Una colonna di furgoncini blindati
neri passò per Neighbour Street a tutta velocità, oltrepassando Stan Payton,
che aspettava di attraversare la strada, e procedendo senza indugio verso Main
Street.
La città stava per sprofondare
un’altra volta nell’oscurità. L’energia elettrica era stata ripristinata
soltanto nei punti chiave di Eglon, grazie ad alcuni generatori arrivati con il
treno della settimana precedente. Così, l’ospedale e il supermercato dei
Goldbert erano illuminati ventiquattro ore su ventiquattro, mentre le strade,
subito dopo il tramonto, affondavano nelle tenebre più terrificanti che i
cittadini di Eglon avessero mai avuto modo di sperimentare.
La giornata era stata incredibilmente
densa di vicende importanti. Dopo l’assalto al ponte da parte dell’Esercito
degli Stati Uniti, con il conseguente fallimento dell’attacco e la ritirata dei
militari sotto i colpi dei mortai, era venuta l’ora delle esecuzioni.
Dei circa cinquanta soldati rimasti
intrappolati in città, sedici avevano gettato le armi e giurato fedeltà ai
ribelli, gli altri si erano fatti ammazzare e gettare nel fiume Arkansas. I sopravvissuti
erano stati scortati nei pressi di un incrocio lungo Main Street, dove le sette
unità speciali del Commando Alfa stavano per subire la pena di morte. Ma il comandante
di questi ultimi aveva barattato con un’informazione la salvezza dei compagni,
e alla fine era stato l’unico a venire giustiziato. Un ribelle aveva afferrato
le estremità della corda che gli chiudeva il cappuccio sulla testa e aveva tirato,
strangolando il militare. Poi Maschera Blu aveva dichiarato che i sei soldati
scelti sarebbero stati rinchiusi in altrettante celle di massima sicurezza, e
che anche i sedici soldati dell’esercito regolare avrebbero fatto la stessa
fine: non ci si poteva fidare alla cieca di persone che avevano rinnegato il
proprio Paese con tanta leggerezza, aveva spiegato, perciò era meglio saperli
dietro le sbarre.
Ripensando a tutte queste cose assieme,
al rumore degli spari che avevano lacerato il silenzio dell’alba e ai volti dei
soldati condannati a una prigionia senza prospettive, Stan si sentì rabbrividire.
Ma aveva una missione da compiere,
adesso, e doveva essere lucido. Quindi avrebbe fatto meglio a levarsi dalla testa
tutti questi pensieri e concentrarsi sull’obiettivo.
Mente
sveglia, cuore pronto, occhi spalancati. Dopo quest’operazione devo ritornare da Sarah, Michael e Christine.
Non posso permettermi di morire qui,
stanotte. Devo tornare da loro.
La sua famiglia non sapeva cosa stesse
facendo. Aveva detto a Robert che sarebbe uscito a prendere una boccata d’aria,
e l’uomo non aveva battuto ciglio. Dal suo sguardo si capiva che aveva intuito
le reali intenzioni di Stan, ma preferiva fingere di non sapere nulla. «Buona
fortuna» aveva sussurrato, e poi era rientrato in cucina per aiutare Sarah a
preparare la cena.
Stan attraversò la strada sulle
strisce pedonali, riuscendo a malapena a distinguere i profili dei lampioni,
delle panchine e dei cestini per le immondizie, nonché quelli degli edifici e
dei cartelli stradali. Era difficile muoversi a Eglon di notte, ultimamente.
Nonostante questo, da quando l’elettricità era scomparsa c’era più movimento.
Spacciatori, venditori di merce di contrabbando, gente curiosa che gironzolava con
le mani in tasca. Ribelli mascherati che se ne fregavano di queste persone e si
limitavano a controllare che l’ordine generale fosse comunque rispettato.
«Sono qui. Andiamo» annunciò sottovoce
ai tre uomini che lo aspettavano in fondo al marciapiede. Greg Donington, Brian
Jones e Jeremy Barton confermarono con un muto cenno d’assenso. Sollevarono il
braccio per avvisare il vicesceriffo Wieler e gli altri quattro poliziotti
dell’inizio dell’operazione. Infine, con molta calma, si avviarono verso il
palazzo buio nel quale Jeff Turner, poche sere prima, aveva visto entrare
alcuni rivoluzionari con delle casse piene di batterie.