Estratto
di un articolo mai pubblicato indirizzato al New York Times, datato 12 settembre 2001:
«[…] Sconvolta dal terrore, l’America
è rimasta senza parole. Perché questo orrore? Perché questa follia? Che cosa
significa tutto questo sangue che sporca le strade di New York, quest’unico grido
che si è levato all’unisono da una città martoriata?
«Gli aerei dirottati trasportavano
passeggeri innocenti. Le Torri erano piene di persone innocenti. Il Pentagono,
altro bersaglio dell’attacco terroristico, ha perso uomini innocenti.
«Era tutta gente libera! Tutta gente
libera che non aveva colpa, se non quella di trovarsi nel posto sbagliato al
momento sbagliato. E ha dovuto pagare, per questo, pagare a caro prezzo,
versando una moneta di scambio dal valore inestimabile che nessuno potrà mai
restituire: il proprio sangue, le proprie vite di cittadini liberi!
«Il conto che ieri, 11 settembre 2001,
è stato presentato agli Stati Uniti è risultato troppo salato per poter essere
saldato. Il mondo ha un debito con queste persone e con le loro famiglie. Tutte
vittime di un gioco di potere immenso, al quale si erano rifiutate di prendere
parte.
«E adesso, che cosa rimane di tutti
loro? Nient’altro che cenere…
«Cenere che fiocca sulle strade di New
York come una macabra nevicata fuori stagione.
«Che cosa possiamo chiedere noi, a
questo punto? Possiamo rendere grazie a qualcuno? Dobbiamo puntare il dito e
imbronciarci, pretendendo che venga fatta giustizia? Giustizia… Che cosa significa
giustizia, quando quasi tremila
cittadini liberi e innocenti perdono la loro vita inutilmente? Quale valore
assume quest’unica parola, dinnanzi agli eventi che ieri hanno violato
brutalmente i nostri occhi e gettato un’ombra incancellabile sopra i nostri
pensieri?
«Non esiste giustizia. Non c’è niente
di giusto in ciò a cui le strade di New York sono state obbligate ad assistere.
Non rimangono parole in grado di descrivere lo stato di panico raccapricciante
in cui la città è precipitata immediatamente dopo l’attacco.
«Che cosa possiamo augurarci, allora,
se non resta orizzonte di giustizia in grado di consolarci? Possiamo forse
pregare che quelle anime libere e innocenti finiscano in un posto migliore?
Possiamo sperare che le loro famiglie siano ancora capaci di dormire sonni
tranquilli, e di svegliarsi la mattina senza versare una sola lacrima e di
tirarsi in piedi senza maledire se stessi, senza ricadere nei rimorsi e nelle
recriminazioni? No. Tutto questo non è più auspicabile. E chi ha partorito
questa strage, questo attentato alla libertà umana, diretto al cuore pulsante
della vita, lo sa meglio di tutti quanti noi.
«Che cosa ci resta da fare a questo
punto, dunque? Permettetemi di concludere dicendo che io, in fondo, un’idea ce
l’avrei.
«Possiamo desiderare, in cuor nostro,
che chi ha rubato paghi. Possiamo anelare alla cancellazione dei nostri terribili
ricordi. Possiamo mirare a una giustizia terrena che, per quanto inconsistente,
ci faccia sentire appagati. Oppure, e questa a mio avviso è la strada migliore,
possiamo prometterci di fare tutto ciò che è in nostro potere per difendere la
libertà e l’innocenza del popolo umano, e per far sì che questo 11 settembre,
orrendo e devastante oltre ogni naturale concezione, non si ripeta.»