal sopraggiungere improvviso di un violento uragano. Tanti sogni, tante speranze: quelle del ragazzino, quelle dei suoi genitori. Aspettative che non avrebbero mai incontrato realizzazione.
Libri che non avrebbe mai più letto. Uno zaino che non gli sarebbe mai più pesato sulle giovani spalle. Una vita che, oramai, non gli apparteneva più, così come tutti i sogni che si era portata con sé.
«Cazzo…» bisbigliò Leonardo, sentendosi avvolgere da una sempre più stretta sensazione di claustrofobia.
«Che hai detto?» gli domandò Giorgio, afferrandolo e scaraventandolo di nuovo con forza nella realtà.
Leonardo si riprese. Scosse la testa, facendo segno a Giorgio che andava tutto bene, e puntò lo sguardo oltre il parabrezza macchiato di sangue, verso gli zombie davanti al cancello del parco. Stavano ancora là, incuranti delle loro ansie, della paura che li mordeva più forte di quanto i loro denti avrebbero mai potuto fare.
Giorgio afferrò le braccia del ragazzino sdraiato sul sedile e le tirò verso di sé.
Il corpo cominciò a muoversi in direzione dello sportello aperto. Giorgio lo fece scivolare piano giù dal sedile, sull’asfalto, attento a non fare troppo rumore.
Il ragazzino morto non c’era più, adesso, nell’abitacolo della Panda. Restava solo il suo zaino sui sedili posteriori, e Giorgio lo lasciò perdere e salì, tirandosi dietro la portiera e appoggiandola delicatamente.
Sui sedili anteriori c’erano due donne. Una alla guida, con un enorme morso sul collo e la testa piegata in una posizione innaturale. L’altra era raggomitolata ai piedi del sedile del passeggero, come un mucchietto di ossa insanguinate.
La donna al posto di guida aveva ancora la cintura allacciata. Giorgio la rimosse e pazientemente la fece scorrere di lato, tenendo la donna per una spalla in modo tale da impedirle di collassare sul volante. La spinse verso sinistra e il cadavere ondeggiò pericolosamente per qualche secondo, per poi cadere fuori dall’altra parte sull’asfalto.
Leonardo chiuse la portiera posteriore destra e si avvicinò al sedile anteriore del passeggero.
Giorgio sollevò la donna ammucchiata ai piedi del sedile, prendendola sotto le braccia, e Leonardo le afferrò le caviglie e la trascinò verso di sé, appoggiandola a terra con tutta la cautela di cui fu capace.
L’abitacolo era ora completamente sgombro. Potevano andare.
Leonardo fece cenno a Marta di salire sui sedili posteriori. Lui preferiva stare davanti. La sola idea di sedere accanto allo zaino del ragazzino morto gli faceva venire la nausea.
Giorgio prese posto sul sedile del guidatore e si protese verso l’esterno per afferrare la portiera e richiuderla. Allungò la mano e strinse le dita attorno alla maniglia, e nel momento in cui iniziò a tirare una bocca si chiuse come una tenaglia sul suo braccio.

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