La
sera stava calando. La luce lattiginosa che penetrava attraverso il mantello di
nuvole plumbee disteso sul cielo non faceva che diminuire d’intensità, ogni
minuto un po’ di più. Le tenebre sarebbero arrivate in fretta, probabilmente
senza che la pioggia desse il minimo cenno di volersi placare. L’idea del buio
faceva paura, così come quella del freddo. Per adesso, comunque, stavano ancora
tutti bene.
Il
controllore di Trenitalia aveva fatto
il giro di tutti i vagoni e chiesto a ognuno di mettere in comune un po’ di
cibo, se ne avessero avuto con sé da qualche parte. Era poi tornato davanti
alla porta chiusa della cabina di guida con un sacchetto pieno di cracker,
biscotti, bottigliette d’acqua sigillate e merendine varie. C’erano anche un
paio di mele, assieme al bottino, e una banana. Posò tutto quanto a terra e
indirizzò un mezzo sorriso a Roberto, mormorando: «Speriamo di non trovarci
costretti a distribuire questa roba.»
«Siamo
bloccati qui già da otto ore. Se avessero dovuto mandarci qualcuno, l’avrebbero
già fatto» gli fece notare Francesca, con una certa nota di tristezza nel
colore limpido della voce. «Ho paura che il signor Nicola abbia ragione. Che
davvero sia successo qualcosa di brutto.»
«Nicola
è partito tre ore fa. Mi sembra strano che ci stia mettendo così tanto…»
farfugliò Roberto, osservando distrattamente il pigro ticchettio delle lancette
sull’orologio da polso.
«Potrebbe
essere un buon segno. Magari ha trovato qualcuno e si è fermato a fare un giro
di telefonate» congetturò il controllore, davvero poco convinto.
«Continuo
a pensare a quell’uomo. L’uomo nel corridoio del vagone. Sembrava così… felice! Era raggiante, come uno che ha
appena scoperto di aver incassato per sbaglio un assegno coperto da mezzo
miliardo» sussurrò Roberto, pensieroso. «Non lo so fino a che punto abbia a che
fare con questa storia, ma sento che è importante. Inoltre… credo di averlo sognato,
poco prima di incontrarlo.» C’era voluto tutto il suo coraggio per dirlo, ma
alla fine era riuscito a farlo venire fuori. Era stato difficile, ma almeno
adesso lo sapevano anche loro.
Lo
osservarono perplessi. Non una parola. Lo esortavano tacitamente a continuare.
«Ho
avuto un incubo, mentre viaggiavamo. Un incubo molto vivido, e nemmeno mi
ricordo il momento in cui ho preso sonno. Ho sognato che il treno si tuffava
nelle gallerie e che fuori, nell’oscurità, c’era qualcosa. Ma prima delle
gallerie ho visto quel vecchio aprire la porta dello scompartimento e infilare
dentro la testa. Si è ritirato quasi subito, scusandosi per l’intrusione. Ma
sorrideva. Lo stesso sorriso che poi mi ha propinato nel corridoio del vagone.»
«Sicuro
di averlo visto davvero in quel
vagone? E sicuro che fosse stato un sogno, quando ha messo dentro la testa?»
s’informò il controllore, disorientato.
«Non
ho visto nessuno sbirciare nel nostro scompartimento» assicurò Francesca. «E io
non mi sono addormentata. Ma le gallerie le abbiamo passate davvero, Roberto. E
faceva un gran freddo. Comunque ricordo che sei uscito in corridoio e ti ho
sentito scambiare due parole con qualcuno.»
«Tutta
questa faccenda sta diventando sempre più inverosimile, ragazzi. Temo di aver
perso il controllo della situazione» brontolò il controllore rimettendosi in
piedi. «Ci sono un sacco di fumatori che mi hanno chiesto di poter uscire a
farsi una sigaretta, e io li sto trattenendo qua dentro senza alcun motivo
logico. Non vorrei ricevermi la mia bella lavata di capo per questo, se capite
cosa intendo. Inizio a dubitare di aver agito bene, lasciando che la fantasia
avesse la meglio.»
«Ma
non c’è niente di inventato!» saltò su Roberto, leggermente spiazzato da quelle
parole.
«Può
darsi. Ma sono un pubblico ufficiale, in questo momento, e non sto seguendo le
procedure di emergenza alle quali mi dovrei attenere. Sto tenendo segregate
centododici persone in questi vagoni stretti e puzzolenti soltanto per un pugno
di sensazioni. E ora questa storia
del sogno. Se permettete, comincio a dubitare della mia stessa capacità di
giudizio.»
«A
queste conclusioni ci siamo arrivati insieme,
se non sbaglio» gli fece notare Francesca, cercando di difendere il suo
ragazzo. «E mi pare che nulla le abbia ancora sconfessate. Oltretutto, il
signor Nicola non è ancora tornato, e anche questo non è normale. Capisco che
ci sia brutto tempo, e capisco anche che possa aver bucato o che so io… Ma mi
sembrano un po’ troppe coincidenze tutte lo stesso giorno e nello stesso posto.
Sono forse l’unica a pensarlo?»
Il
controllore aprì la bocca per ribattere e poi la richiuse lentamente.
«Anche
a me si sono rizzati i peli delle braccia quando ho sentito quell’urlo un paio
d’ore fa, e per un istante ho creduto che stessimo sprecando il nostro tempo
invece di aiutare queste persone che aspettano soltanto di poter arrivare a
destinazione. Era solo un ragazzino che gridava perché il fratellino più
piccolo gli aveva morso il braccio, ma non lo sapevamo. Abbiamo reagito subito,
correndo a vedere, perché ci aspettavamo il peggio. Se non avessimo costruito
tutte quelle congetture sul vecchio che ho visto nel nostro vagone avremmo
potuto ignorare quel grido, e magari si sarebbe potuto trattare di una cosa
seria» illustrò Roberto con prudenza, mostrando come anche lui fosse
ossessionato dai dubbi, ma allo stesso tempo facendo vedere che tutto sommato
stavano ancora agendo nel migliore dei modi.
Il
controllore si risedette pesantemente accanto a loro. Francesca guardò fuori e
sbadigliò.
«Non
lo so se stiamo davvero dando i numeri» riprese Roberto, a bassa voce. «So solo
che non siamo in mezzo al deserto, né tantomeno in alta montagna o su di una
dannata isola. Si sarebbero dovuti accorgere del mancato arrivo di questo
treno, e avrebbero dovuto mandare qualcuno a dare un’occhiata lungo le stazioni
fra Padova e Firenze.»
«E
quello cos’è?» sibilò Francesca impaurita, indicando un punto imprecisato al di
là del finestrino.
Gli
altri due si avvicinarono al vetro bagnato dalla pioggia per guardare. Scorsero
un globo di fuoco in lontananza, dietro il profilo tarchiato della stazione
ferroviaria. Una fiammata che si levò alta nel cielo come una lingua intenta a
leccare le nuvole, e che poi si ritirò lasciando dietro di sé una scia fumosa e
nerastra.
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