Nel
silenzio del loro scompartimento, Roberto e Francesca si erano sistemati come
meglio avevano potuto. I sedili non erano perfettamente allineati, sicché
dormire sdraiati su tre di essi avrebbe fatto venire un mal di schiena
intollerabile nell’arco di un paio d’ore. L’unica soluzione era addormentarsi
seduti, con la testa appoggiata a qualcosa di morbido. Non era comodo, certo,
ma almeno sarebbero riusciti a riposare un po’.
Roberto
prese uno dei due sedili accanto al finestrino e Francesca, dopo un attimo di
indecisione, andò a sedersi di fianco a lui e fece ricadere la testa sulla sua
spalla. Lui la abbracciò.
«Andrà
tutto bene, sai amore?» le disse, con il tono più dolce possibile. Era stanco e
i suoi occhi non volevano saperne di stare aperti. Ma dovevano parlare. Doveva
rassicurarla, accertarsi che stesse bene. Già quello di cui avrebbero dovuto
discutere a Firenze era di per sé una sfida alquanto impegnativa, ma adesso che
la situazione si era aggravata…
«Lo
so» rispose lei, e non sembrava essere turbata. Gli strofinò la guancia sulla
spalla con tenerezza, come per coccolarlo. Lui le posò un bacio sulla testa,
premendo le labbra sui suoi capelli.
«Qualunque
cosa sia accaduta, vedrai che ne usciremo. In un modo o nell’altro. Anche
soltanto io e te, se sarà necessario: te lo prometto.»
Era
buio, ma riusciva comunque a distinguere la sagoma scura della sua ragazza che
si muoveva nelle tenebre. Adesso si stava sistemando addosso a lui, si metteva
più comoda.
«Prima
o poi dovremo parlare anche di quella
cosa» gli fece notare lei. Ma la verità era che ancora non si sentiva del
tutto pronto a tirare fuori l’argomento. Era stata una giornata dura, e non era
certo di essere in grado di ragionare in maniera perfettamente lucida.
«Non
l’ho scordata. Avremmo dovuto discuterne a Firenze, ma a quanto pare non ci
riusciremo.»
«Non
eravamo d’accordo, quando ne abbiamo parlato l’ultima volta a casa. Tu vuoi
tenerlo, e lo capisco. Ma io… Ecco, vedi: per me è difficile accettare una cosa
del genere. Ho paura di quello che potrebbe capitare. Vorrei dirti che è perché
temo di essere ancora troppo giovane, che è perché non sono sicura di essere capace
di occuparmi di qualcun altro al di fuori di me, ma mi sono resa conto che
sarebbero solo menzogne utili a mascherare ciò che provo realmente.»
Roberto
la ascoltava. Di colpo aveva deciso di essere sufficientemente lucido per
affrontare la questione. Anche perché Francesca non si era mai esposta con lui
fino a questo punto, e la cosa francamente lo sorprendeva. Adesso aveva voglia
di parlarne. Di parlare con lei, anche per tutta la notte, e di capire che cosa
provasse davvero. Non voleva sapere nient’altro più di questo. Nemmeno che cosa
fosse successo a tutte le persone che non riuscivano più a trovare.
«Sai,»
riprese Francesca, «la verità è che mi sto preoccupando soprattutto per me. Non
tanto per la mia famiglia, perché loro in un certo senso capirebbero. E nemmeno
per i giudizi degli altri, perché sai bene che di quelli non mi importa. Ma i
miei sogni… il mio futuro… Non so se me la sento di sacrificare tutto questo,
capisci? Non con la consapevolezza di bruciare parte delle possibilità che la
vita mi ha messo davanti. Renderei impraticabili molte strade. Troppe, per i miei gusti. E i miei
desideri dovrebbero essere messi da parte, chiusi in un cassetto e
probabilmente dimenticati là per sempre, a collezionare polvere.»
Roberto
capiva. Purtroppo, capiva perfettamente ciò che Francesca stava tentando di
comunicargli. E doveva ammettere che anche i suoi, di sogni, avrebbero subito
una brusca deviata nel caso in cui avessero deciso di scegliere la via più
difficile e tenere quel bambino. L’idea di abortire si presentava come una
soluzione così semplice… Giù una pillola, con un sorso d’acqua, e il problema
era risolto. Cancellato. Ma era giusto pensare che fosse solo un problema?
«Allo
stesso tempo, non so se voglio interrompere la gravidanza. Voglio dire, lo
abbiamo scoperto da una settimana appena. È troppo presto per decidere a cuor
leggero, eppure non ci resta molto tempo. La nostra vita è destinata a
cambiare, sia nell’uno che nell’altro caso. Nessuno potrà ridarci indietro le
infinite possibilità che cancelleremo dalla nostra strada, se decideremo di
tenere questo bambino. Così come nessuno potrà ridarci indietro questo pezzetto
della nostra anima e del nostro amore, se sceglieremo invece di estirparlo e
buttarlo via. Che sia per il rimpianto o per il ricordo, soffriremo comunque. E
la prova più difficile sarà riuscire a superare questa sofferenza insieme,
senza lasciare che si metta fra noi e distrugga tutto quello che abbiamo
costruito.»
«Niente
potrà mai mettersi fra noi, amore» sussurrò Roberto, accarezzandole la guancia.
Lei si muoveva fra le sue braccia, armeggiava con qualcosa. «Qualunque cosa
decideremo di fare, non lascerò che ci consumi al punto tale da dividerci. La
affronteremo e la supereremo insieme, per quanto alto possa essere il prezzo da
pagare. Prenderemo la decisione giusta e non ce ne pentiremo, credimi piccola
mia.»
Si
muoveva ancora accanto a lui, come se cercasse di sfilarsi qualcosa. Forse
cercava soltanto di scaldarsi, pensò Roberto. Ma dopo un paio di minuti di
silenzio la sentì tirarsi un po’ su e afferrargli la mano. Gli prese il polso,
gli toccò le dita e lo guidò nel buio. Lui non emise un fiato, lasciò che lei
lo portasse dove voleva. Sentì la propria mano scendere verso il basso, e poi
infilarsi sotto la maglia della ragazza. Sfiorò la sua pelle tiepida, salendo
con calma. Lei lo condusse verso i propri seni e lo abbandonò lì. Ecco con che
cosa stava armeggiando poco fa, ed ecco cosa si era tolta, pensò Roberto
sorridendo nell’oscurità.
Accarezzò
le curve sinuose dei seni nudi di Francesca, infilandole sotto la maglietta
anche l’altra mano per poterli afferrare entrambi. Sentì le labbra della
ragazza premere contro le sue, e una frazione di secondo più tardi le loro
lingue si stavano abbracciando nel tepore delle loro bocche.
Francesca
gli sbottonò i jeans e glieli tirò giù fino alle ginocchia, assieme ai boxer.
Il contatto delle sue mani era intimo, delicato, come con lo zampillio di una
sorgente d’acqua fresca.
Roberto
tirò su la maglia di Francesca e infilò il viso tra i suoi seni caldi. Là si
stava bene. Era il posto più bello e accogliente del mondo, e non sarebbe
voluto uscire mai più.
Francesca
intanto si era levata pantaloni e mutandine. Erano nello scompartimento di un
treno in piena notte e chiunque sarebbe potuto entrare da un momento all’altro,
ma non aveva alcuna importanza. Lui non se ne preoccupò, e lei neppure.
Semplicemente gli salì sulle gambe e divaricò leggermente le cosce scoperte, di
modo da aderire alle sue.
Roberto
percepì di nuovo la mano di Francesca afferrarlo e guidarlo, ma stavolta non lo
prendeva per il polso. Non ci fu resistenza: scivolò subito dentro di lei,
senza difficoltà, e premette un po’ di più per entrare meglio. La schiena della
ragazza si incurvò e le sue labbra emisero un lungo sospiro di piacere. Si
sentiva così in pace, in quel momento, così completo…
Francesca
iniziò a muoversi su di lui, leggera e sinuosa, rapida e silenziosa. Ansimava
debolmente, trattenendo qualche gemito di cui trapelava soltanto un’ombra
fugace. Roberto spalancò la bocca e appoggiò le labbra aperte su uno dei suoi
seni, percorrendolo con la punta della lingua mentre tenendole le mani sui
fianchi la aiutava a sollevarsi e riabbassarsi. Era una sensazione sempre
perfetta, affondare nel suo corpo. Era come un dolce naufragio, un annegamento
inconsapevole. Non esisteva nient’altro, e non desiderava riemergere. Voleva
solo morire così.
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