Il mondo stava finendo, tutto in una
volta sola.
La solida visione della realtà che
aveva impiegato vent’anni a costruirsi si stava inesorabilmente sgretolando
sotto i suoi occhi, mentre lui la osservava impotente.
Laggiù, all’esterno, oltre la sottile
pellicola di vetro che lo separava dalla tiepida aria autunnale, era pieno di
gente morta che camminava in strada. C’erano cadaveri che si spostavano, che
passeggiavano con gli arti maciullati e il busto sfondato, che si guardavano
intorno con sguardo spento ma allo stesso tempo spaventosamente vigile.
La ragazza bionda con gli occhiali
aprì una delle finestre che correvano lungo tutta la parete, salendo
progressivamente verso l’alto.
L’aria entrò e gli incendiò i polmoni.
Poi la ragazza si sollevò sulle braccia e lentamente si issò fino a sedere sul
bordo della finestra, pronta a scivolare dall’altra parte.
Era un salto di almeno quattro metri,
se fosse precipitata disotto.
Ma forse era meglio cadere e
spiaccicarsi sull’asfalto piuttosto che aspettare che i morti all’ingresso
dell’aula si prendessero la briga di raggiungerli.
Gli studenti che tentavano invano di
aprirsi un varco verso le uscite erano ancora parecchi. Altri correvano di qua
e di là, senza una meta precisa, urlando e piangendo, lanciando verso il basso
qualunque oggetto capitasse loro a portata di mano.
Era la follia umana di fronte alla
morte, e Leonardo si rese conto che se l’avesse contagiato non ci sarebbe più
stata alcuna speranza nemmeno per lui.
Come poteva essere la situazione là
fuori? Si accorse di non averci neppure pensato. Se nell’aula stava davvero
capitando tutto ciò a cui assisteva, com’era messo il resto della città di Padova?
Vide un ragazzo, morto pochi minuti
prima, rialzarsi in piedi con terribile lentezza. Gli era stata staccata
un’intera spalla a morsi, e il braccio da quella parte gli penzolava attaccato
al corpo per mezzo di una sottile striscia di muscolo insanguinato. Si mise in
piedi e azzannò uno degli studenti vivi che stavano ancora correndo,
portandogli via una cospicua fetta di collo. Il grido di dolore del malcapitato
soffocò in un gorgoglio sinistro.
Leonardo tornò a dedicarsi alla finestra.
La ragazza e il ragazzo si erano portati dall’altra parte del vetro aperto, e
ora stavano in piedi sul cornicione esterno che accompagnava le vetrate lungo
tutto il loro percorso sulla parete.
In quell’aula non c’era più speranza.
Non c’era niente da fare per quelli che erano stati attaccati, niente da fare
per i morti e niente da fare per coloro che avevano perduto la ragione. La
schiera di corpi ambulanti saliva sempre più rapidamente, e ormai l’aveva quasi
raggiunto.
Pensò solo a sopravvivere. Lui doveva sopravvivere. L’aveva promesso
alla sua Valentina, le aveva promesso che sarebbe andato a prenderla. E lo
avrebbe fatto, a qualsiasi costo.
Raggiunse in fretta la finestra e si
issò all’altezza del poggiolo, scivolando faticosamente oltre il vetro e
aggrappandosi a una maniglia esterna per mantenere l’equilibrio, in piedi sul
cornicione.
La ragazza bionda gli lanciò
un’occhiata, come per chiedergli se fosse tutto quanto a posto, e Leonardo
annuì.
Sogguardò l’interno per l’ultima
volta, scrutando i morti che si moltiplicavano a vista d’occhio e cominciavano
ad ammassarsi verso l’alto, verso i disperati che avevano cercato rifugio tra
le ultime file di posti a sedere.
Poi seguì la ragazza e il ragazzo
lungo il cornicione, salendo in direzione del tetto.
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