«Per adesso, l’essenziale è non farci
beccare. Abbiamo tempo, e senz’altro le risorse non ci mancano. Ma il progetto
va escogitato minuziosamente, altrimenti rischiamo di far saltare l’intera copertura.
D’accordo?»
Gli occhi erano puntati su di lui. Tutti gli occhi, e questo significava
che lo stavano ascoltando. Era sicuro di aver esposto con sufficiente chiarezza
la situazione, ma allo stesso tempo temeva che qualcuno dei presenti non avesse
pienamente afferrato la delicatezza dell’operazione in ballo. Ma, d’altro
canto, non era un problema suo: i rischi erano stati svelati, e adesso spettava
a ciascuno di loro prendere una decisione.
Bisognava agire, e bisognava farlo in
fretta se si voleva arginare il problema prima che assumesse le colossali
proporzioni di una calamità biblica.
«Io ci sto, sceriffo. Conti pure su di
me» approvò Jason Krain con fare deciso e sprezzante.
«Non lo so, a dire il vero scorgo
molta foschia su quest’operazione…» borbottò incerto Steve Corall, grattandosi
furtivamente la punta del naso.
«Ti capisco, Steve. Gli elementi che
abbiamo sono pochi, ma forse stavolta basteranno a incastrare quel bastardo una volta per tutte» sentenziò risoluto
lo sceriffo Gordon Fillback.
Passò in rassegna le espressioni
assorte dell’esiguo grappolo di poliziotti che sedevano attorno alla scrivania
del suo ufficio. Erano confusi e insicuri, ma allo stesso tempo leggeva sui
loro volti la convinzione che fosse necessario agire in fretta.
«Ascoltatemi. Non è come quella volta
in cui lo abbiamo messo dentro con l’accusa di corruzione e ne è uscito due
settimane dopo con la mente occupata dall’idea di vendicarsi dei poliziotti che
lo avevano beccato: stavolta è diverso. Ce l’abbiamo praticamente nel sacco, e
lo possiamo schiacciare sotto il tacco della scarpa come uno scarafaggio!»
«E chi ci dice che l’informatore sia
completamente affidabile, o che non sia stato addirittura depistato?»
intervenne uno dei poliziotti, dubbioso.
«L’informatore è troppo vicino al
nostro uomo perché possa essere stato raggirato, e allo stesso tempo lo detesta
talmente tanto da essere disposto a qualunque cosa pur di vederlo finire dietro
le sbarre per un lungo, lunghissimo periodo di tempo» ribatté tranquillamente
Gordon Fillback. «Parlo di sua sorella,
naturalmente.»
Un mormorio concitato attraversò
l’ufficio da una parete all’altra, smuovendo la polvere che si era accasciata
sugli angoli più inaccessibili del pavimento. Lo sceriffo Gordon Fillback
avvertì chiaramente la tensione elettrica che per qualche istante fluì
all’interno dell’ambiente.
«Sua sorella? Questo cambia le carte
in tavola, sceriffo. Decisamente»
commentò Steve Corall massaggiandosi l’estremità del mento.
«Già. Allora, che ne dite?»
«Dico che ci stiamo tutti quanti. Non
è vero?»
Un unico cenno d’assenso sgattaiolò da
uno sguardo all’altro, emergendo come un’automobile a fari spenti da un banco
di nebbia particolarmente fitto.
«Allora andiamo ad ammanettare quel
cane di Joey Goode!» concluse lo sceriffo Fillback alzandosi senza indugio
dalla sedia e afferrando vigorosamente la pistola d’ordinanza riposta all’interno
del primo cassetto della scrivania.