venerdì 30 agosto 2013

Il Pozzo

Freddo. Freddo intenso. E una sensazione di panico, come se l’umidità altro non fosse che una conseguenza delle sue paure che si manifestano sotto forma di vapore. E la stanza si presenta scura e stretta, un piccolo cilindro dalle pareti di pietra e il pavimento ricoperto da uno strato di acqua e, più sotto ancora, di melma fangosa dall’odore nauseante e dalla consistenza insolita, come fossero pezzi di carne maciullata e tritata per bene, poi spalmata sul pavimento di marmo e lasciata a riposare nell’acqua per qualche giorno, avvolta dalle tenebre per diventare più saporita, carne umana per cena, mio caro Johnny, ti va bene un piatto di interiora? Sono ancora calde, tenute in ammollo per più di settantadue ore, cotte e salate al punto giusto. Allora, che ne dici, ti fanno gola? E ovviamente il piccolo cannibale interrogato avrebbe detto di sì, senza in realtà sapere di che cosa si trattasse, che cosa fosse la sostanza gelatinosa infilzata dai rebbi della forchetta che stava per essere introdotta silenziosamente nella sua bocca spalancata. E tuttavia l’avrebbe gustata sorridendo, e si sarebbe detto che era proprio buona, che ne voleva ancora, e in men che non si dica si sarebbe ritrovato a far rosolare sul fuoco persone vive, in carne ed ossa, che lo avrebbero supplicato di essere risparmiate, e in ogni caso lui avrebbe risposto “no, perché la carne è buona e nutriente” e avrebbe continuato nel suo lavoro di sadico cuoco delle tenebre, senza interrompere il flusso dei macabri pensieri. Apri la boccuccia, piccolo Johnny, e mangia la pappa.

giovedì 29 agosto 2013

Il 400° Post

Ebbene sì, mio Caro Lettore: quello che ho pubblicato stamattina, ossia il Capitolo 9 del romanzo a puntate "Solo andata, no ritorno", è stato il 400° post del blog "Scrivere Sotto la Luna".
Per festeggiare un numero tanto importante ho deciso di pubblicare, in questo 401° post, le nuove copertine per i progetti più importanti di "Scrivere Sotto la Luna", che pian piano inserirò anche nelle rispettive pagine.
Eccole qui, mio Carissimo Lettore:

Solo andata, no ritorno - 9

Roberto impiegò un paio di minuti ad assimilare la nuova drammatica informazione, ma alla fine si riprese e annuì in silenzio, per indicare al controllore che aveva capito.
«Ehi, venite a vedere!» li chiamò Francesca.
Il ragazzo scattò verso di lei e la raggiunse, seguito dall’uomo. Aveva paura che si fosse fatta male, ma invece non era così. Stava semplicemente guardando giù, oltre il parapetto che delimitava il tetto piano e quadrangolare della stazione. Lì erano un po’ in pendenza, perché sul cemento armato c’erano i fori di una grondaia. Un sistema come un altro per evitare che l’acqua si accumulasse, col rischio di pesare eccessivamente sulla struttura e filtrare attraverso i muri. A giudicare dalle infiltrazioni sul soffitto che avevano visto al pianterreno, non doveva essere molto efficace.
Roberto seguì lo sguardo della sua ragazza e si ritrovò a fissare il modesto parcheggio della stazione, quello che avevano intravisto dalla porta giù da basso, dal quale partiva la stradicciola che portava verso i paesi più vicini.
C’erano delle automobili parcheggiate. Le contò in fretta: erano tredici. Tredici auto ferme, spente, tutte diligentemente inquadrate tra le righe scolorite che segnavano i posteggi. Non registrò alcun movimento. Ma i veicoli c’erano. Erano lì, giusto? Allora, per forza di cose, dovevano esserci anche i conducenti da qualche parte. O, perlomeno, prima o poi sarebbero arrivati a riprendere le macchine.
«Devono averle lasciate qui per prendere il treno. E di solito non si lascia l’auto nel parcheggio della stazione per una settimana: è gente che tornerà in giornata» ipotizzò il controllore, mostrandosi abbastanza sicuro di ciò che sosteneva.

mercoledì 28 agosto 2013

Accordi nel Buio

"Accordi nel Buio" è un racconto che ho scritto quasi di getto, anche se la sua stesura è piuttosto travagliata. La prima pagina risale a un martedì sera nel novembre del 2009, dopodiché la storia è stata accantonata per un po' in qualità di racconto incompleto. L'ho ripresa in mano nel luglio del 2010, decidendo di concludere la prima stesura in un paio di sere. Ancora una volta, il racconto è finito nel dimenticatoio, finché nel marzo del 2011, frugando nel mio cassetto, l'ho riletto ancora una volta e ho deciso di sistemarlo apportando alcune decisive modifiche. Questa, finalmente, è la versione definitiva di "Accordi nel Buio", divisa in 4 parti per renderne più pratica la lettura. Buon viaggio, mio Caro Lettore!

martedì 27 agosto 2013

In Attesa di Nuove Storie

Buongiorno, mio Carissimo Lettore!
Oggi è martedì, e siamo di nuovo qui su "Scrivere Sotto la Luna" in attesa di nuove storie.
Mi dispiace di non essermi fatto sentire ieri, ma sono stato via durante il fine settimana e ho prolungato la vacanza di un giorno, purtroppo senza avere a disposizione una connessione internet.
Spero che il racconto "Accordi nel Buio" ti sia piaciuto, così come "Sospiro", l'"Orrore Breve" dello scorso venerdì. Ho qualche nuovo progetto in cantiere, e altri racconti che mi piacerebbe farti leggere, nei prossimi tempi...
Questo giovedì tocca al Capitolo 9 del romanzo a puntate "Solo andata, no ritorno". La situazione si sta facendo ad ogni pagina più intricata. Che fine ha fatto il macchinista? Perché il treno si è fermato proprio lì, in quella piccola stazione sperduta, e che fine hanno fatto tutte le persone che la occupavano prima dell'arrivo del treno da Padova?
Domani pubblicherò un post in cui saranno raccolti i link alle 4 parti di "Accordi nel Buio", in modo da rendere più comoda la lettura dell'intero racconto anche per il futuro.
Venerdì, infine, un nuovo "Orrore Breve" andrà ad aggiungersi agli altri su "Scrivere Sotto la Luna", un posto dal quale non desidererai uscire mai più.
Ti auguro dunque una buona giornata, Lettore: non mancare di venire a trovarmi anche nei prossimi giorni, quando tutte queste novità ti staranno aspettando!

venerdì 23 agosto 2013

Sospiro

Uscì nelle tenebre, richiudendo la porta di casa alle proprie spalle. Subito fu colpito da una sferzata di aria pungente. Era ancora buio, ma il sole stava iniziando faticosamente a sorgere, comparendo sulla linea dell’orizzonte e indorando languidamente il cielo scuro, spruzzando di un leggero rosso le nuvole che veleggiavano a est, lungo le vie che il vento aveva loro creato. Pigramente, i primi raggi dell’alba stavano tentando di scaldare la città ancora in parte addormentata, scagliandosi abbastanza svogliatamente contro l’oscurità predominante. Le sagome degli edifici si stagliavano indistinte nelle ombre della notte appena trascorsa, che non sembrava essere ancora pronta a cedere il mondo alla luce.
Si incamminò con calma lungo il marciapiede deserto, l’aria sottile e pungente che gli carezzava il volto senza troppa delicatezza e gli scompigliava i capelli con le proprie dita invisibili, profumo di prima mattina. Il caffè gli aveva lasciato un piacevole sapore sulle labbra e un gradevole tepore nello stomaco. Stava bene. Addirittura, quasi gli sembrava strano di sentirsi tanto bene. A quell’ora, di solito, era sempre stanco e debole, gli occhi ancora offuscati dal sonno, la mente assopita, in attesa di doversi risvegliare del tutto all’arrivo a scuola. Solitamente, non aveva proprio voglia di mettersi in piedi e uscire nell’aria gelida e affilata. Quel giorno, però, sembrava diverso, e per lui era impossibile fornire un perché a questo sereno stato d’animo. Semplicemente, si sentiva bene.
Raggiunse la fermata dell’autobus senza troppa fretta, dove già altri ragazzi attendevano in piedi, sagome indefinite nel rosseggiante chiaroscuro dell’alba appena cominciata.

giovedì 22 agosto 2013

Solo andata, no ritorno - 8

«Dove state andando con questo treno, ragazzi?» s’informò il controllore mentre salivano la strettissima scalinata interna nascosta dietro la biglietteria.
«Firenze» rispose prontamente Roberto, notando che Francesca non aveva per niente voglia di parlare.
«A trovare alcuni amici o per farvi un giro da soli?»
«Da soli. Diciamo che l’idea è quella di risolvere alcune questioni in sospeso» spiegò Roberto con una certa cautela, evitando di lasciare che il problema vero e proprio trasparisse attraverso le sue parole o il tono di voce.
«Hm hm» mugugnò il controllore, per far intendere che aveva capito. «Be’, spero che questa sosta imprevista sia breve. Quanto rimarrete a Firenze?»
«Tre giorni.»
«Cerchiamo di non farvi perdere il primo, allora» concluse, e aprì la porticina in cima alle scale, rivelando di nuovo il cielo livido.

mercoledì 21 agosto 2013

Accordi nel Buio - 4

Gli accordi della chitarra elettrica si fecero più rapidi e potenti, come se un paio di mani ben più abili si fossero posate sulle corde per farle vibrare con maggiore foga. Era giunta l’ora, considerò dentro di sé, e si mise tranquillo ad attendere ciò che sarebbe avvenuto di lì a qualche istante. L’unica certezza che aveva riguardo ciò che sarebbe successo era che a lui non sarebbe capitato nulla di brutto, perché la musica lo avrebbe protetto. La musica lo proteggeva sempre.
Un botto sordo scosse la terra, fuggendo via all’istante, e le luci dei lampioni si spensero. Per qualche secondo, tutto rimase perfettamente immobile, l’aria assente, le stelle più distanti, la luna nera, e gli accordi nel buio prodotti dalla chitarra elettrica furono l’unico rumore che percepì. Poi, subito dopo, il caos si riversò nei suoi occhi come in un unico balzo.
Un’enorme crepa scura si diramò rapidamente nell’asfalto come un fulmine giù dalle nuvole di un temporale, e gli edifici attorno cominciarono a sprofondare sotto il livello della strada, risucchiati dalla terra. Un polverone immenso avvolse il quartiere stringendolo nel proprio pugno, e gli allarmi antifurto delle auto parcheggiate a lato dei marciapiedi iniziarono ad intonare un coro di acute voci stridenti. Il cavalcavia che aveva di fronte, retto da grosse travi di acciaio incrociate, si accartocciò come una scatola di cartone vuota pressata tra i grossi palmi callosi del magazziniere di un supermercato, e le macchine che vi stavano passando sopra in quel momento si slanciarono senza un minimo di indugio verso il nulla più assoluto, le luci dei fari che si spegnevano di botto al contatto dei musi con l’asfalto dissestato.

martedì 20 agosto 2013

Piano d'Opera

Siamo quasi giunti al termine del racconto "Accordi nel Buio", mio Carissimo Lettore: domani uscirà l'ultima parte, quindi preparati a scoprire quali sorprese ha in serbo per noi la musica, questa volta...
Il romanzo a puntate "Solo andata, no ritorno" si sta facendo a poco a poco più intrigante. Stiamo entrando nel vivo della storia, finalmente. Ma ancora non hai idea di che cosa sta per succedere. Il Capitolo 8, questo giovedì, comincerà a svelare un po' di più. Ma il meglio deve ancora venire. Presto capirai con maggiore chiarezza qual è la situazione, e allora ti renderai conto anche tu, esattamente come i miei personaggi, che non c'è alcuna via d'uscita.
Ti ricordo che tutti i capitoli di "Solo andata, no ritorno" sono reperibili attraverso il pratico link che si trova in cima ad ogni pagina del blog, all'interno del riquadro "I Progetti Imperdibili del Blog".
Venerdì, infine, pubblicherò un nuovo racconto per il ciclo "Orrori Brevi": la storia di questa settimana si intitola "Sospiro", e sono certo che ti piacerà.
A presto, mio Caro Lettore. Fai attenzione a come ti muovi, tra queste pagine: ci sono sorprese ovunque che aspettano soltanto di essere scovate...

lunedì 19 agosto 2013

Accordi nel Buio - 3

Si ridestò, affiorando adagio dall’immobile superficie del lago dei pensieri, e si ritrovò in quel marciapiede dov’era stato fino ad un attimo prima, con quella chitarra elettrica che ancora gli sconquassava la testa suonando accordi intensi e inebrianti. Un’auto gli passò lenta accanto, ma non si fermò. I suoi fari facevano luccicare a malapena l’asfalto asciutto, e le stelle continuavano a non fiatare, sospese nel vuoto come occhi bramosi di udire il seguito della sua storia. Sospirò e continuò a ricordare, mentre un’eco recondita farfugliava senza tregua: Venticinque anni. Venticinque, maledizione.
Obbligò il dolore a gocciolare aspro all’interno delle sue labbra, così da poterlo assimilare con più calma e riuscire a sopportarlo. Sì, la musica era scomparsa dalla sua testa quando aveva compiuto sedici anni, e tutto era ritornato alla piatta normalità di sempre. I campionati di baseball erano andati avanti, succedendosi uno dopo l’altro. Le stagioni erano scivolate via, gli anni di scuola erano stati snocciolati rapidamente, e lui aveva fatto le sue esperienze, con l’alcol, con le macchine, con le ragazze, con le grandi e piccole delusioni che la vita riserva sempre a ciascuno di noi.
Venticinque anni…
Venticinque anni prima si era sposato con Betty Loghan, una ragazza pompon che aveva conosciuto durante l’ultimo anno di liceo, periodo in cui giocava nella squadra di football per accaparrarsi un po’ di crediti scolastici in vista della fine dell’arco di studi. L’incontro era avvenuto così come quelle cose capitano sempre: lui, durante un allenamento, l’aveva vista saltellare a bordo campo, le trecce lunghe e bionde che svolazzavano all’unisono con la gonnellina colorata troppo corta, che lasciava intravedere rapidi scorci delle mutandine. Si era subito informato su chi fosse, e il primo sabato sera in cui l’aveva incontrata ad una festa si era fatto avanti e l’aveva invitata ad uscire.

venerdì 16 agosto 2013

Aspettiamo la Guerra

Potremmo semplicemente restarcene qui per sempre. In fondo, chi ci impedisce di farlo? Siamo venuti qui per rimanerci, e nessuno potrà cacciarci, né con la forza, né cercando di inculcarci la sua convinzione. Siamo qui, come radici di alberi mossi dal vento, le teste imbiancate dall’inverno della vita, un sospiro che si prolunga all’infinito e che nessuno è in grado di spegnere: sarà lui ad esaurirsi da solo, quando giungerà il momento.
Siamo soltanto un gruppo di vecchi. La gente che passa per la strada ci guarda con diffidenza, pensando, con ogni probabilità, che non si ridurrà mai come noi, capelli canuti, sguardo consumato, volto scarabocchiato di rughe che creano solchi profondi come le trincee di una guerra per la conquista di un avamposto. Una guerra nella quale noi abbiamo imbracciato i fucili, mentre le persone che ci osservano quasi con disgusto, scostandosi per cederci malvolentieri il passo, erano ancora attaccate ai seni delle loro madri a poppare latte tiepido e a frignare. Una guerra che abbiamo combattuto per loro con le nostre vite, versando il nostro sangue sulla terra come un fiume di monete d’oro sonanti da scambiare per l’esistenza di un ideale, più che di uno Stato.
Quante notti insonni è costata a ciascuno di noi, da quando siamo ritornati, l’immagine di quel sangue così vermiglio, così luccicante sotto i sorrisi sbilenchi e pallidi della luna, che veniva assorbito dalla terra come dalle labbra di un vampiro intento a succhiare con avidità? La terra si imbeveva di sangue al punto da non poterne più sopportare, eppure esso continuava a riversarsi dalle vene aperte dei nostri amici. I nostri fratelli.

giovedì 15 agosto 2013

Solo andata, no ritorno - 7

Ci volle quasi un minuto intero di silenzio per metabolizzare ciò che Nicola aveva detto. Non erano notizie facili da digerire. Ma una spiegazione doveva esserci senz’altro. Magari si stavano preoccupando per niente, ragionò Roberto. Poteva anche darsi che dentro alla stazione ci fosse un cartello grande come una casa con su scritto CABINE TELEFONICHE NON FUNZIONANTI e che il vecchio signor Nicola non l’avesse visto. C’era anche da tenere in considerazione l’eventualità che avesse avuto la sfortuna di beccare proprio le uniche tre cabine guaste.
«D’accordo. Niente paura» intervenne il controllore, inghiottendo a vuoto. «Può succedere, non possiamo basarci soltanto sulle cabine. Chissà da quanto tempo non vengono utilizzate. In ogni stazione c’è una biglietteria. Questa non fa eccezione. Hai visto nessuno, là dentro?»
«Nessuno» mormorò Nicola, scuotendo il capo imbiancato di polvere della vecchiaia.
«Il nostro uomo potrebbe essersi andato a fare un caffè. Adesso scendo con il signor Nicola e andiamo assieme a dare un’occhiata. Nelle biglietterie ci sono sempre uno o due telefoni fissi che si utilizzano per contattare le sedi o le altre stazioni in caso di necessità. Useremo quelli, sono decisamente più affidabili delle cabine pubbliche.»
«Cercate di farvi mandare un treno in fretta, o perlomeno un autobus!» gridò qualcuno.
«Faremo il possibile, non vi preoccupate. Non siamo stati molto fortunati, a fermarci in un posto del genere. Voglio chiedere a qualcuno di voi di venire con me, per piacere. Con un cellulare. Mentre noi rintracciamo il telefono della biglietteria, ci serve qualcuno che cerchi una zona qua attorno in cui ci sia campo. Una lieve altura, o il tetto della stazione stessa.»
Roberto lanciò un’occhiata d’intesa a Francesca e alzò la mano. «Veniamo noi!» Voleva vederci chiaro, in quella faccenda, e forse l’unico modo per sapere che cosa nascondesse il controllore era uscire da quel vagone affollato e parlarci a quattr’occhi.

mercoledì 14 agosto 2013

Accordi nel Buio - 2

Lì davanti c’era un cavalcavia che passava sopra la strada, un ponte sostenuto da grosse travi d’acciaio intrecciate che gli davano in complesso un’immagine di ordine e di equilibrio. Pensò che, in fondo, l’universo era dettato da leggi ordinate che conferivano equilibrio ad ogni ente ed evento, e quel viadotto rifletteva perfettamente lo schema che regolava il cosmo. Ma l’unica cosa che usciva da questo rigido modello, da questo saldo scheletro che teneva in piedi tutto quanto, era la mente umana. La capacità dell’uomo di pensare, di provare sentimenti ed emozioni, di desiderare, rappresentava il solo punto di colore nell’omogeneità trasparente di quell’immensa forza regolatrice che governava su tutto.
Aveva voglia di fuggire, ma non poteva muoversi. Era lì che la musica lo aveva portato, e non aveva intenzione di disobbedire per la prima volta in tutta la sua esistenza agli accordi che lo guidavano facendolo brancolare nel buio. Una chitarra elettrica era uno strumento energico e potente. Quando suonava, dava l’impressione di incendiare l’aria attorno a sé. Doveva essere proprio quello il rumore sfrigolante che producevano i fulmini a contatto con l’atmosfera, quello di una chitarra elettrica, e per questo presagiva un evento che avrebbe oscurato tutti quelli già vissuti con la propria immensa ombra tetra.
Da quando sua moglie l’aveva lasciato, dopo venticinque lunghi anni di matrimonio votati a lavorare duramente per lei, per la casa che avevano comprato, per la famiglia che avevano costruito – ormai i figli erano abbastanza grandi da camminare con le proprie gambe per le affollate strade del mondo – non si sentiva più se stesso. Aveva trascorso le ultime serate da solo, stravaccato sul divano del salotto sopra il quale tante volte lui e sua moglie avevano fatto l’amore, con una confezione da sei lattine di Heineken fredda come il polo nord nel ripiano del frigorifero e il telecomando universale Sony piazzato a portata di mano tra i cuscini, a rimuginare sul proprio passato e sui propri errori, mentre davanti ai suoi occhi acquosi e spenti, nei quali non vibrava nemmeno uno smorzato accenno della vitalità che li aveva sempre contraddistinti, scorrevano le mediocrità dei quiz show, dei telefilm e dei notiziari, bombardandolo di immagini e suoni che non percepiva nemmeno con un singolo brandello del proprio cervello.

martedì 13 agosto 2013

Riepilogo

Di nuovo buongiorno, mio Carissimo Lettore. Oggi vorrei fare assieme a te un rapido riepilogo di quello che è accaduto finora ai nostri personaggi di "Solo andata, no ritorno", tanto per essere pronti all'uscita del Capitolo 7 del romanzo a puntate, prevista per questo giovedì.
Roberto e Francesca sono una giovane coppia partita in treno dalla stazione di Padova (e prima ancora da quella di Vicenza) e diretta a Firenze. Non si tratta di un viaggio di piacere: si stanno allontanando da casa perché devono risolvere alcune questioni - per noi ancora oscure - e hanno bisogno di stare un po' da soli per poterne discutere. Mentre attraversano alcune gallerie, Roberto ha un incubo e sogna un vecchio mettere la testa all'interno del loro scompartimento e ritirarsi quasi subito. Dopo l'ennesima galleria, il treno si ferma in una piccola stazione e non riparte. Uscito in corridoio alla ricerca di informazioni, Roberto incontra lo stesso vecchio che ha visto nel suo incubo. Un controllore del treno raduna i passeggeri nel primo vagone e cerca di rassicurarli, mandando un ex dipendente di Trenitalia in pensione, il signor Nicola, nella stazione per fare un colpo di telefono a Padova e avvisare del guasto. Il signor Nicola, dopo essere ritornato, comunica una sconcertante notizia: la stazione è vuota, e nessuno risponde al telefono, né a Padova, né da altre parti.
Dunque, Caro Lettore, il prossimo capitolo del romanzo a puntate uscirà giovedì, come promesso. Venerdì, invece, pubblicherò una nuova storia per il ciclo "Orrori Brevi", intitolata "Aspettiamo la Guerra". Domani, infine, uscirà come da programma la seconda parte del racconto inedito "Accordi nel Buio".
Ti auguro una buona giornata, Lettore, e, come sempre, un buon viaggio tra le stanze e i corridoi di "Scrivere Sotto la Luna"!

lunedì 12 agosto 2013

Accordi nel Buio - 1

La notte scura risplendeva delle mille luci della città. Era una visione mozzafiato, un panorama da far perdere la testa. Torreggianti e imponenti edifici si innalzavano come offerte votive dedicate al cielo e alle stelle, accolti con un pallido sogghigno dalla luna piena che sorvegliava e presiedeva dal suo lontano trono posizionato al centro del firmamento.
L’uomo vestito di un abito bianco candido percorreva il marciapiede facendo risuonare dei propri passi l’immobile silenzio della notte. Sorrideva, ma non perché fosse contento. Sorrideva, ma dentro percepiva una profonda tristezza. Sorrideva, sorrideva e camminava senza parlare, senza vedere ciò che aveva davanti, senza udire il rumore ritmico dei propri passi sull’asfalto, senza percepire il terreno solido che aveva sotto di sé. Gli pareva di muoversi nel nulla, in una totale assenza di spazio o gravità, al di fuori di ogni regola naturale esistente. Lui poteva tutto, era libero di fare ciò che gli pareva. Allo stesso tempo, però, era vincolato, non poteva agire secondo la propria volontà, avvertiva di essere manovrato da qualcosa che stava al di sopra di lui, come un’inanimata marionetta mossa da fili invisibili, un semplice pezzo di legno intagliato e colorato che veniva reso vivo dai giochi delle dita di una mano.
Il battito d’ali di una farfalla e il mondo viene sconvolto. Così ruotano i freddi ingranaggi dell’esistenza divorati dalla ruggine.
Gli sembrava di aver letto questa frase da qualche parte, in un libro di filosofia o qualcosa del genere. O magari l’aveva sentita altrove? Poteva anche trattarsi di una citazione. Non ne era sicuro, perciò preferiva non ipotizzarne la provenienza troppo alla leggera. In ogni caso, la trovava quanto mai veritiera. Esprimeva non soltanto la sua condizione personale, ma quella dell’intera umanità pensante.
Avvertiva degli accordi nel buio. Accordi di una chitarra elettrica, una mano che correva veloce sulle corde e spandeva un’armonia antica come il mondo, che appagava la sua mente per tutti gli sforzi che aveva dovuto affrontare fino ad allora. Chiuse gli occhi e ascoltò in silenzio, fermo in mezzo al marciapiede. Lo sapeva che quella musica non era nell’aria. Quegli accordi si trovavano solo dentro di lui. Nelle tenebre della sua mente.
Osservò le stelle. Distingueva, tra quei mille occhi che lo guardavano luccicando dal profondo dello spazio, le principali costellazioni. Le aveva studiate per conto proprio, perché i segreti dell’universo lo avevano sempre affascinato. Sapeva che quella sera non si sarebbe verificato niente di particolare nella volta celeste, ma voleva starsene lì a guardare le stelle ugualmente. Peccato soltanto per tutte le luci della città che impedivano di scorgere bene l’intima immensità di quella cupola scura e punteggiata di astri che sovrastava il mondo – ma, dopotutto, anche quelle luci gli piacevano.

Lunedì

Lunedì, mio Caro Lettore. Comincia una nuova settimana, piena di impegni e di cose alle quali pensare, di programmi per oggi e per i prossimi giorni, di sogni e di desideri ancora da realizzare.
Ci ritroviamo di nuovo qui, noi due, a raccontarci altre storie. Oggi ne ho in mente una che ti potrebbe piacere, o almeno spero. L'ho divisa in 4 parti, così la possiamo gustare assieme con più calma. La prima parte sarà pubblicata già questo pomeriggio, poi la seconda mercoledì, la terza lunedì prossimo e la quarta ed ultima parte mercoledì 21 agosto.
Il lunedì e il mercoledì, perciò, per due settimane saranno destinati all'uscita del mio racconto inedito "Accordi nel Buio", che ho scritto nel luglio del 2010 tra una domenica e un martedì sera.
Ci sentiamo di nuovo questo pomeriggio, dunque, mio Carissimo Lettore: ti racconterò la prima parte di "Accordi nel Buio"!

venerdì 9 agosto 2013

La Barca del Destino

Chi può dire di che cosa siamo fatti esattamente? Un corpo, un cuore che pompa, un complesso circuito elettrico che si innerva in tutto il macchinario a partire dal cervello e un elaborato sistema idraulico controllato da valvole e tubi di diverso diametro. Siamo fatti d’acqua, perlopiù, o almeno così ci dicono. E una buona parte di quest’acqua è mescolata al nostro sangue.
Christopher ne era cosciente. Sapeva che la maggior parte del nostro corpo è fatta d’acqua, e sapeva anche che una notevole parte di questa si trova nel sangue, e scorre avanti e indietro per i tubi che ci attraversano portando energia ad ogni singolo componente del macchinario, tanto al più indispensabile quanto al più insignificante.
Dopotutto, Christopher lo aveva visto. Aveva visto gli occhi annacquati dei suoi famigliari spegnersi come fiammelle troppo deboli per resistere al vento di un temporale, mentre le loro tubature oramai danneggiate riversavano la propria acqua vermiglia sul pavimento della camera da letto.
Sua moglie. Suo figlio. La follia di un uomo, inarrestabile, che gli aveva strappato il cuore dal petto con un coltello preso dal primo cassetto della cucina, e poi aveva deciso di giocarci una partita a ping-pong adoperandolo come una pallina di gomma. E Christopher, di fronte a tutto questo, era rimasto impotente. Legato al letto, con i polsi stretti e le caviglie frantumate, lo aveva obbligato a guardare, a contare ogni goccia che fluiva dai corpi esanimi della sua famiglia, ad ascoltare i loro ultimi respiri, gli ultimi battiti dei loro cuori affaticati, che ancora adesso echeggiavano nella sua testa e tormentavano i suoi incubi.

Ritornano gli Orrori Brevi

Buondì, mio Carissimo Lettore. Allora, cosa ne pensi del nuovo capitolo di "Solo andata, no ritorno"?
Il romanzo a puntate continuerà da questa settimana in poi ad essere pubblicato regolarmente nel blog, un capitolo ogni giovedì. Oggi, invece, riprendiamo in mano un altro ciclo di pubblicazioni: quello di "Orrori Brevi", la serie di corte storie horror (ma non solo) del venerdì, che ricomincerà ad uscire su "Scrivere Sotto la Luna" proprio a partire da questo pomeriggio.
Il nuovo Orrore Breve si intitola "La Barca del Destino". Ci rivediamo tra qualche ora con questa nuova storia, Caro Lettore!

giovedì 8 agosto 2013

Solo andata, no ritorno - 6

Dal finestrino Roberto osservò il signor Nicola mentre scendeva attraverso la porta scorrevole del primo vagone, aperta manualmente dal controllore. I suoi movimenti erano impacciati. I movimenti di un vecchio ormai in pensione da una vita e mezza, pensò. Ma c’era dell’altro. Pareva che esitasse. Era come se in un certo senso avesse timore di ciò che avrebbe potuto trovare dentro quella stazione silenziosa.
«Pensa che ci metteranno molto a mandarci un treno sostitutivo? Perché io ho un appuntamento importante a Firenze questa sera, e da qui non posso chiamare per avvisare del ritardo…» disse un uomo verso il fondo del vagone, rivolgendosi al controllore.
«Per ora non posso dirle niente con sicurezza, mi dispiace» rispose quest’ultimo, tornando a guardare fuori con aria assente.
«Be’, spero almeno che fra poco ci permettiate di uscire. Comincia a fare caldo qua dentro, e siamo piuttosto stretti» borbottò un altro, più vicino a Roberto e Francesca.
«Magari quando ci lasciano uscire possiamo vedere se qui attorno c’è una zona in cui i telefonini prendono. Mi sembra così strano che non ci sia segnale da queste parti!» esclamò un’altra voce, questa volta di una donna.
Il controllore non aprì bocca. Fissava l’esterno, come sovrappensiero. Seguiva la camminata incerta di Nicola, che si dirigeva cautamente verso la porta spalancata della stazione. Lo guardava come se quel vecchio potesse essere la loro unica speranza. Era davvero così tremenda la situazione? Roberto continuava a domandarselo, ma non riusciva a intravedere nulla, in mezzo ai propri pensieri, che potesse avere le vaghe sembianze di una risposta sensata.

mercoledì 7 agosto 2013

Nuovi Capitoli, Nuove Possibilità

Sono felice di incontrarti qui anche oggi, mio Carissimo Lettore. Eh già, perché voglio parlarti di alcune cose, e questo mi sembra un buon momento per farlo. "Scrivere Sotto la Luna" ha dovuto subire un lungo periodo di silenzio nel quale le sue storie - e con sue intendo naturalmente mie e tue, Caro Lettore, perché siamo noi a viverle, dico bene? - sono state purtroppo lasciate in sospeso. Adesso, piano piano, è tempo di ricominciare a raccontare.
Dal momento che l'attesa è stata piuttosto lunga, pensavo di pubblicare già domani il Capitolo 6 del romanzo a puntate "Solo andata, no ritorno". Dopodiché, il resto del romanzo a puntate sarà pubblicato regolarmente tutti i giovedì, salvo imprevisti. Per quanto riguarda la Seconda Stagione del romanzo a puntate "Le Anime di Eglon", invece, avrò bisogno di un po' più di tempo per riprendere in mano la storia e restituirle il respiro, perciò ti chiedo di pazientare qualche giorno, finché non sarò in grado di stabilire una data d'esordio precisa - e, stavolta, definitiva.
Ci sono parecchie altre idee in cantiere, in questo momento, delle quali sarai messo al corrente al più presto. Ma sì, già che stiamo chiacchierando, te ne anticipo una: sto cercando un modo per rendere disponibili le storie di "Scrivere Sotto la Luna" anche in versione cartacea, a prezzo di stampa, in modo tale da renderle più accessibili e fruibili per tutti, anche per coloro che non amano stare a leggere sul computer per ore. Ti aggiornerò appena sarò riuscito ad elaborare un buon sistema che possa aiutarci in questa direzione.
Per adesso, non mi resta che salutarti. A domani, mio Caro Lettore, con il Capitolo 6 di "Solo andata, no ritorno".

martedì 6 agosto 2013

Scrivere Sotto la Luna RITORNA

Buongiorno, mio Caro Lettore. È da un bel po' che non ci si sente, non è vero? Sono molto dispiaciuto per questo lungo silenzio, che si protrae da dicembre. Purtroppo, in questi mesi molte cose sono cambiate, e c'è bisogno che ti spieghi cosa sta succedendo.
A settembre dell'anno scorso - non sono sicuro di avertelo ancora detto - ho deciso di affrontare il test di ammissione per iscrivermi a Medicina e Chirurgia all'Università di Padova. Da mesi pensavo a Lettere o a Filosofia, tanto per essere chiari, soprattutto per via della mia passione per la scrittura. Ho riflettuto a lungo prima di scegliere, soppesando le possibilità che queste diverse vie potevano offrirmi e prendendo in considerazione gli sbocchi sui quali in futuro, nei due casi, avrei potuto contare. Sono felice della strada che alla fine ho iniziato a percorrere, ma ogni decisione ha il suo prezzo, e ogni scelta elimina per forza di cose un'infinità di possibilità differenti.
Così, a ottobre ho cominciato a seguire i corsi di Medicina e Chirurgia, continuando a scrivere un po' la sera, ma ben consapevole di dover dedicare molto più tempo allo studio. Dopo aver annunciato la data di esordio della Seconda Stagione del Romanzo a Puntate "Le Anime di Eglon", quindi, è arrivato il temuto blocco dello scrittore. Ho sempre sorriso con una vena di incredulità, quando leggevo di scrittori che per qualche strana ragione non erano più capaci di buttare giù nemmeno una riga. Ora mi rendo conto di quanto questo blocco sia reale e difficile da affrontare.
Mi sono trovato costretto a interrompere l'attività di scrittura su "Scrivere Sotto la Luna", il giorno successivo a quello fissato per l'esordio della Seconda Stagione de "Le Anime di Eglon", perché il blocco che mi aveva colpito mi avrebbe comunque impedito di andare avanti con la storia, e lo stesso vale per il Romanzo a Puntate "Solo andata, no ritorno". Ho deciso che avevo bisogno di prendermi una pausa, di concentrarmi sullo studio e di aspettare che il blocco dello scrittore si sciogliesse.
Negli ultimi otto mesi ho convissuto con la necessità di rimettermi a scrivere, senza esserne realmente capace. E poi, in questi giorni, finalmente uno spiraglio di luce: di fronte ad una pagina bianca sono riuscito a scrivere l'inizio di una nuova storia, e anche se si tratta ancora di pochi paragrafi sento, dentro di me, che il blocco se n'è andato. Adesso posso ricominciare a scrivere, sebbene il tempo da dedicare allo studio debba rimanere una priorità.
Così, oggi ho preso un'altra decisione molto importante: "Scrivere Sotto la Luna" deve tornare a respirare. Questo post segna il ritorno di "Scrivere Sotto la Luna" e delle sue storie, che a poco a poco riprenderanno vita in queste stanze e in questi corridoi. Non mi sento ancora sufficientemente pronto per azzardare una data precisa in cui tutto riprenderà a scorrere allo stesso ritmo di prima, ma per adesso posso assicurarti che succederà. Anzi, a dire il vero ho in mente anche qualche interessante novità per "Scrivere Sotto la Luna"...