Carne fresca, mandata dalle retrovie come un pacchetto regalo senza fiocco. Sbarbatelli minuti e spaventati, con le mani che rabbrividivano quando stringevano il fucile. Occhi tremolanti, come le fiammelle quasi consumate sui mozziconi di candela nelle tende.
Avevano portato con sé delle scatolette di cibo. Questo andava bene, perché alla trincea erano tutti stanchi di dover racimolare le lattine vecchie di settimane e ripulirle coi polpastrelli per recuperare qualche boccone. Ma avevano poche munizioni, e questo rimetteva in equilibrio i due piatti della bilancia. Perché in certi giorni, quando all’alba cominciavano i cannoneggiamenti, un caricatore nuovo valeva più di un’intera tavolata imbandita. Si poteva sopportare la fame. Non si poteva dire altrettanto della carenza di proiettili. Si diventava bersagli facili, quando si smetteva di sparare. Perché il nemico veniva allo scoperto più volentieri, e così poteva permettersi di prendere meglio la mira prima di premere il grilletto.
Avevano portato con sé delle scatolette di cibo. Questo andava bene, perché alla trincea erano tutti stanchi di dover racimolare le lattine vecchie di settimane e ripulirle coi polpastrelli per recuperare qualche boccone. Ma avevano poche munizioni, e questo rimetteva in equilibrio i due piatti della bilancia. Perché in certi giorni, quando all’alba cominciavano i cannoneggiamenti, un caricatore nuovo valeva più di un’intera tavolata imbandita. Si poteva sopportare la fame. Non si poteva dire altrettanto della carenza di proiettili. Si diventava bersagli facili, quando si smetteva di sparare. Perché il nemico veniva allo scoperto più volentieri, e così poteva permettersi di prendere meglio la mira prima di premere il grilletto.
Guai a rimanere senza munizioni. E la carne fresca mandata dalle retrovie ne aveva portate troppe poche, quindi si sarebbero dovute spartire quelle che rimanevano. E molte sarebbero state sprecate, perché sarebbero rimaste nelle tasche dei cadaveri dei nuovi arrivati e difficilmente si sarebbe potuto correre il rischio di tradire la propria posizione per recuperarle.
Erano giovani e impauriti, ma qualche giorno di trincea li avrebbe temprati. Altro che incudine e martello: non c’era niente di meglio di un calcio di fucile sui denti per rendere un uomo molto più duro di qualunque arnese di metallo.
Ma la trincea logorava i soldati nel profondo. Non soltanto nel corpo, ma anche nell’anima. E di preti, ultimamente, là in fondo fra le prime linee non se ne vedevano manco a pagarli. Stavano nelle chiese di città, distanti dai borbottii dei cannoni, con i loro Rosari e la loro tremarella. Non si impicciavano più degli affari dei soldati. Non si interessavano del numero dei morti o delle anime dei credenti che avevano bisogno dell’assoluzione prima di morire. Pregavano e banchettavano al sicuro, dove si diceva che la guerra non sarebbe mai arrivata.
«Carne fresca» mormoravano i combattenti più vecchi vedendo arrivare i ricambi dalle retrovie. Ricambi, sì, ma non per loro che stavano lì, bensì per quelli che se n’erano andati. Quelli che si sarebbero decomposti su quelle montagne, in mezzo a quelle file di trincee, fino alla fine dei tempi.
Arrivavano con le scatolette di cibo e scarse munizioni, fucili troppo lucidi per essere stati adoperati prima di allora in combattimento. Probabilmente non erano nemmeno capaci di sfilare l’anello di sicurezza di una granata. Pezzi di metallo morbido da forgiare in fretta, prima che qualche tedesco li bucherellasse e li sventrasse per nutrirsi dei loro organi cotti sul fuoco.
Uno dei vecchi afferrò un polso a caso tra la carne fresca e lo tirò a sé con forza, prendendogli la testa sottobraccio e obbligandolo a guardare nell’oscurità. «La vedi, ragazzo? Vedi quella trincea là in fondo? Quel buco dell’inferno protetto da pile di sacchi e cicloni di filo spinato? Credi che sia solo ruggine, il viscidume rossastro sul fil di ferro? Là ci sono i tedeschi, e voi siete carne fresca. Imparate ad avere paura di loro e vi stritoleranno. Imparate a odiarli e forse un giorno vi sarà data la possibilità di schiacciarli sotto il tacco degli stivali. Mi hai capito?»
«S-sì» balbettò il ragazzo-soldato, tremante.
«Li vedi tutti quei cadaveri distesi fra le due trincee? I corpi che marciscono sotto la luna, che stanno là fermi da quando li abbiamo atterrati l’altro giorno? Tutti tedeschi. I nostri li abbiamo racimolati, ed erano almeno altrettanti. Solo che i nostri li abbiamo sepolti. Loro invece aspettano. Sai che cosa aspettano?»
«N-no» farfugliò il giovanotto, con gli occhi lucidi e il respiro affannoso.
«Aspettano che i cadaveri si rialzino e ripartano all’attacco. Hanno ancora le loro munizioni e i loro fucili. Aspettano soltanto che si tirino in piedi e ricomincino a sparare.»
«Stanotte si battezza la carne fresca!» sbraitò un altro, poco più in là.
I vecchi soldati si sollevarono di scatto e spiarono oltre il bordo della trincea. Lentamente, sotto la languida luce del plenilunio, i corpi senza vita dei soldati tedeschi distesi a terra si stavano rimettendo in piedi, imbracciando di nuovo i fucili…
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