Con questa sentenza che vorticava di bocca in bocca la gente è scesa nelle piazze, il 2 maggio 2011, festeggiando la caduta di uno dei leader terroristici più temuti della storia, quello che aveva commesso l’attacco contro l’Occidente più forte e spaventoso che si fosse mai visto: l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, che lasciò a bocca spalancata miliardi di volti attoniti, dipingendo di terrore sguardi muti e segnati dall’inquietudine.
Una dimostrazione della lunghezza del braccio armato di Al Qaeda. La prova del fatto che nulla era troppo difeso o irraggiungibile per loro, che erano in grado di far vacillare – e, forse, anche di rovesciare – un qualunque impero nel giro di sole ventiquattro ore. Un colpo duramente incassato dall’America, il crollo di quello che era il simbolo supremo dell’economia occidentale e non solo: una strage di decine di innocenti, i quali tra l’altro costituivano un apparato di menti che era stato faticosamente messo insieme nell’arco di anni.
Da quel giorno indimenticabile l’America e l’Occidente iniziarono a conoscere la paura.