Nel
silenzio del loro scompartimento, Roberto e Francesca si erano sistemati come
meglio avevano potuto. I sedili non erano perfettamente allineati, sicché
dormire sdraiati su tre di essi avrebbe fatto venire un mal di schiena
intollerabile nell’arco di un paio d’ore. L’unica soluzione era addormentarsi
seduti, con la testa appoggiata a qualcosa di morbido. Non era comodo, certo,
ma almeno sarebbero riusciti a riposare un po’.
Roberto
prese uno dei due sedili accanto al finestrino e Francesca, dopo un attimo di
indecisione, andò a sedersi di fianco a lui e fece ricadere la testa sulla sua
spalla. Lui la abbracciò.
«Andrà
tutto bene, sai amore?» le disse, con il tono più dolce possibile. Era stanco e
i suoi occhi non volevano saperne di stare aperti. Ma dovevano parlare. Doveva
rassicurarla, accertarsi che stesse bene. Già quello di cui avrebbero dovuto
discutere a Firenze era di per sé una sfida alquanto impegnativa, ma adesso che
la situazione si era aggravata…
«Lo
so» rispose lei, e non sembrava essere turbata. Gli strofinò la guancia sulla
spalla con tenerezza, come per coccolarlo. Lui le posò un bacio sulla testa,
premendo le labbra sui suoi capelli.
«Qualunque
cosa sia accaduta, vedrai che ne usciremo. In un modo o nell’altro. Anche
soltanto io e te, se sarà necessario: te lo prometto.»
Era
buio, ma riusciva comunque a distinguere la sagoma scura della sua ragazza che
si muoveva nelle tenebre. Adesso si stava sistemando addosso a lui, si metteva
più comoda.
«Prima
o poi dovremo parlare anche di quella
cosa» gli fece notare lei. Ma la verità era che ancora non si sentiva del
tutto pronto a tirare fuori l’argomento. Era stata una giornata dura, e non era
certo di essere in grado di ragionare in maniera perfettamente lucida.